'nomi ed ecografie'

1.5K 91 58
                                    

DYLAN'S POV

"L'ho lasciata, proprio come mi avevi chiesto" confermai atono.

I suoi grandi occhi verdi si illuminarono e, sul suo viso candido, si fece spazio un sorriso sornione e soddisfatto.

Allacciò le sue braccia dietro la mia nuca, attirandomi più vicino a lei, facendo sfiorare la sua pancia contro il mio ventre.

Abbassai immediatamente lo sguardo sul suo grembo e una fitta di paura mi perforò il fianco.

Non amavo Holland, non era lei la donna della mia vita, ne ero consapevole, ma non avrei mai fatto un torto a quel bambino, a mio figlio.

Lei voleva una famiglia ed io volevo far funzionare le cose, il mio amore per Cathie sarebbe dovuto passare in secondo piano ed avevo preso la mia scelta.

"Hai fatto un favore a te stesso, credimi Dyl" mi assicurò poggiando la sua mano sulla mia.

Annuii poco convinto e mi lasciai cadere pigramente sul divano di quell'appartamento che ormai era diventato anche mio.

"Domani mi accompagni dalla ginecologa? C'è la visita di controllo mensile e potremo finalmente conoscere il suo sesso" esclamò entusiasta coprendosi le spalle con un plaid.

Holland era entrata ormai nel quinto mese della gravidanza e il suo fisico si stava modificando affinchè il bambino potesse adattarsi e crescere nel suo grembo.

"Pensavo avremmo aspettato fino al giorno della sua nascita, sai, per far sì che fosse una sorpresa per tutti" replicai facendo spallucce.

Mi era sempre piaciuta l'idea dell'attesa fino all'ultimo secondo, dell'imprevedibile.

"Non dire sciocchezze, Dylan" scoppiò a ridere lei portandosi su una spalla i lunghi capelli ramati "Come faremmo se il bimbo nascesse maschio e i miei genitori avessero già comprato delle tutine rosa?" domandò alzando un sopracciglio e guardandomi come se mi avesse appena posto un quesito delle olimpiadi nazionali di matematica.

Avrei voluto contraddirla, ma la conoscevo abbastanza da sapere quando sarebbe stato il momento di lasciar perdere il discorso, perciò mi limitai a scuotere la testa e dargliela vinta.

Non volevo litigare con lei, era la mia fidanzata, la madre di mio figlio, e per lui avrei fatto di tutto, persino andare d'accordo con Holland.

Sospirai ed abbassai lo sguardo sulla sua pancia, portai la mia mano su di essa e la accarezzai piano, leggermente intimorito da qualsiasi possibilità di fargli del male.

"Spero sia una femmina" ammisi accennando un sorriso.

"Io spero di no! Vorrei continuare ad essere l'unica donna di questa casa, sai?" rise mordendosi leggermente il labbro inferiore.

"Cosa ne pensi del nome Juliet?" domandai rimboccandole la coperta.

"Troppo tragico" scosse la testa disgustata.

Mi afferrò la mano ed i suoi grandi occhi verdi mi inchiodarono sul posto.

"In realtà ho già deciso i nomi, in entrambi i casi" confessò addolcendo il tono di voce "Stavo pensando a Stefan o a Caroline"

Feci finta che la sua decisione non mi avesse ferito affatto e mi sforzai di annuire.

Mi aveva escluso dalla scelta dei nomi di nostro figlio, mi sentivo messo da parte, inutile.

Senza darmi il tempo di ribattere, mi ritrovai le sue mani sul mio petto e le sue labbra sulla mia mascella.

Salì velocemente sul mio bacino, insinuandosi tra le mie braccia e lasciandomi una scia di baci umidi lungo il mio collo.

Avrei dovuto rifiutarla, ero arrabbiato con lei, ma, in quel momento, la mia mente era troppo annebbiata da poter pensare lucidamente.

Tutto ciò che percepivo erano le sue mani su di me ed il suo corpo contro il mio.

***

Afferrai la mano di Holland e mi feci spazio tra i paparazzi.

Avevano invaso l'entrata dello studio medico del ginecologo di Holland e la cosa non mi stupiva affatto.

Non mi piaceva vedere la mia ragazza circondata da flash ed esposta ai giornalisti come se fosse stata uno zimbello pubblico.

Era una donna che aspettava un bambino e loro la stavano trattando come un animale da circo.

La attirai più vicina a me e diedi una spallata all'uomo che voleva impedirmi di oltrepassare la porta in vetro.

"Ragazzi non fatemi fare tardi! Vi racconterò tutto dopo la visita" urlò lei agitando la mano verso le macchinette fotografiche.

Quando fummo finalmente al sicuro all'interno dell'ascensore non potei far a meno di imprecare ed inveire ad alta voce contro di lei.

"Vuoi davvero pubblicizzare il nostro bambino come se fosse una merce da televendita?" la accusai portandomi le mani tra i capelli ed urlando frustrato.

"Non possiamo permetterci di trattare male i paparazzi, rovinerebbero la nostra reputazione" replicò senza degnarmi di uno sguardo.

"Non me ne frega niente della reputazione, Holland! Per poco non ti saltavano addosso facendoti cadere" gesticolai su tutte le furie.

Perchè non riusciva a comprendere la mia paura?

Sarebbe diventata madre di un bambino, come poteva prendere tutto alla leggera?

"Mettiamo le cose in chiaro, Dylan, okay?" si tolse gli occhiali da sole e si appoggiò contro la parete in metallo dell'ascensore.

"Una volta nato questo bambino io non resterò a casa tra biberon e pannolini tutto il giorno. Ho una carriera da mandare avanti e non sarà di certo un neonato a rovinarla, intesi?"

Non risposi, se quella sarebbe stata la fine di mio figlio allora si sbagliava di grosso.

L'avrei portato via, se necessario, lontano da quella donna superficiale e senza cuore.

Non le avrei permesso di far crescere mio figlio in un ambiente malfamato e privo di privacy come quello del cinema.

Me ne sarei occupato io, a costo di abbandonare il lavoro che avevo sempre sognato e che avevo finalmente ottenuto.

Ce l'avrei fatta anche da solo, avrei ottenuto il suo affidamento e l'avrei cresciuto con amore, l'unica cosa che avrei potuto offrirgli.

Seven minutes 《Dylan O'Brien》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora