CAPITOLO 14

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APRIL'S POV

" Sentivo un leggero male al collo, piccole e potenti fitte a fatica me lo facevano muovere. Ero un po' confusa, alzai il capo e cercai di mettere a fuoco il più possibile. Avevo un leggero mal di testa che m'impediva di ragionarea pieno, a fatica riuscivo a comandare i miei neuroni. Mi strofinai gli occhi per renderli più attivi ed ero accerchiata da mura bianche e un odore di pulito. Rumorosi computer stavano facendo il proprio lavoro, percepivo movimenti e sentivo profondi respiri provenire davanti a me. Allungai lo sguardo su un lettino e Justin dormiva tenendo le braccia ben distese sul letto. Aveva attaccata al braccio sinistro una flebo, da esso partiva un lungo tubicino impresso di liquido trasparente. Potevo vedere la pancia inalzarsi sotto le coperte, respirava a fatica ma almeno era vivo. Mi alzai del tutto dalla mia posizione e m'incamminai spaventata verso di lui. Non avevamo programmato questo, tornare a Bainville non significava passare una notte in ospedale o finire in un bosco ad impezzarsi di droga e bere fino a vomitare. Per quanto fossi arrabbiata con Justin non riuscivo ad essere troppo furiosa e forse la verità era che ce l'avevo con me stessa. Di chi era stata l'idea di tornare a Bainville? Mia e se Justin era in quelle condizioni almeno il 20%della colpa era mia, se non di più. Fissavo ogni suo lineamento, aveva la pelle perfetta, di un colore roseo e forse oggi un pochino più pallido ma era bello da far invidia a chiunque. Mi maledissi per aver pensato a questo, dovevo concentrarmi solo ed esclusivamente sulla sua stronzaggine e a nient'altro. Ho vaghi ricordi dalla notte passata e sinceramente se dovessero farmi un interrogatorio non sarei nelle giuste condizioni. Nonostante non mi fossi drogata o quant'altro ero più confusa che mai, non ricordavocome avevo fatto ad arrivare in ospedale e non ricordavocosa avevo fatto una volta che Justin si era accasciato a terra, non ricordavo niente e non volevo nemmeno farlo. Mi rassicurava l'idea di essere viva e basta, sapere come fossi arrivata qui non m'importava gran chè. Sentì la porta spalancarsi e un uomo dalla grande stazza fece capolino dentro forse contento di vedermi sveglia. Indossava un camice verde e una mascherina alla bocca, mi metteva sicurezza il suo modo di fare così preciso e delicato. Si fiondò immediatamente da Justin che ancora non dava segni di vita e gli mise una nuova flebo, la prima era finita. Mi soffermavo su ogni movimento del medico, maneggiava con cura quel braccio per non svegliare Justin. Subito dopo posò lo sguardo su di me ed estrasse dalla tasca una specie di piccola lampadina con una luce accesa. Si abbassò alla mia altezza e mi fece aprire per bene gli occhi. Tutta quella luce mi dava alla testa, non riuscivo a tenerli aperti per più di due secondi e il medico mi continuava a dire di tenerli aperti. - Allora cos'è successo?- mi chiese, prese una sedia e mi fece sedere per poi provarmi la pressione. - Io non lo so- dissi tremante. - Non sono un poliziotto, non vi metto in galera se so che vi siete drogati-- Io non mi sono drogata- dissi atona e concisa. - E il tuo ragazzo?-- Lui non è il mio ragazzo- il mio tono era sempre più acuto, quel medico mi dava la nausea. Prese dalla sua sinistra uno sfigomanometro, si usa per provare la pressione e me lo mise al braccio - per quanto tempo dovete tenerlo qua?-- Perchè io devo rispondere alle tue domande se tu non rispondi alle mie?- e con quella domanda mi aveva davvero incastrata. Stetti zitta ed abbassai lo sguardo. Non appena mi tolse dal braccio la fascia scura per provarmi la pressione mi alzai da lì e rimasi immobile - puoi anchemetterti comoda, non uscirete prima di oggi pomeriggio e forse passerete anche questa notte in ospedale- non era mia intenzione passare un altra notte in questo lurido posto. Gli ospedali mi davano il voltastomaco e io aveva passato troppo tempo in posti come questi per i vari esami e controlli per l'intestino e ogni volta mi davano sempre brutte notizie. Ma evidentemente non avevo scelta perciò mi rimisi a sedere incrociando le braccia al petto e fissando nuovamente i movimenti del medico. - Come ci siamo arrivati qui?- chiesi distraendolo. - Non te lo ricordi?- feci segno di no con il capo e lo incitai a continuare - eri in condizioni pessime anchee tuma continui a dire che non ti sei drogata e forse ti credo. Siete arrivati che tu eri sconvolta, piangevi e a stento riuscivi a tenerti in piedi-- Come facevo a reggere il peso di Justin? E poi come abbiamo fatto ad arrivare fin qui?-- Infatti non eravate soli, un ragazzo incapucciato vi ha accompagnato e lui teneva Justin poi vi ha lasciati sulla porta ed è andato via, così hanno detto le infermiere che vi hanno preso dentro-Non mi capacitavo del fatto e mi sembrava davvero assurdo che io non ricordassi assolutamente nulla di tutto quello che era successo. Cercavo di ricordare nonostante non volessi farlo ma volevo sapere in dettagli,com'era andata la situazione e per quanto mi sforzassi non riuscivo a ricordare niente. Non percepivo assolutamente niente. - E' normale che non ricordi molto, te l'ho detto com'eri questa notte, eri sconvolta ed è normale ricordare a fatica ma magari nei prossimi giorni ricorderai meglio. Forse è meglio che mangi qualcosa, sei pallida- non avevo un soldo con me, cosa potevo mangiare? Annuì con la testa, giusto perchè volevo che se ne andasse. Forse aveva ragione, magari nei prossimi giorni avrei ricordato e mi sarei sentita meglio ma per adesso avevo solo lacune. Continuai a fissare il bianco del muro davanti a me e non appena il medico uscì dalla porta sentì Justin muoversi, o meglio lamentarsi. - Io in questo posto non ci resto neanche morto- disse alzandosi e appoggiandosi con lo schienale al cuscino. Credevo di non averlo mai visto così, aveva due profonde occhiaie e quegli occhi color miele tanto amati ora sembravano di un unico e cupo colore: il marrone, come i miei. Aveva i capelli spettinati e il viso pallidissimo, peggio del mio. Le labbra erano tutte screpolate. - Tu non ti muovi Justin, vedessi in che condizioni sei- gli dissi avvicinandomi di più a lui - hai sentito quello che ha detto il medico, no?-- I medici tendono ad ingrandire sempre le cose, sto benissimo ok? Quindi aiutami a togliere questa cazzo di flebo- mi faceva ridere perchè quello non era il modo di togliere una flebo, non bastava togliere l'ago, doveva prima chiudere la flebo e prendere un pezzo di cotone pulito per fermare il sangue o ne avrebbe perso parecchio. Sapevo che sarebbe andato fino in fondo ma non potevo lasciarglielo fare. - Se lo togli a modo tuo finirai per perdere molto sangue- dissi e lui subito alzò lo sguardo verso di me. Mi guardò confuso come se davvero non capiva, poi fissò il tavolino posto a pochi passi da lui dove c'era il disinfettante e cotone, allungò il braccio senza riuscire a prendere ciò che serviva. - Tu sei esperta in questo?- annuì. Un anno fa almeno una volta al mese ero costretta ad andare in ospedale dove mi ingettavano una sostanza che mi faceva stare bene. Consisteva in undici infusioni di questa sostanza e per undici volte ho imparato come si toglie una flebo - allora aiutamie usciamo da qui-- Non posso, sai cosa ha detto il medico- ero concentrata solo ed esclusivamente sul mio pensiero e non volevo dargli corda. Mi piaceva sottometterlo perchè era in pessime condizioni e io potevo finalmente avere la meglio e questa era una vera e propria gara, io avevo intenzione di vincere. Feci spallucce e lui alzò gli occhi al cielo per poi guardarmi per altri interminabili secondi. - E se ti dicessi che oggi pomeriggio andiamo in prigione e poi ripartiamo per il Canada che fai? Mi liberi?-spalancai gli occhi, non c'era notizia più bella. L'unica cosa che volevo veramente quel giorno era poter ripartire per il Canada e tornare dagli altri, soprattutto da Cody che stranamente mi mancava averlo a fianco, mi metteva sicurezza. Justin mi guardò soddisfatto e incominciai a detestare ogni parte di me. Perchè doveva sempre averla vinta lui? Io non ero buona nelle competizioni, a scuola avevo vinto solo ed esclusivamente per diventare rappresentante del ballo di fine anno, che poi io non l'avrei fatto se quasi tutta la scuola non mi avesse votata, ma in fondo tutti sapevano quanto fossi brava ad organizzare ciò. Rimasi seduta per un minuto per poi alzarmi e chiudere le tende, ero decisa a "liberarlo", non volevo sprecare altre notti qui a Bainville e non solo perchè mi preoccupava Justin ma perchè questo posto mi faceva davvero schifo. Presi dalla mia sinistra del cotone pulito e un cerotto, avvicinai a me il bidone della spazzatura per buttarci - una volta tolta dal braccio - la flebo ancora attaccata al braccio di Justin. Notai che ancora il liquido stava scendendo e forse avrei dovuto aspettare altri minuti prima di togliera ma avevo il terrore che qualche altro medico sarebbe entrato e per uscire dall'osepedale dovevamo sbrigarci. In queste scene di scappatoie mi fidavo cecamente di Justin, lui era abituato da anni a fare questo tipo di vita che conosceva uscite di sicurezza come conosceva il suo nome perciò non ero molto in ansia. - Dovevi fare così, prima chiuderelafleboe poi... togliere l'ago- buttai la flebo nel bidone e poi premetti il cotone sulla puntura fatta - infine metti il cotoneper poi chiuderlo e tenerlo fermo con il cerotto, ecco fatto- dissi soddisfatta. Lo guardai e mi sorrise compiaciuto, per una volta potevo dire di essere fiera di ciò che avevo appreso mesi fa. - Sai, potresti fare l'infermiera da grande- mi disse alzandosi e infilandosi le scarpe poste sotto il letto. - Non ci vuole una laura per saper togliere una flebo ma evidentemente per te si- lo stavo provocando, ma era troppo debole per farmi del male. Continuò ad allacciarsi le scarpe, sapevo che aveva sentito ogni mia parola ma sembrava che io parlassi coi muri. Infilò le mani in tasca per assicurarsi di non aver dimenticato niente e poi mi prese la mano, rabbrividì. - Adesso devi camminare il più veloce possibile, ok? Appena usciamo da questa stanza la direzione è sempre dritta, non ti voltare per nessun motivo al mondo, nemmeno se ti urlano addosso. Non voltarti e continua a correre, tieni sempre la mia mano, ci fermeremo quando lo dico io- mi disse tutto ciò in un tono imperativo, ogni mio sbaglio sarebbe costato caro e non volevo sbagliare. Lo guardai attentamente negli occhi focalizzandomi sulle sue pupille, stavano ricominciando a prendere colore, il suo colore. Quando avevo detto che non ero per niente preoccupata beh, mi sbagliavo perchè sinceramente provavo un senso di soffocamento a stare qui dentro che non vedevo l'ora di essere libera ma allo stesso tempo avevo paura che ci prendessero. Justin non era guarito e il suo aspetto non era dei