Di nuovo l'autobus

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La necessità affronta la paura, uscendone spesso vincitrice.

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La piazza era esattamente come l'avevo lasciata poco prima, solo con qualche persona in più. Un vecchio con un bastone era seduto su una panchina e si guardava attorno, una donna di mezza età aveva un cane al guinzaglio, con cui stava attraversando la strada, dirigendosi molto probabilmente verso uno dei negozi lì accanto.

I locali erano ormai tutti aperti e pronti ad accogliere clienti. Le saracinesche adesso alzate rendevano il posto più vitale, colorato e caratteristico.

Ci misi pochi secondi a fare il giro della piazza con lo sguardo e a individuare la fermata. Era nella strada davanti alla piazza, e un piccolo cartello con disegnato un autobus la segnalava.
Imbucai quella via, passando accanto ad un negozio di piante, vasi e fiori. In primo piano si potevano ammirare i bouquet di rose che qualunque ragazza avrebbe desiderato ricevere. Forse avrei potuto distrarre il mio inseguitore in combattimento lanciandogliene uno addosso. Avevo il presentimento, però, che, nonostante si trattasse di una donna, al serpente non sarebbe piaciuto il regalo. Non potevo rischiare di portarle un mazzo di rose non sapendo se avrebbe, al contrario, gradito dei tulipani.

Mi mossi scansando i colorati fiori in vaso che erano disseminati addirittura sul marciapiede.

Provavo abbastanza ansia, ma non come mi era successo in altre occasioni.

In strada le macchine viaggiavano a velocità diverse, alcune più rapidamente di altre. Viste con la coda dell'occhio sembravano macchie di vernice colorata su sfondo grigio.

Arrivai alla fermata, e mi spostai per osservare il cartello con gli orari affisso ad una delle pareti della pensilina. Quello che un tempo doveva somigliare ad una lastra di plastica trasparente, adesso somigliava più ad un foglio da disegno in cui dominavano le scritte di colore viola, rosso e verde fosforescente.

Cercai sul piccolo cartello l'orario di passaggio degli autobus per il paese accanto. 9:52; 10:23; 10:57. Erano quelli gli orari che, calcolai, dovevano essere più o meno vicini all'ora, in quel momento.

Dentro di me pregai che non fossero ancora le 9:52. Non era il caso di perdere altro tempo.

Fermai un passante per chiedere l'ora.
«9:43» fu la scocciata risposta dalla donna che avevo fermato, la quale ripartì a passo di carica un attimo dopo.

Se non altro, è probabile che non si ricordi minimamente di me, pensai, leggermente scocciato per la maleducazione della donna. Mancavano 9 minuti all'arrivo dell'autobus, a ben sperare. Passai i momenti di attesa osservando le case e i negozi del paese, tutti simili da fuori.

Un giovane uomo, poco tempo dopo il mio arrivo, si mise ad aspettare l'autobus alla pensilina.

Quando arrivò il mezzo, tirai un sospiro di sollievo, bruscamente interrotto dal ricordo dell'ultima esperienza. Infatti, la prima cosa che feci appena salito fu proprio guardare alla mia sinistra tra i passeggeri. Per una volta, il mio istinto, di cui avevo ormai cominciato a fidarmi, non mi dette alcuna sensazione negativa.

Per sicurezza, chiesi al conducente quali sarebbero state le fermate.
Una era quella a cui dovevo scendere, per cui acquistai il biglietto e mi misi a sedere in quarta fila.

L'autobus non era uno dei migliori che avessi visto: abbastanza vecchio e con i sedili consumati, ma decisamente meglio rispetto al precedente. Qua e là erano attaccate delle gomme da masticare indurite, e i pulsanti di chiamata erano decisamente consumati. Comunque, sempre meglio di niente.

L'uomo che era con me alla pensilina passò una carta davanti alla macchinetta obliteratrice, dopodiché andò a sedersi.

Il viaggio fu abbastanza movimentato, con l'autobus che accelerava e si fermava per far salire e scendere i passeggeri. Le strade, tra l'altro non erano nelle condizioni migliori, costellate di buche e dossi. Per fortuna, non dovetti stare molto nel mezzo.

Quando vidi la biblioteca, premetti il pulsante di chiamata.
Visto la stato di degrado dell'autobus, non ci volle molta sfortuna per beccare il pulsante guasto. Allarmato dal display rosso che indicava "chiamata prenotata" non acceso, mi spostai velocemente nei posti davanti per premere un altro.

Ce la feci a scendere dall'autobus.

A quel punto, non mi restava altro che entrare e cercare informazioni su quel posto.

Attraversai la strada per entrare in biblioteca, il nome da cercare marchiato a fuoco nella mente.
Long Island.

Angolo Autrice

Anche questo capitolo è stato abbastanza inutile, e vi comunico con grande rammarico che anche il prossimo non sarà il massimo dell'originalità e del divertimento.

Ma portate pazienza, tra poco comincerà una parte abbastanza movimentata.

Ringrazio nuovamente tutti per i voti, i commenti e le visualizzazioni.

Un'ultima cosa: ieri ho visto con mia sorella Star Wars: Il risveglio della Forza.

Ora, se c'è qualche fan di Star Wars che shippa Reylo, lo invito a farsi avanti e ad intavolare con me una discussione sul come si possa anche solo pensare lontanamente di shipparli. E va bene che spesso finisco per shippare cose impossibili, ma non fino a quel punto.

Bene, ora che mi sono sfogata, posso anche tornare a fare Geometria.

Ma prima vi faccio una domanda totalmente a caso.
Che liceo fate o avete intenzione di fare?

Con questo vi saluto.
Ark

Cronache di un MezzosangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora