(1/5) SENZA UNA RETE

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SENZA UNA RETE

Basta un dato: in Italia non esiste una statistica dei casi di discriminazione nelle scuole. Ognuno fa da sé. Da una parte c'è l'Unar, l'ufficio contro le discriminazioni di Palazzo Chigi, dall'altra l'Arcigay che ogni anno raccoglie un report sull'omofobia, fino al Gay Center di Roma che ha attivato un telefono amico. Così, mentre l'Istat, nell'ultimo report sui gay maltrattati, ha interpellato solo maggiorenni, lasciando nell'ombra ciò che avviene a scuola, proprio dalla capitale giunge un segnale allarmante: soltanto nell'ultimo anno sono più di duemila i minorenni che hanno chiesto aiuto alla Gay Help Line. Di questi quasi il 50 per cento aveva meno di 16 anni. Se si aggiunge la fascia d'età che va da 18 a 21 anni, si sale a quota 5 mila. Sono decine di ragazzi ogni mese. Insultati, picchiati, mobbizzati in quegli istituti che dovrebbero dare loro un'istruzione. C'è Andrea che s'è trovato i libri imbrattati di frasi oscene. C'è Fabrizio che si è stancato dei cori omofobi dei bulletti della scuola, che gli gridano "frocio" alla fermata dell'autobus. E ancora Giorgio, bersagliato dalle continue insinuazioni di un insegnante.

Poi c'è Giuseppe, 14 anni appena compiuti. A scuola l'hanno sempre preso di mira, «per via delle mie movenze», racconta. «Sono effeminato e per loro è più facile colpirmi». Solo che un giorno le parole sono diventate violenza fisica, nei corridoi di scuola. «Prima venivo solo emarginato, poi un giorno mi hanno seguito. Io gli ho gridato di lasciarmi in pace, ma loro volevano darmi una lezione, fare i bulli». Così l'hanno bloccato e picchiato, lasciandogli pure i lividi sul collo e sulla schiena. «Non ho avuto il coraggio di dirlo a nessuno, tanto meno ai miei genitori. Ho detto di essere caduto dalla bicicletta, ma non è così... Non è per questo che ero ferito. Sto pensando di scappare di casa e di lasciare la scuola», si sfoga.

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