'spiaggia ed addii'

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Era il mio penultimo giorno in Alessandria d'Egitto e Jane non aveva fatto altro che portarmi in giro per la città tutto il giorno, senza un minuto di tregua.

Aveva persino rifiutato l'invito a pranzo da parte di Husain per poter stare il maggior tempo possibile con me e, nonostante mi sentissi in colpa per aver privato Husain della sua fidanzata, sia io che Jane eravamo consapevoli che quella sarebbe stata l'ultima volta che avremmo passato una serata insieme prima di tornare alla nostra quotidianità che, ormai, non prevedeva più l'una nella vita dell'altra.

C'era una festa in spiaggia, quella sera, e Jane mi aveva costretta ad accompagnarla, garantendomi che l'alcol avrebbe reso quell'addio meno strappalacrime del previsto.

Non ero pronta ad abbandonare quella città dai colori orientali e dal perenne odore di incenso, mi ero innamorata delle bancarelle che illuminavano la costa, delle ghirlande e delle fioraie che accompagnavano il perimetro del lungomare.

Tutto, di quel popolo, esprimeva vita.

Nelle piccole stradine rimbombavano le voci di famiglie numerose, la musica sembrava abitare all'interno del suolo, gente di tutte le età, turisti e non, sembravano rinascere nel vedere gli artisti di strada ballare spensierati e muoversi con fluidità su quelle strade che avevano visto susseguirsi anni ed anni di storia.

Chad e Husain, come sempre, ci avevano scortate fino al lido dove la serata era iniziata già da alcune ore, per poi fermarsi al bancone del bar dove avevano iniziato a chiacchierare con il resto dei loro amici.

"Non sei una vera egiziana se non indossi una ninfea" esclamò Jane avvicinando il piccolo bocciolo dai petali rosa al mio orecchio, per poi scostarne i capelli ed appoggiarlo sulla punta.

Le sorrisi raggiante e la trascinai al centro della pista da ballo.

In quella massa di giovani non c'erano più nazioni, lingue o culture che potessero rovinare la serata.

Non importava di che colore fosse la tua pelle o che forma avessero i tuoi occhi.

In quella notte, sotto il cielo stellato e la luna piena che illuminava i nostri giovani volti, eravamo tutti uguali, eravamo vivi e persino io, che ero pessima a ballare, riuscivo a sentirmi a mio agio mentre i miei piedi scalzi affondavano nella sabbia fine.

Quella sera non erano ammessi pensieri negativi, non erano ammessi musi lunghi o rimpianti.

Ballammo fino a non sentire più i muscoli delle gambe.

Non mi ero mai sentita così tanto esausta e, allo stesso tempo, leggera.

Ballammo per fino a quando il nero petrolio del cielo non assunse le sfumature grigiastre delle tre del mattino.

Jane si era lasciata cadere di peso in riva al mare, tra le mani reggeva le zeppe con le quali era venuta ed il suo viso stanco ed accaldato era rivolto verso di me.

"Non andare via" mi implorò lei con la voce incrinata e gli occhi lucidi.

Mi costrinsi a non guardarla.

Ci eravamo ripromesse niente lacrime ed io mantenevo le promesse.

Mi prese la mano e mi lasciai scappare un sorriso affranto.

"Ci sono così tante università qui! Oppure potresti trovare un lavoro, potrei presentarti al mio dirigente!" propose spalancando la bocca entusiasta.

"Jane" la bloccai e presi un respiro, non avrei mai voluto che le nostre strade si dividessero, ma come lei, mesi prima, aveva preso una scelta, anche io, adesso, dovevo fare la mia, per il mio bene e per il mio futuro "Il mio posto non è qui"

Seven minutes 《Dylan O'Brien》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora