CAPITOLO 3

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JUSTIN'S POV

" Era un sollievo potersi svegliare minuti prima che suonasse la sveglia, da un lato potevo sentirmi libero di chiudere di nuovo gli occhi e provare a dormire di nuovo, ma dall'altro sapevo benissimo che, le volte dove mi svegliato così di soppiatto era perchè avevo sognato qualcosa di estremamente cattivo, che non mi faceva bene e chi mi avrebbe fatto alterare quella mattina; avevo voglia di uccidere, una persona qualsiasi, quella mattina ero particolarmente nervoso. Oggi sarebbe incominciato il viaggio, con una femmina di mezzo, ma l'avevo voluto io. Erano le sette, ancora tutti dormivano, l'unico sveglio nella casa ero io e avevo anche intenzione di partire presto per raggiungere Toronto per sera. Presi dall'armadio un paio di vestiti che mi sarebbero durati per tutto il viaggio e li misi in valigia, una volta fatto ciò andai in cucina, avevo fame, la sera prima non avevo mangiato nulla. Sinceramente non m'importava di fare casino o no, se avessi svegliato qualcuno con i miei passi pazienza, motivo in più per fargli muovere il culo e prepararsi. La luce da fuori si faceva vedere, nonostante fosse così presto, il sole riusciva a tramontare alla perfezione, amavo fissare il vuoto da solo. April dormiva ancora sul divano, teneva le coperte fin sopra alla testa, forse aveva avuto freddo durante la notte, non la biasimavo, nella casa non c'era mai stato il riscaldamento ed eravamo in una zona piuttosto fredda di Stratford, ma io avevo già fatto l'abitudine a questa temperatura, e anche lei, come me doveva adattarsi o non sarebbe sopravvissuta. Andai a prepararmi un caffè, per fortuna la macchinetta ancora andava, presto sarei dovuto andare a rubarne un'altra e non vedevo l'ora, provare un po' d'azione era ciò che mi capitava tutti i giorni, era il mio gioco, il mio hobby, il mio sport, la mia vita. La tazza calda e fumate piena di caffè mi faceva girare la testa, bruciava troppo; tornai a guardare April dormire, non c'era posto per sedersi e io volevo stare comodo sul divano, merda. Nel tavolino davanti c'era un pezzo di carta piegato, non ero stato di certo io a metterlo li sopra e non scrivevo mai con la penna blu, semmai con quella rossa. Aprì il foglio, era sicuramente la calligrafia di April, lessi tutto quanto e solo una frase mi lasciò soddisfatto " tra questi ragazzi ce nè uno che mi fa davvero terrore, non avrebbe paura di puntarmi una pistola addosso e premere il grilletto, la cosa che gli manca a lui è proprio la paura", giuravo che non capisse niente di ragazzi e invece sapeva leggermi più di quanto gli altri non sapessero fare; aveva ragione, la paura non sapevo neanche che cos'era, non l'avevo mai provata e non la proverò mai. Non avevo paura di morire, tanto meno di venire ucciso, era impossibile prendermi, io sono sempre stato quello più furbo, chiunque si metteva sulla mia strada era morto. Risi nel leggere quelle frasi e rimisi il foglio sopra il tavolo facendo cadere la penna per terra, trovavo piuttosto ridicolo il fatto di scrivere qualcosa su un pezzo di carta. Dietro di me sentivo muoversi qualcosa e uno strano mugugnare provenire dalla bocca di April, forse l'avevo svegliata. Quando aprì gli occhi e mi trovò davanti fu come spaventata, la mia faccia le metteva davvero terrore, tanto da restare immobile e guardarmi negli occhi; continuai a fissarla volutamente, il mio scopo era quello di spaventarla. Era buffa, vederla con quegli occhi spalancati era divertente. Presi la mia tazza di caffè che ormai era diventata fredda e mi allontanai da lei. - Preparati che dobbiamo partire- incominciai io preparandole una tazza di caffè caldo che sicuramente non avrebbe voluto, motivo in più per berne due. - Dove andiamo?-- A Toronto- mi avvicinai porgendole la tazza di caffè che, come avevo previsto secondi prima non volle -sarà meglio che bevi, non sosteremo durante il viaggio, prima arriveremo e prima saremo al sicuro-- Al sicuro da chi?- a quella domanda feci spallucce, non doveva sapere la verità, non era nessuno per saperla e non ne aveva il diritto, per me lei era solo un oggetto per far scatenare l'ira di Mark, poi forse l'avrei lasciata andare. Mi allontanai di nuovo per andare a svegliare i ragazzi che a mia sorpresa stavano già preparando le valigie. - La ragazza sta bene?- mi chiese Cody passandomi una sigaretta. - Che t'importa della ragazza? Abbiamo altro a cui pensare, porta anche la mia valigia in macchina, cinque minuti e partiamo-April era ancora seduta sul divano, rannicchiata su se stessa e sembrava tremasse. - Guarda che non devi avere paura di me, te l'ho detto, per ora non ti uccido-Non avevo intenzione di ucciderla, ma come ho già detto, dovevo metterle paura, questo era il mio gioco perferito. Presi la giacca sopra il tavolo in cucina e feci segno ad April di seguirmi in macchina, Cody e Dylan erano già dentro. - Per quanto tempo staremo a Toronto?- la voce di April di prima mattina era scocciante, sembrava una di quelle voci che non finavano mai di parlare e odiavo chi faceva troppe domande, soprattutto se sapeva che le risposte non venivano date. - Un giorno, poi proseguiremo per il resto del Canada- rispose Dylan voltandosi verso di lei, mi piaceva quando rispondeva al posto mio. - Voi siete pazzi, io non posso stare con voi, io devo tornare a casa, ho la scuola, un ballo studentesco da preparare, io non posso rimanere qua-Sbattei le mie mani contro il volante e la feci stare zitta, ci fu un momento di silezione da parte di entrambi, la sentivo ansimare, respirare a fatica e dallo specchietto retrovisore potevo vedere il suo sguardo terrorizzato, gli occhi che quasi le uscivano dalle palpebre, la bocca semi aperta e le mani che stringevano il sedile, una scena che da tanto non mi si era presentata. I ragazzi erano calmi, loro erano abituati a questo. Misi in moto la macchina e partimmo, ci aspettavano due ore di viaggio prima di arrivare a Toronto e non avevo idea di dove ci saremmo fermati a dormire, i soldi erano anche pochi, presto avremmo dovuto rapinare qualcosa e questo spettava a Cody, era il suo forte. Prima di lasciare Stratford dovevo essere sicuro che anche April potesse avere dei vestiti, almeno qualcuno, non dico tanti e ora era il momento di agire, parcheggiai vicino ad un negozio di vestiti. - L'unica cosa che devi fare è distrare la commessa con qualche domanda, al resto ci penso io, ok?- le dissi facondola scendere dall'auto. - Non ho intenzione di rapinare un negozio-- Infatti lo faccio io e se non la smetti di lamentarti non ci metto molto ad infilare il mio cazzo su per la tua farfalla, ok?-Ero molto capace di sottomettere le persone, ero stato abituato in questo per anni della mia vita e ormai avevo imparato alla perfezione, giochi da maestro. Entrammo nel negozio e io m'incamminai subito nel reparto ragazza, non m'importva assolutamente niente dei vestiti che avrei preso per lei, aveva solo bisogno di pantoloni e magliette, non era tanto difficile, le feci l'occhiolino in segno di iniziare la messa in scena, la vedevo preoccupata e tremante, come darle torto? Era la prima volta per lei, ma giuro che se mi avesse fatto scoprire, avrei fatto un casino con lei e suo fratello.

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