CAPITOLO 23

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JUSTIN'S POV

" La presi per un braccio mettendolo intorno alla mia spalla, le sue gambe erano bagnate e a fatica riusciva a stare in piedi per quanto la testa le girava. Avrei voluto davvero sapere che cos'era finito dentro quel drink che aveva bevuto minuti prima. Era sempre rischioso farsi dare da bere da gente sconosciuta, soprattutto se sei una ragazza che si inoltra in spiagge libere da sola. L'averla lasciata isolata e forse anche preoccupata mi aveva in qualche modo infastidito, ormai sembravo così preso da lei che ogni cosa che facevo di sbagliato mi faceva sentire in colpa e tutto ciò non mi era mai successo. Parlava a vanvera come se dovesse per forza dire qualcosa, faceva versi strani e rideva. Non era leggera, non era una di quelle ragazze comode da tenere strette ma i suoi capelli, i suoi capelli erano così morbidi e lunghi che era un piacere vederli muovere grazie al poco vento che c'era ed il sorriso, così semplice ma efficace. Per me era davvero difficile rendersi conto di quanto April mi stesse cambiando interiormente e non parlavo del mio carattere, così crudo e bastardo. Parlavo soprattutto deimieistrani sentimenti ancora sconosciuti da me stesso perchè era vero, io di me non conoscevo niente se non il mio nome. Credevo sempre di padroneggiare ciò che facevo e ciò che ero ma erano i momenti come questi in cui capivo che io ero soltanto un ragazzo poco di buono che amava fare del male alla gente e forse come diceva spesso April io di buono non avevo proprio niente. Ma questo strano cambiamento si stava facendo sempre più intenso, da giorni stavo sperimentando qualcosa di nuovo verso di lei e non era amore, nonera quel sentimento smielato che un giorno veniva e un'altro passava. Non ero innamorato di lei e mai lo sarei stato, non era nemmeno una stupida infatuazione che ti prendeva e ti convolgeva per giorni, mesi e perfino anni. Cercavo la risposta dentro di me ma ogni volta riuscivo a vedere l'odio che provavo per ogni singola persona, persino per April. Detestavo il suo modo di essere troppo precisa, credeva sempre di essere la madre di tutto. Detestavo il suo fare da so tutto io, detestavo a volte la sua voce - soprattutto di prima mattina-. Odiavo infinitamente le sue prediche sul fumo, sulla droga e sull'alcool e odiavo come riusciva a rendere ogni cosa semplice, a risolvere un mio problema mentre io dovevo trovare la formula dietro ogni angolo per uscirne fuori. Disprezzavo queste cose di lei ma nonostante questo amavo rassicurarla parlandole e attirarla al mio petto la notte nel letto. Era timida e si vergognava parecchio quando io stesso mi avvicinavo per farla sentire meglio ma non riusciva a sentirsi a proprio agio e questa era una cosa che mi faceva impazzire. Rispetto a Shila che ogni giorno riusciva a comandarmi, a sottomettermi ad ogni cosa che diceva o faceva con April era il contrario. Amavo fare il capo, amavo farle uscire fuori la sua completa timidezza e proprio per questo mi piaceva che io avessi il comando su di lei. Non la definivo un gioco come magari lei credeva, semplicemente adoravo il mio modo di fare con lei, avere la meglio su ogni cosa era come avere l'ultima parola e si sapeva, quello che doveva concludere ero io. La guardavo e ancora una volta mi piaceva delineare le sue parti del corpo. Il viso era magro, la pelle liscia a rosea. Il naso pronunciato e due occhi color marrone che s'intensificavano meglio con la luce del sole. Guardava verso il basso e sembrava voler sboccare l'anima ma qualcosa glielo impediva, avrei dovuto infilarle due dita in gola o non avrebbe digerito quella strana sostanza all'interno del suo fragile corpo. - Justin ho i conati di vomito ma non riesco a vomitare, mi sento uno schifo- cominciò a parlare fissando il terreno sotto i nostri piedi. La capivo benissimo,quante volte anche io ero finito in una situazione delgenereconla differenza che riuscivo a mettermi due dita in gola e far uscire l'alcool bevuto. Doveva assolutamente vomitare e far uscire quello schifo che aveva dentro, sarei volentieri andato dal tizio che le aveva dato la bibita e gli avrei dato una bella lezione. La fermai a le guardai negli occhi, erano cupi e stanchi. Teneva le due mani alla pancia come se volesse fermare quella sensazione di vomito che era presente in lei. Il suo cervello voleva stare bene, voleva sboccare al posto dello stomaco ma se non era lei stessa a far funzionare la sua mente era difficile riuscire a rimettere. Avrei dovuto insegnarle anche questo, nonostante sarebbe meglio non accadesse mai ma in una situazione del genere era importante riuscire a sapere i giusti metodi per riuscire a stare bene. - Non sai cosa si fa in queste situazioni, giusto?- le chiesi rendendomi conto di non parlare ad una persona lucida ma sembrava riuscisse a comprendermi. L'effetto della sbornia stava quasi svanendo ma era facile vedere che stava male. - So cosa si fa, l'ho visto in un film- disse massaggiandosi lo stomaco - io non so vomitare e non ho intenzione di farlo, ci saranno altri metodi- disse confusa tenendosi la testa fra le mani. Avrebbe potuto camminare ma l'effetto sarebbe svanito in più ore e non avevo intenzione di rimanere in spiaggia a fare da guardia a April. Erano metodi non molto efficaci e trovavo che sboccare fosse anche a prova di coraggio. - Non è difficile una volta che hai imparato il meccanismo- dissi afferrandola per le braccia. Non sembrava convinta delle mie parole e non la biasimavo, chi vorrebbe vomitare contro la sua voglia - non è complicato ma se ti è più facile ti faccio sboccare io-- Neanche per sogno, le tue dita sporche nella mia bocca non ce le metti- disse incrociando le braccia. Mi misi a ridere a quella affermazione, mi sembrava una bambina - non ridere cazzo, trova una soluzione-- Io l'ho già trovata piccola, non è la prima volta che faccio vomitare qualcuno. Ti fidi?