migliori ma dovevamo uscire da li, il Canada sentiva la mia mancanza o forse era il contrario. Respirai profondamente prima che Justin aprisse la porta e guardasse a destra e a sinistra, io feci lo stesso. Non c'era ombra di medici, solo infermiere che girovagavano per i corridoi e pazienti in attesa di essere chiamati. Justin si chiuse la porta alle spalle tenendomi ancora la mano, potevo sentirne per fino il suo sudore e questo significava che anche lui era un tantino preoccupato ma come sempre odiava esternare ciò che provava. Mi guardò nuovamente per capire se ero davvero pronta e io annuìcolcapo. Mi tirò e incominciò a correre, istintivamente le mia gambe fecero lo stesso delle sue. Incominciai a correre per mia volontà standogli affianco tenendogli sempre più stretta la mano. Sentivo quell'aria pulita rinfrescarmi le narici e i capelli si muovevano sinuosamente. Correvo senza voltarmi e senza neanche accorgermene, percepivo grida di infermiere dirci di smettere di correre ma noi andavamo sempre più avanti fino ad arrivare alla porta d'uscita di quel posto. Con l'altra mano libera, Justin la spinse fino ad aprirla e un senso di libertà s'impossessò di me, fuori pioveva, anzi grandinava e noi non avevamo ombrelli ed eravamo senza macchina. Continuavamo a correre e sentivo la mia mano scivolare per colpa della pioggia dalla mano di Justin ma io l'afferravo ogni secondo, era come se non volessi staccarmi da lui. Girammo l'angolo fino ad arrivare in una specie di piccolo parco con pochi giochi. Justin ansimando andò sotto un albero ed incominciò a ridere, io feci lo stesso. Quella corsa era stata una cosa improvvisa ed entrambi ne eravamo usciti vincitori. Ridevo perchè pioveva, perchè non avevo mai corso così in vita mia, ridevo perchè lui rideva e aveva una risata che contagiava chiunque. Lo guardai negli occhi ridendo sempre più forte fino a soffocarmi, quasi. - Dovevi vedere come ci gridavano contro le infermiere!-mi disse appoggiandosi al tronco dell'albero e imitando con voce stridula le grida delle infermiere, risi ancora più forte di prima. Avrebbe avuto successo per fino come comico. Dal ridere caddi involontariamente sul suo petto ma non smisi di ridere e nemmeno lui, alzai lo sguardo verso il suo quando incrociai i suoi occhi e la sua bocca semi aperta. Non capivo quello che mi stava succedendo ma avevo il voltastomaco, sentivo le farfalle bisticciare e il cuore batteva all'impazzita. Pioveva a dirotto e sotto quell'albero non eravamo del tutto riparati ma continuai a fissarlo sbattendo le palpebre ogni secondo. Senza pensare troppo alle conseguenze mi avvicinai velocemente e gli stampai un bacio casto sulle labbra, premetti timidamente contro le sue carnose e morbide labbra per poi pentirmene subito dopo. Lasciai finire quel bacio innoquo e mi scansai da lui che mi guardò perplesso, con la bocca semi aperta. La mia azione involontaria aveva provocato immagini sgradevoli, avevo paura di una sua reazione. Ero impanicata, non avevo mai baciato un ragazzo e non sapevo nemmeno da dove incominciare e con Justin mi era venuto tutto spontaneo, non l'avevo voluto io era stato il mio corpo, le mie emozioni a fare tutto da solo. Avevo dato il mio primo bacio ad una persona che in realtà detestavo, non era così che me l'ero immaginato. - Sc-scusa io davvero non volevo- mi giustificai allontanandomi sempre da lui. Non si mosse, rimase attaccato al tronco dell'albero guardandomi indietreggiare, era una reazione che non avrei mai voluto vedere, volevo che mi parlasse che mi dicesse qualcosa, ma niente. "

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