CAPITOLO 24

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APRIL'S POV

" Continuavo a girarmi per poi ritornare nella stessa posizione scomoda, non riuscivo a chiudere occhio. La mia mente era invasa da pensieri, pensieri che non dovevano essere pensati ma non riuscivo a farne a meno. Più pensavo e più mi rendevo conto che fosse sbagliato farlo ma era inevitabile ponermi domande. Non avevo chiuso occhio per buona parte della notte e a guardare fuori dal finestrino mi sembrava che il giorno era alle porte. Davanti a me, lungo il lago, vedevo il sole ormai sorgere ed era un sole dal giallo sbiadito che quasi mi sembrava un miraggio. Sopra di me il cielo era chiaro e volevo uscire dall'auto che assaporare l'aria pulita. Dentro la macchina l'odore non era dei migliori, per quanto ne fossi abituata continuavo ad odiare l'odore costante del fumo e della droga. Ero intrappolata dentro un auto e mi sentivo davvero così, bloccata. Justin mi aveva chiusa dentro per andare a dormire fuori e l'unica cosa che volevo era uscire dall'autovettura. Non avevo sonno ormai e restare rinchiusa dentro l'automobile con anche il caldo che entrava dentro di me era asfissiante. Picchiai contro i finestrini facendomi male anche alle nocche della mano. Persistei con quei movimenti così violenti e decisi ma sembrava che il rumore dei miei gesti li sentissi solo io. Fuori era tutto calmo e nessuno sembrava interessarsi a me, come se fossi la ragazza invisibile e magari la mia era solo una stupida paranoia ma considerare questo mio pensiero era ormai diventata un'abitudine sbagliata. Non smisi un secondo si sbattere le mie mani contro i finestrini e tutto d'un tratto cominciai a piangere forte, quasi urlando. Ero sicura che nessuno sarebbe stato in grado di sentire le mie lamentele perciò non ci pensai due volte a piangere così forte da sfogare ogni mia colpa, ogni mia emozione, ogni mio sentimento. Ansimai più volte in pochi secondi e mi mancava il respiro così tanto che mi ero vista la morte in faccia. Afferrai saldamente le medicine poste nel sedile davanti e ne presi una dal pacchetto. Ero senza acqua ma non avevo tempo per pensare dove cercarla e sentivo la pancia muoversi, lamentarsi come me. I crampi si fecero più dolorosi, più vivi e ogni speranza di riuscire a sopravvivere era veramente poca, quasi nulla. Senza acqua e con una sola pastiglia provai a mandarla giù lo stesso e ci misi più tempo del solito ma dopo tanti tentativi la mandai giù. Il dolore si attenuò e la calma cominciava a regnare sia dentro di me che fuori ma ancora volevo uscire o non avrei resistito a stare altri intensi minuti dentro l'auto. Mi girava forte la testa e la sbornia non mi sembrava completamente svanita. Pensavo a Mark, a quanto fosse stato ingenuo nel credere alle mie parole. L'avevo mandato a New York se non ricordavo male e lui da fesso c'aveva creduto. Avevo visto la mia liberazione da tutto questo e ora mi sembrava anni luce dietro di me. Piansi nuovamente sfregandomigli occhie singhiozzando rumorosamente. Ancora una volta ero sola e nessuno riusciva a sentirmi. Mi avvicinai al volante pronta a suonare il clacson, non riuscivo a respirare li dentro. Suonai più volte in attesa che Justin o qualcuno dei suoi amici venisse ad aprire lo sportello dell'auto ma sembrava che anche quel rumore, così forte ed intenso, nessuno riusciva a percepirlo. Urlai dal nervoso e mi presi i capelli quasi da volerli strappare. Questo comportamento così improvviso e privo di senso mi metteva panico, non capivo perchè ero così nervosa in una situazione di pace e tranquillità. A volte mi facevo paura, commettevo azioni quasi paranormali e mi chiedevo se ero veramente io. Mi voltai a sinistra per poi vedere in lontananza la camminata di Dylan che si faceva sempre più vicina. Appoggiai il naso al finestrino come se la voglia di fuggire fosse così pressante. - Che succede?- riuscìì a leggere il labialedi Dylan che rimase fuori dall'auto. - Fammi uscire, non respiro- urlaida dentro con la speranza che potesse sentirmi. Mi fece segno di non avere le chiavi dell'auto e la sensazione di rimanere rinchiusa dentro la macchina era drastica - chiedi a Justin, ti prego fammi uscire- dissi piangendo con le mani appoggiate al finestrino. Dylan fece di si con la testa e tornò al lago dove probabilmente Justin stava dormendo. Aspettai altri minuti prima di vedere Justin e Dylan correre verso l'auto. Da pochi metri di distanza Justin aprì l'auto e potei uscirne finalmente. Mi accasciai a terra e respirai a fatica. Non riuscivo nemmeno più a parlare e quello stato emotivo mi lasciava preoccupare. - Ma che ti prende?- mi chiese Justin chinandosi verso di me e alzandomi il mento. I miei occhi erano più grandi del solito e soffocavo dentro - April parlami, cazzo!- continuai a fissarlo senza proferire parola ma non perchè non volessi, proprio perchè non riuscivo a far uscire niente dalla mia bocca. Era come se fossi bloccata da qualcosa e ricordavo che questa non era la prima volta che capitava. A Stratford succedeva spesso quando raggiungevo uno stato emotivo come questo ma poi non si era ripresentato per molto tempo e adesso era ricomparso. - Cosa devo fare?- chiese Justin riferendosi a Dylan che alzò le spalle - non parla!-- Prova a fare la respirazione bocca a bocca, sono sicuro che gradirebbe- rise alla sua affermazione. - Ma sei cretino? Non è morta- rispose a tono Justin. Lo afferrai per un braccio pronta a parlare, forse era arrivato il momento. - Dammi il tempo di riprendermi, sto bene- dissi con un filo di voce respirando l'aria pulita che mi circondava. Justin fece un respiro di sollievo per poi sedersi accanto a me sull'asfalto. Mi asciugai le lacrime secche ormai prosciugate sulla mia pelle e tirai su col naso. Quel momento di agitazione era finito e sentivo i miei respiri regolari. Sapevo perfettamente che mi sarebbe servito un dottore per fare altri controlli siccome la situazione stava degenerando ma odiavo gli ospedali, li odiavo con tutta me stessa e piuttosto sarei rimasta con il mio dolore e la mia testardaggine. Mi voltai verso Justin pronto ad accendere una sigaretta ma lo fermai, non potevo respirare ancora quella sostanza così micidiale per me. Ora capivo perchè i miedici mi avevano proibito il contatto con il fumo. - Non fumare davanti a me, non più- dissi quasi acida davanti a lui. Non capivo il motivo del mio odio verso Justin ma forse il mio era un po' un carattere lunatico. Si voltò dall'altra parte dandomi le spalle e accese la sigaretta. La sua voglia di fumare era grandissima e se ne sbatteva dei miei problemi perciò mi alzai ed andai al lago, dove molta gente stava ancora dormendo. Il sole era più alto e gli uccelli avevano già fatto la loro apparizione nel cielo azzurro. - Ce l'hai con me per quel bacio non è vero?- mi presi quasi paura. Non mi sarei mai aspettata di torvarmelo dietro. Se fosse stato per me avrebbe potuto baciarmi anche adesso siccome quel bacio mi era piaciuto ma non capivo il mio comportamento così deciso e bastardo. - No, non voglio che fumi quando sei vicino a me. Non voglio stare male come prima ti è chiaro?- risposi voltandomi verso di lui che spense la sigaretta. - Allora ricordi il bacio?- cominciò a parlare diventando serio. Sapevo che avremmo dovuto affrontare quell'argomento prima o poi ma avevo paura di farlo. - Si che lo ricordo ma avevo paura di una tua reazione-dissi guardandolo negli occhi. La luce del sole si rifletteva in essi ed era una gioia poterli guardare - non so perchè ma non voglio ricordare. Avanti Justin, lo sai benissimo anche tu che quel bacio non significa niente perciò preferisco non ricordare e lasciare le cose come stanno-- E come stanno?- chiese interrogativo. - Io sono la ragazza che vuole costruirsi un futuro lontana dalla droga e tutto quanto mentre tu sei quello che non vuole crescere, perciò lasciamo le cose come stanno ok?-- Apparteniamo a due mondi diversi. Una volta finito questo viaggio non so se sarai ancora viva e se lo sarai il nostro sarà un addio- concluse Justin spiazzandomi con quella frase che mi sembrava così falsa. C'era una frase che mi aveva lasciata di stucco, nemmeno lui sapeva se sarei rimasta viva e i casi erano due: o mi avrebbero uccisa loro o mi sarei uccisa da sola. Quante volte avevo sfiorato l'idea di uccidermi per porre fino a questo incubo ma tutte le volte la paura mi sovrastava e lasciavo per farmi del male e basta. - Quando ti accorgerai che menti?- chiesi guardando Justin andare via. - Cosa intendi per mentire? Ti sei accorta anche tu che la frase che ho detto aveva qualcosa di falso?- disse facendo spallucce. - Allora mi ucciderai?-- Probabilmente si-- Perchè?-- Perchè mi sto affezionando- finì per poi tornare dagli altri che stavano chiudendo i sacco a pelo. Fissai per l'ultima volta il lago e la voglia di immergermi dentro era pazzesca. Sfiorai con le dita dei piedi nudi l'acqua e una sensazione di fresco m'invase il corpo. Tornai anche io alla macchina, prendendo da terra le mie scarpe rimaste lì da ieri sera. Ero stanca, il sonno si stava facendo sentire finalmente e siccome avremmo fatto un viaggio per non so dove, mi sarei fatta volentieri un pisolino. Cody stava mettendo a posto i sacco a pelo nel bagagliaio e non mi affrettai ad andare da lui. Per quanto non riuscissi a vedere in Cody una figura di cui fidarmi, riuscivo a vedere in lui la verità e le parole di ieri mi avevano fatto scattare qualcosa dentro. Andai ad aiutarlo anche se non sembrava apprezzare il mio gesto. Ero sicura mi odiasse, non ero stata una buona amica per lui e non avevo fatto niente se non usarlo e questo faceva male perchè io non ero questa. - Come faccio a capire se Justin mi piace per davvero quando nemmeno io lo so?- chiesi a Cody che fermò i suoi movimenti. - Ti è piaciuto quel bacio? Ne vorresti un' altro? Ti piace stare in sua compagnia? Se la risposta a queste tre domande è si allora April ti sei cacciata in un bel guaio-concluse chiudendo lo sportello del bagagliaio. Sospirai e abbassai lo sguardo rendendomi conto che la risposta a quelle domande era veramente si. Era rischioso innamorarsi, anche se il soggetto era Justin. L'amore era qualcosa di pericoloso e lo detestavo perche' nonvivevo inunfilm,non avevo un ruolo assegnato dove dovevo recitare una parte. Io ero April, la ragazza insicura che prende le decisioni perchè deve. Io ero la ragazza timida, quella che tutti avrebbero scartato e non riuscivo a comprendere se anche per Justin io ero un fallimento o no. Entrambi non avevamo le idee chiare, entrambi eravamo insicuri sull'amore e sotto questo aspetto eravamo veramente uguali, Cody aveva ragione. Se mi fossi innamorata di Cody adesso sarebbe tutto più semplice e non mi starei facendo mille paranoie su cosa era per me Justin. Ma quando lo guardavo vedevo in lui tutte le cose che non vedevo negli altri e poteva essere il ragazzo più stronzo della terra ma forse era destino che mi fossi interessata a lui. Un motivo c'era se sono finita per passare la mia vacanza estiva con loro, tutto non capita per caso. Forse se l'avessi saputo avrei potuto cambiare le carte, avrei potuto far si che tutto questo non accadesse e oggi sarei stata alle prese con il ballo di fine anno. - Ah April, cosa sono quei segni nell'interno coscia?- mi chiese Cody prima di salire in auto insieme agli altri. A quella domanda rabbrividì, non sapevo come rispondere e cominciai a sudare caldo. - Niente di cui devi preoccuparti, li ho fin da piccola- mi posizionai nel sedile posteriore a fianco a Chris e poggiai il capo nel poggia-testa. Non avevo voglia di starmene seduta di fianco a Justin che sicuramente non avrebbe smesso di fissarmi e non avevo voglia di interpretare quegli sguardi perciò chiusi gli occhi. - Dove siamo diretti?- chiese Chris a Justin intento a mettere in moto l'auto. - A Winnipeg, devo incontrarmi con una persona- disse uscendo da quell'area. - Chi sarebbe?- chiese Dylan curioso mentre io ero quella più preoccupata, forse. - Vecchio amico di famiglia, ho bisogno di sapere delle cose- concluse Justin. Mi sistemai guardando fuori dal finestrino e pensando a Mark, a mia mamma e mio padre. Winnipeg non sapevo nemmeno dove si trovava ma in ogni posto dove andavamo mi sembrava di essere sempre più lontana da casa mia e forse era così. Il nome della città era anche carino ma avevo paura di cosa potesse accadere e Justin non conosceva persone per bene perciò quel "vecchio amico" mi faceva terrore, quasi ansia. Ripensai alla domanda di Cody e quasi mi aveva scoperto, odiavo portare pantaloncini corti anche per questo e non pensavo che la vista di Cody fosse così ampia. Nessuno fino ad adesso se ne era accorto e di spiegarne la verità non volevo. Mi faceva stare male pensare di dover riprendere a parlare di qualcosa di ormai archiviato, avevo smesso da parecchi mesi ma era come se fosse ancora con me 24 ore su 24. Ritornare su quell'argomento mi faceva male, non ne parlavo nemmeno più con la psicologa proprio perchè avevo finito, avevo smesso."

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