Capitolo 18

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-Sharon-

Non lontano dalla rotonda c'è una specie di angolino delineato da alcuni alberi dove poter riposare questa notte. Jackson ha anche proposto di accendere un piccolo fuoco, di cui mi sto occupando io, per far un po' di luce e riscaldarci un po', nonostante non faccia poi così freddo. È diventato molto più pallido rispetto a prima. Quel piccolo terremoto che ha provocato poco fa lo ha stancato e, dopo aver vomitato terra, la sua espressione sembra esausta e i suoi lineamenti più vecchi. Ha davvero bisogno di una bella dormita. Per ora è seduto sull'erba, impegnato a estrarre dallo zaino i sacchi a pelo, poi un'altra bottiglietta d'acqua dalla quale beve avidamente, sputando successivamente sul terreno per ripulirsi la bocca. Se fossi al suo posto, avrei già finito due bottiglie per i numerosi gargarismi.

- Che schifo. - Commenta con un'espressione di disgusto. - Spero solamente che in quella terra che ho vomitato non ci fosse qualche insetto. - Abbozzo un sorriso divertito, felice di sapere che sta bene, mentre finisco di sistemare alcuni rametti nel cerchio di pietre. Me li dovrò far bastare dato che non c'è possibilità di procurarmi della legna decente. Mi alzo per cercarne qualcuno in più mentre lo Gnomo comincia a sistemare i sacchi a pelo a fatica.

- Almeno stai bene. - Sospiro sollevata e raccolgo gli ultimi pezzi per unirli con gli altri, poi m'inginocchio di fronte al cerchio di pietre, accendo una piccola fiammella che lambisce il mio indice e ci soffio leggermente sopra, facendola danzare un po' ma assicurandomi che non si spenga, per farla adagiare su un rametto che man mano inizia a fumare. Dopo qualche secondo, il fuoco si espande su tutto il cerchio. Jackson annuisce per le mie parole e crolla sul suo sacco a pelo a peso morto, ammosciandolo. Se fosse stato qualsiasi altro oggetto gonfiabile, l'avrebbe fatto sicuramente scoppiare.

- Mai sentito nulla di così soffice... - Mormora con la faccia schiacciata sopra, cosa che gli ha fatto adottare un'espressione buffa per quella guancia leggermente gonfia. Scuoto la testa in modo divertito mentre mi siedo sull'erba, vicino al suo sacco, e porto le gambe al petto, circondandole con le braccia. Il biondo chiude gli occhi e inspira profondamente. Oltre ai suoi respiri pesanti, lo scoppiettare del fuoco e qualche macchina sfrecciare in lontananza sull'autostrada, c'è un silenzio piacevole intorno a noi. Sto provando un senso di tranquillità incredibile, cosa rara per me. In questa zona, dove non ci sono le luci intense della città, si vedono perfettamente le stelle che illuminano il cielo privo di nuvole, facendo splendere ancora di più la Luna, enorme e di quel colore panna, ora più tendente al bianco, ora al giallo. Il vento si è calmato, quindi gli alberi non si muovono più forte come prima, il che è un bene perché non riuscivo più a sopportare quel fruscio insistente, prima di tutto, e poi perché il fuoco si sarebbe spento subito. Ci sono solo alcuni rametti a bruciare e, per quanto mi sia facile attizzarlo ogni volta, non posso mica passare la notte sveglia a occuparmi delle fiamme. Ho bisogno anch'io di riposare, in fondo. Anche se non voglio ammetterlo, ho le palpebre più pesanti di quanto sembra. Ho passato le ultime notti quasi in bianco, dormendo davvero poco. Tra Avery col respiro pesante e i miei pensieri che sembravano non volermi lasciare in pace, anche solo per un minuto, non so quanto tempo resisterò prima di crollare definitivamente. Gli incubi sono la parte più brutta. Continuo a sognare di strozzare gente e di macchiarmi le mani col loro sangue, strappando loro le budella o gli occhi. Non so con quale forza non mi svegli e vomiti. Spesso i miei sogni si avverano, ma riguardo questi sono confusa. Da un lato so perfettamente che potrebbero accadere, dall'altro è solo il mio subconscio che si diverte a tormentarmi.

Comunque, lui è quello che tra i due ha più bisogno di riposare, quindi sarò io a fare il primo turno di guardia. È meglio che si riprenda: ha rischiato di morire soffocato. L'unico problema è cercare di non addormentarsi adesso, cosa difficile. Potrei farmi una passeggiata, ma non mi conviene allontanarmi troppo. Non vorrei lasciarlo solo con la paura che gli possa capitare qualcosa. Sposto lo sguardo da mio cugino, che sembra ormai perso nel sonno più profondo, al fuoco. Beato lui che riesce ad addormentarsi in così breve tempo. Sbatto più volte le palpebre, sentendo anche la testa pesante ormai. Non devo cedere. Mi allungo a prendere la bottiglietta di Jackson, dove è rimasto un sorso, e verso quel che resta dell'acqua sul volto. Fortuna che è fredda, così per un po' non dovrò gettarmela in faccia di nuovo. Mi sento strana ora a rimanere sola con me stessa, dal momento che negli ultimi giorni sono rimasta sempre con qualcuno, mai per conto mio. Non so se l'hanno fatto apposta, timorosi che potessi fare qualche stupidaggine, oppure davvero solo per solidarietà. Non so quale delle due scegliere. Non che sia una cosa da tutti i giorni, la mia. È una verità inconcepibile, quel tipo di verità a cui si pensa e si ripensa, cercando di crederci e di realizzare che sia vera; rivivendo di nuovo quel momento, quelle parole, quelle espressioni sul volto delle persone che l'hanno ammessa che fanno capire quanto sia importante e vera quella verità. E si continua a pensarci finché il tempo non farà capire che è davvero così, e non si può cambiare nulla perché in quel momento, quando finalmente si è coscienti di tutto, già è cambiato, tutto. Ciò che era prima non tornerà mai più. Il passato ormai è mutato, e questa volta per sempre, nonostante le persone rimarranno le stesse. Alla fine non cambiano, rivelano solamente quello che hanno nascosto, quello che sono. Ora, invece, non so più chi sia e cosa diventerò. Non so se rimarrò la stessa o se mi trasformerò in qualcosa di peggiore del mostro più crudele che esista. Ho tanti nemici, mostri che mi terrorizzano, e non vorrei diventare la mia peggiore nemesi. L'unica cosa di cui sono sicura è che questa situazione mi sta distruggendo pian piano, e non solo fisicamente. Non ancora, almeno, ma da elaborare, e soprattutto da accettare, è un processo disumano. Io davvero ancora non riesco a metabolizzare tutto. È così inverosimile, impossibile, da non riuscire a capacitarmi del fatto di non essere ancora in un manicomio, o un mostro.

Sharon: La Pietra Di BlarneyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora