Capitolo 11

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-Harry-

- Giù! Giù! Giù! Giù! - Continua a esclamare la folla che si è radunata intorno a noi. Il tizio seduto di fronte a me, un ragazzino di forse diciotto anni con i capelli rossi e le lentiggini sulle guance, comincia a grondare di sudore sulla fronte mentre cerca inutilmente di abbassare la mia mano sul legno freddo del tavolo. Ha il bicipite del braccio destro che sta per esplodere mentre gli do qualche speranza di vincere, inclinando lievemente il dorso della mia mano verso la superficie. Un ghigno minuscolo gli si forma sul volto mentre alza i suoi occhi marroni nei miei per lanciarmi uno sguardo di sfida. Abbasso di nuovo il pugno, sfiorando quasi il tavolo, mentre questi cretini alle mie spalle continuano a urlarmi nelle orecchie. Il moccioso è ancora più contento ora che sta per vincere, riesce ad odorare la vittoria, si sente potente, il nuovo Achille. Peccato che non ci stia mettendo la benché minima forza in quello che sto facendo. Non appena il dorso della mia mano sfiora il legno, suscitando già le urla degli imbecilli che ci circondando per quella "vittoria", capovolgo la situazione e gli sbatto il polso sul tavolo con una forza tale da fare cadere a terra quel ragazzino. Coloro che continuavano a starnazzare nelle mie orecchie ora hanno assunto la solita espressione da pesce lesso, con le mandibole che per poco non toccano terra.

- Beh. – Decido di alzarmi e interrompere il silenzio creatosi mentre faccio scorrere lo sguardo su ogni singola faccia. - I soldi qui. - Picchietto la mano sul tavolo mentre il ragazzo dai capelli rossi si regge il polso, ancora inerme a terra. Mi dispiacerebbe se gli avessi fatto male sul serio, dato che non ne avevo intenzione. Volevo solo derubare lui e un po' di gente.

Mi tiro su la cerniera della felpa nera e metto le mani nelle tasche mentre quelli che avevano scommesso sulla mia sconfitta (poveri illusi) cominciano a sganciare i soldi. Dopo essermi assicurato che ci siano tutte le banconote le afferro, le conto, le piego e le metto al sicuro nella mia tasca anteriore degli skinny neri. Cinquecento dollari mi basteranno per qualche giorno.

Le persone cominciano ad allontanarsi, alcuni deridendo il ragazzino (qualcuno l'ha chiamato Tod) e altri lamentandosi di aver commesso uno sbaglio ad aver scommesso su di lui. Mi fa pena in quello stato, sembra uno scarafaggio che cerca di non essere calpestato. Allungo la mano verso quel ragazzino, che si è fatto ancora più piccolo dalla vergogna, evidenziata dalle guance in fiamme. Appena la afferra, lo aiuto a tirarsi su.

- Grazie. – Mormora mentre alza lo sguardo su di me. Gli do due pacche d'incoraggiamento sulle spalle e lo sorpasso. Probabilmente non metterà piede qui dentro per un po', e forse è meglio così per i tipi come lui.

- Scegliti bene il tuo avversario, la prossima volta. - Gli consiglio mentre mi dirigo fuori da quel pub: il Sean Patrick's Irish Pub & Grill, che dista una ventina di minuti da Las Vegas. Non è male come pub, in effetti. Non c'è una luce così intensa all'interno da far bruciare le pupille. Però c'è da dire che io preferisco il buio, magari ad altri questo locale non va bene. Forse per questo non è così affollato rispetto ad altri.

Mi chiudo la porta alle spalle e prendo il coltellino dalla tasca, aprendolo, poi mi affretto ad attraversare la strada, la W Flamingo Rd, e raggiungo una delle prime macchine che mi trovo davanti. Avrei l'imbarazzo della scelta, dato l'enorme parcheggio, ma non voglio perdere tempo a cercare una di quelle targhe rare e originali ma fighe. Stare per troppi minuti nello stesso posto potrebbe essere pericoloso, conoscendo quanto sia influente la famiglia di Luke. Sarei dovuto andare da Avery, ma non potevo tornare lì dal momento che avrei potuto mettere la sua famiglia in pericolo per problemi che in fin dei conti sono miei, e non mi va di causarne anche a loro che mi hanno sempre trattato come se facessi parte davvero della famiglia. Non potevo tornare da lei specialmente dopo aver troncato la relazione. Non voglio che rimanga attaccata a me se mai quelli mi dovessero trovare perché soffrirebbe troppo.

Sharon: La Pietra Di BlarneyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora