Capitolo 3

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-Jackson-

Cacciare mostri in un parco non è la cosa migliore che possa capitare, soprattutto se si è costretti a sentire la propria cugina lamentarsi del fatto di dover star seduti su una panchina da troppo tempo invece di risolvere il problema. L'oscurità non aiuta per niente e purtroppo quell'essere è riuscito a far saltare la corrente elettrica dell'intera zona. Fortuna che non c'è neanche una nuvola in cielo e la Luna illumina un po' il parco, per quanto sia pallida la sua luce. Userei la torcia del mio cellulare, ma meglio non attirare troppo vicino quel lucertolone. Non voglio che si cibi di me, e tantomeno di Avery. Da un lato, è positivo che il parco sia enorme perché ciò impedisce a quella creatura di divorarci subito; dall'altro lato è anche un male, perché ci impieghiamo più tempo per cercarlo. Ci troviamo nella parte nord-ovest del Royal Victoria Country Park, in Hampshire, non molto lontano dalla Mossy Fountain. È ornata in ghisa con una base rotonda, costituita da quattro cigni di bronzo; al di sopra di questi si trova un tubo rotondo con un largo vassoio ornamentale dove poggia un altro tubo più tondeggiante, ma più piccolo, che regge un altro vassoio minuscolo. In cima a questo è presente un altro tubo sagomato con getto d'acqua. L'intera fontana, poi, poggia su una base di macerie di pietra che col passare del tempo sono state ricoperte di muschio, donandole quel tocco di antichità che amo, e anche quel nome. Infine, intorno, c'è una larga vasca d'acqua proveniente dalla fontana stessa. Accanto a questa ci sono un obelisco e un pozzo, con base in pietra assomigliante a uno di quelli antichi giapponesi e con un tetto verde scuro, dove sulla cima si erge una sfera dello stesso colore. In lontananza s'intravede la cappella del vecchio Royal Victoria Hospital, l'ospedale della famiglia reale, e la torre.

Io e Avery rimaniamo seduti su una panchina vicino alla fontana. Giocare a nascondino con un Hatcukliba non è esattamente il modo migliore in cui avrei voluto passare la serata, soprattutto ora che finalmente posso andare in un pub avendo compiuto i ventun anni. Beh, potevo dal dieci maggio, ma con tutto quello che è successo bere qualcosa con gli amici era l'ultimo dei miei pensieri. Però non sarebbe male fare qualcosa di normale per una volta.

- Se usassimo una torcia, riusciremmo a trovarlo più facilmente. Ti ricordo che le sue scaglie scintillano alla luce. - Mi guardo intorno, cercando di catturare con lo sguardo quella creatura, mentre lei sbuffa dopo aver parlato e si dondola con le gambe avanti e indietro sulla panchina, impaziente. I capelli lisci e neri, con le punte di un blu notte, danzano a ogni suo movimento. Si gira a guardarmi e i suoi occhi, ancora più scuri con questo buio, mi osservano. Scuoto la testa.

- Sai quanto può essere veloce, meglio non rischiare. - Mi alzo dalla panchina e lancio un'occhiata alla Jeep nera, parcheggiata non lontano dall'albero. So che non dovrei tenere la macchina lì, ma non c'è nessuno a quest'ora e non penso che al lucertolone dispiaccia. Mi soffermo con lo sguardo su di essa, notando qualcosa nel buio che ci striscia sotto. Perfetto, la creatura la utilizza perfino come rifugio.

- Ho fatto atletica, Jacky. - Usa quel nomignolo per irritarmi, sapendo perfettamente che non lo sopporto per nulla. In effetti io la innervosisco impedendole di alzarsi, in qualche modo deve farmi pentire di tenerla con me. - So essere più veloce di quel coso. - La zittisco con un gesto della mano mentre m'inginocchio a terra, cercando di comportarmi nel modo più naturale possibile e senza prestare molta attenzione alla macchina: se mi fossi messo a fissarla, il Hatcukliba si sarebbe accorto che so dove si trova e in un batter d'occhio sarebbe scappato. E addio pub più tardi, come avevo proposto prima ad Avery. Già siamo arrivati qua alle undici e mezzo, dal momento che il parco chiude ufficialmente alle nove, ma nel frattempo che si svuoti dei turisti passa sempre un sacco di tempo. - Non mi sembra il momento di mettersi a raccogliere fiori. - Continua, costringendomi a zittirla. Non ce ne sono neanche, tra l'altro. Lei sbuffa di nuovo: non è una persona paziente, per nulla. Se fosse venuta qua da sola avrebbe già messo sottosopra l'intero parco, la fontana e la guardia all'ingresso che ha addormentato con una polverina, gentilmente offertaci da nostra nonna, per farci entrare. Mi siedo col sedere a terra e scavo un po' per infilare una mano nel terreno e concentrarmi su di esso: se riesco a soffermarmi sulle vibrazioni che si diffonderanno non appena striscerà di nuovo, potrei capire le sue intenzioni e di conseguenza dove vuole andare. Alzo gli occhi mentre la mia mano si raffredda a quel contatto e guardo Avery, facendole successivamente l'occhiolino, sperando che capisca che deve tenermi il gioco ora. - Non flirtare con me, Mitchell. - La guardo storto mentre lei sorride in modo sghembo, formando su entrambe le guance due piccole fossette, poi annuisce, avendo già realizzato il motivo di quel mio gesto. Non che sia una cosa nuova: cacciamo spesso in questo modo. Fingiamo di non sapere che ci sia un mostro che ci vuole cogliere di sorpresa per poi fargliela noi, la sorpresa. Creare l'illusione che sia lui ad avere il controllo di tutto prima di morire è un'ottima tattica, o almeno ha funzionato finora.

Sharon: La Pietra Di BlarneyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora