In mezzo a una corsa, capita di chiedersi il motivo per cui si corre, e per cui non ci si ferma. Spesso si tratta di inerzia: cominci e non ti arresti più. Altre volte, inseguiamo un obiettivo, che ci appare come un bellissimo fiore in lontananza, che desideriamo cogliere sopra ogni altra cosa. Ma ciò che accomuna tutti i casi, infine, è che verremo fermati da qualcosa, che lo si voglia oppure no.
•••
Aprii la cartina che mi aveva dato il conducente e la osservai mentre mi addentravo nel bosco. Era vecchia e consumata, ma fungeva al suo scopo.
Non era un bosco troppo vasto, a giudicare dalla mappa. Inoltre, spesso gli alberi si aprivano e lasciavano passare raggi di luce del sole, con i quali riuscivo a vedere perfettamente la strada che stavo prendendo. Non c'era un sentiero né cartelli stradali ogni 200 metri, ma i tronchi chiari sembravano lasciare aperto un percorso davanti a me.
Probabilmente, quella parte di bosco era stata modificata proprio per quello.Man mano che mi addentravo nei meandri del bosco, la vegetazione diventava sempre più fitta, gli alberi sempre più alti, e le radici sempre più estese, tanto che alcune volte dovetti fare attenzione a non inciamparvi.
I rumori del bosco mi accompagnavano: il vento che soffiava tra le foglie, lo scricchiolio dei rametti che calpestavo, alcuni versi di uccelli che non riuscivo a vedere: la pace regnava sovrana, fino a quel momento.
Ero praticamente certo di aver preso la via giusta, dopotutto, bastava andare dritti fino a quando non si fosse trovata l'uscita.
Tolsi la catenina con l'anello da sotto la maglietta. Si era scaldata, e rilasciava piccole ondate di calore.
Non ebbi problemi a toglierla dal suo nascondiglio: chi mai avrebbe potuto vedermi in un bosco?
Le mie dita avevano bisogno di giocarci, nei momenti di forte stress ne diventavano quasi dipendenti. Quasi non mi accorsi del gesto così abituale.Per un attimo, mi venne da ridere al pensiero di cosa stavo facendo.
E, in effetti, risi. Fu una risata liberatoria, ma non di quelle divertite, una di quelle incredule e aspre, una di quelle che di solito portano alle lacrime poco dopo.
Eppure, non piansi.
Non avevo la forza per fare anche quello, e, ormai, mi ero rassegnato a tutto ciò che mi era successo e che doveva ancora succedere. Se avevo bisogno di sfogarmi, lo avrei fatto in un altro momento. Non potevo cedere lì.Tirai fuori dallo zaino la bottiglia dell'acqua. Bevendo mi rinvigorii. Sentii l'energia che guizzava tra i muscoli come un flusso d'acqua, simile alla linfa che scorreva tra gli alberi, anche se più velocemente.
Chissà se quell'uomo ha chiamato qualcuno per far ripartire l'autobus, mi chiesi, ad un certo punto.Avevo forse commesso un errore incamminandomi da solo nel bosco e non aspettando di arrivare a destinazione com l'autobus?
Mi avrebbe fatto perdere un sacco di tempo. E il tempo, lo avevo capito, era molto più prezioso di qualunque diamante.L'aver passato un'ora e mezzo su un catorcio con motore a carbone era stata già abbastanza controproducente..
Ogni tanto, sui tronchi degli alberi si poteva vedere una segnaletica, che, in pratica, consisteva in frecce bianche che indicavano la direzione da prendere per l'uscita, o almeno così sperai, perché decisi di seguirle. Continuavo a proseguire dritto, seguendo le indicazioni e anche il percorso disegnato sulla cartina.
Ad un certo punto dovetti rallentare un po' il passo a causa della vegetazione.
Evidentemente ero arrivato proprio al centro del bosco. Proseguii per un po' scavalcando radici e appoggiandomi ai tronchi per non cadere. Piccoli taglietti comparvero sulle mie mani con il passare del tempo.Non ero calmo, anzi, ero molto agitato e preoccupato. Avevo la stessa sensazione avuta nell'autobus: una morza di gelo.
Poco dopo, ebbi modo di capire da cosa derivasse quel presentimento.Accadde tutto velocemente. Sentii un rumore vicino a me, e mi bloccai di scatto.
Mi voltai verso la direzione da cui ero venuto e per poco non inciampai dallo stupore.
Davanti a me, c'era la donna che mi aveva guardato in autobus. Si era tolta gli occhiali, ma il cappello e il vestito erano gli stessi, dando vita ad una sorta di Mary Poppins demoniaca, con un ghigno sinistro e malvagio dipinto sul volto«Cosa...» feci per dire, per poi bloccarmi.
«Ma guarda che fortuna: un piccolo mezzosssangue sssmarrito...» sibilò la donna, con una risata simile a un'unghia passata su un vetro.In quel momento, l'immagine della donna tremolò e potei vederla per quella che era la sua vera forma: corpo da rettile e due code, con un viso spaventoso.
Mi si gelò il sangue nelle vene e spalancai gli occhi: mi aveva trovato. Quel mostro mi aveva trovato.
Angolo Autrice
Ciao a tutti ancora una volta.
Se state leggendo questo capitolo vuol dire che sono riuscita ad essere coerente con le mie date di pubblicazione per almeno una settimana.
Incredibile, vero?
Comunque, ringrazio tantissimo DaughterofWolves02 per aver votato tutte le parti della storia.
Ringrazio per i voti anche LudoSnow
Grazie mille a tutte!
A presto!
Ark_Gabriel_Jackson
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Cronache di un Mezzosangue
Fanfiction"La vita di un mezzosangue è come la lama di un coltello: si divide in due parti, impossibili da guardare contemporaneamente." Gabriel ha sempre condotto una vita tranquilla, fatta di amici solari, dolce musica e preghiere tra le stanze dell'orfanot...