- dissi avvicinandomi ancora di più al suo viso quasi da sfiorarle di nuovo le labbra. Si scansò da me facendosi ancora più indietro, quasi cadeva. - Non è che non mi fido è che mi fa schifo sapere che vieni a mettermi due dita in gola, ecco- continuò a parlare senza trovare un soluzione - a sto punto lo faccio io, dimmi come si fa- incominciai a ridere fissando la sua faccia incredula di fronte a me - ora cos'haidaridere? Justin mi offro di vomitare perchè sto malissimo e tu mi ridi in faccia?-- April non farei mai vomitare nessuno, ti stavo pigliando per il culo. Vieni, andiamo a fare una passeggiata che è presto per andare a dormire- le presi la mano e ci incamminammo lungo il lago fissando le persone intorno a noi. C'era chi mangiava marshmallow caldi intorno al fuoco acceso, chi beveva birra insieme agli amici e chi si baciava affettuosamente. Continuaia tenerla permano e sembrava gradire, non ero ben sicuro che stesse in forma e quindi lucida per capire la situazione, ma l'effetto sbornia stava diminuendo e avevo di fianco una persona in grado di intendere. Mi ero stupito come volesse veramente vomitare quando come soluzione c'era anchequesta, forse piùlenta ma più giusta. Non la facevo così coraggiosa e determinata a fare una cosa che non andrebbe mai fatta ed ero il primo a pentirmi di tutte le volte che avevo sboccato o avevo fatto sboccare. Una passeggiata tranquilla era veramente la soluzione più adeguata e non mi sembrava giusto farle iniziare qualcosa di terribile. - Ricordi cos'è successo stanotte?- cominciai a parlare stringendole la mano. - Chiedimelo domani mattina, adesso ho delle lacune pazzesche e non sarei in grado di rispondere- mi disse fermamente convinta. Non sapevo come mai ma ero curioso di sapere se si ricordava del bacio e di solito non m'interessavo mai a queste cose. L'avevo baciata ma mesi fa non me ne sarei curato troppo mentre adesso era un pensiero quasi costante e dovevo avere per forza una risposta - e comunque scusami, mi sento terribilmente in colpa per aver bevuto-- Ti senti in colpa anche se non è colpa tua? Certo che sei strana April- dissi fissandola negli occhi nuovamente. - Ma avrei dovuto saperlo che dentro quella coca-cola non c'era solamente normale coca-cola- si giustificò quasi prendendosi tutte le colpe - ti sei maiubricato veramente tanto?- a quella domanda rabbrividì nonostante fuori c'erano più di venticinque gradi. Ricordavo una sera a Stratford dove c'era anche suo fratello ma non avrei potuto dirle questo. Lei ancora non sapeva il gioco di suo fratello, ancora credeva che lui fosse il bravo ragazzo della famiglia, quello che studiava e proteggeva la sorellina ma non sapeva che era tutt'altro. - Si, una sera a Stratford avevo conosciuto un ragazzo e da li siamo diventati grandi amici, avevamo fatto una scommessa e chi avrebbe retto l'alcool più a lungo si sarebbe portato a casa della droga e a quei tempi era il mio scopo principale- conclusi aspettando un'altra sua domanda. - Chi ha vinto e chi era questo ragazzo?- erano domande a cui avrei preferito non rispondere perciò mentii. - Non me lo ricordo, abbiamo litigato per il semplice motivo che non manteneva le promesse. Quella sera avevo vinto io e mi spettava la droga ma non me l'ha più data, abbiamo cominciato a litigare e metterci in cattiva luce entrambi. Ogni volta che uscivamo e doveva pagare non lo faceva mai perciò siamo entrati in lotta-ancora April non sapeva che il soggetto delle mie frasi era Mark, suo fratello. - Ora è finita questa lotta?- e non sapeva nemmmeno che eravamo dentro questa battaglia e lei era il nostro mezzo di comunicazione. - Non proprio ma non so quando finirà. Come ti senti?-le chiesi attirando la sua attenzione forse persa nel mio racconto. - Molto meglio, non ho più la sensazione di vomito ma mi gira la testa-- E' normale, hai bisogno di riempirti lo stomaco forse-- Non ho fame Justin-- Un gelato non puoi impedirmelo- sorrise e insieme andammo al chiosco di sempre e prendemmo un cono gelato. Riempirle lo stomaco era la cosa migliore da fare, aveva mangiato ore fa, era passata la mezzanotte e anche io avevo bisogno di qualcosa di dolce che mi stuzzicasse lo stomaco. Tornammo al lago a sederci sul terreno e fissare il panorama davanti a noi. L'acqua era calma e intorno a noi c'era un leggero venticello caldo. Leccavo con gusto il mio gelato alla panna e cioccolata e finalmente non pensavo a nient'altro che a divertirmi. - Dove sono gli altri?- mi chiese April che leccava il gelato ormai sciolto su tutto il cono. - Molto probabilmente a fumare qualcosa- risposi finendo il mio cono. Rise e insieme a me finì anche lei il suo gelato. Mi fissò per qualche secondo per poi tornare a osservare l'acqua del lago. Non mi piacevano queglisguardipiccolie innocenti, non capivo cosa volesse farmi intendere. Era comunque interessante guardarla e provare a riuscire a scovare le sue paurae, le sue emozioni, tutto. "

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