Rimanere calmi è fondamentale. Se le emozioni prendono il sopravvento, la nostra capacità di ragionare razionalmente si dissolve. Ciò non deve mai accadere, perché le conseguenze possono essere peggiori di quanto immaginiamo.
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Andai a mettere le lenti nel bagno di un bar. Era piccolo, ma il lavandino e lo specchio sembravano puliti, per cui mi sciacquai le mani e, dopo un paio di imprecazioni, osservai il mio nuovo colore di occhi riflesso sullo specchio. Poi, aprii il rubinetto e infilai il cappello sotto il getto d'acqua. In pochi secondi, il colore passò dall'azzurro al blu notte. Lasciai che il liquido in eccesso colasse, e poi lo rimisi in testa, con la visiera calata sul davanti. Difficilmente un cambio di colore così minimo mi avrebbe aiutato, ma tentare di certo non mi avrebbe nuociuto.
Uscii dal bagno, e poi dal bar, sbucando nuovamente nella via caotica.
Per far perdere le mie tracce, dovevo lasciare la città, e il metodo meno rintracciabile era senz'altro prendere un autobus. Sapevo dove trovare una stazione, così mi diressi là.
Il mio tempo utile stava finendo, perciò camminai velocemente, e a tratti corsi.
Non sapevo se scappare sarebbe stata la scelta migliore, ma andarmene da San Francisco mi sembrò la scelta migliore, in quel momento, sia per me che per tutte le altre persone che conoscevo.
E poi, cosa ancora più importante, avevo bisogno di credere, di sperare, che sarei riuscito a trovare un posto sicuro, lontano da lì.Correvo.
Correvo per le strade di San Francisco, che mai come allora mi erano sembrate così tetre, così oscure, così piene di insidie e pericoli di ogni sorta.Alla città è stato tolto ciò che la rivestiva, che la mostrava per qualcosa di diverso.
È questo che San Francisco è in realtà: un labirinto pieno di mostri e pieno di angoli, con la paura che ti assale ogni volta che devi girare ad uno di essi.
Pensai a questo mentre cercavo di raggiungere la stazione il prima possibile.Finalmente, riuscii a scorgerla in lontananza, e tirai un mutosospiro di sollievo.
Rallentai per guardarmi intorno. Nessun mostro nelle vicinanze.
Beh, di certo non mi aspettavo di trovarlo a tre passi di distanza mentre sventolava la mano.
Trovarlo a tre passi di distanza mentre cercava di strozzarmi, invece, sarebbe stato plausibile.Con questo pensiero ottimista, raggiunsi la stazione.
Mi fermai un attimo per riprendere fiato. Solo un attimo.Poco dopo ero già ripartito alla ricerca di un cartellone con scritti gli orari e le destinazioni degli autobus.
Osservai il tabellone.
Non ricordo bene qual era il luogo di arrivo, e probabilmente, per la fretta, quella volta non ci feci nemmeno troppo caso. Ricordo che l'autobus sarebbe partito dopo 10 minuti e che l'arrivo era previsto dopo circa un'ora e mezzo.
Non mi preoccupai della direzione che avrei preso, ma il caso volle che mi spostassi verso il centro degli USA.Andai a comprare il biglietto ad una macchinetta che me lo avrebbe dato già timbrato. Inserii i soldi e presi il foglietto.
Dopodiché, salii sull'autobus e diedi il biglietto all'autista, che lo controllò e annuì, tornando a guardare davanti a sé l'attimo seguente.
Cercai un posto libero per sedermi, e, mentre lo facevo, tutti gli altri passeggeri mi guardarono. Incrociai vari occhi, ma quelli che più mi colpirono per la loro espressione furono di una donna di mezza età con un buffo cappello d'altri tempi e un vestito scuro dall'ampia gonna. Sul viso, solcato da qualche ruga, spiccavano dei tondi e piccoli occhiali da vista.
Il suo sguardo mi gelò il sangue nelle vene. C'era qualcosa, come una scintilla
di riconoscimento.Quella donna mi aveva forse riconosciuto nonostante le lenti, i vestiti e il cappello? No, era impossibile che la notizia della mia scomparsa fosse giunta così in fretta, e io ero perfettamente certo di non averla mai vista.
Avevano già ritrovato il corpo di Michael?Sentii lo sguardo della donna sulla nuca anche dopo averla superata.
Cercai di rimanere calmo, per quanto mi fosse possibile.Trovai un posto a metà dell'autobus. Sarei riuscito a trovarlo prima, se solo non avessi cercato due posti accanto liberi.
Posai lo zaino nel sedile accanto e mi accasciai contro il sedile, poggiando la tempia sinistra e le nocche delle dita al finestrino. Piccole scariche di gelo partirono dai punti di contatto, dandomi una sensazione di sollievo nonostante la preoccupazione.
Sospirai. Se non altro, avrei potuto guardare fuori durante il viaggio.
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Cronache di un Mezzosangue
Fanfiction"La vita di un mezzosangue è come la lama di un coltello: si divide in due parti, impossibili da guardare contemporaneamente." Gabriel ha sempre condotto una vita tranquilla, fatta di amici solari, dolce musica e preghiere tra le stanze dell'orfanot...