Il ramo

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In un combattimento, ogni singolo movimento comporta una reazione da parte dell'avversario. In quel folle gioco di risposte, a vincere è la reazione migliore.
Scegli con cura come rispondere.

•••

Nonostante il mio corpo bruciasse come mai avrei potuto immaginare, continuai ad arrampicarmi sull'albero.

Il tronco non era liscio, c'erano dei punti in cui poter poggiare piedi e mani, e i rami cominciavano a spuntare già a pochi metri dal suolo.

Già con la prima spinta, amplificata dai poteri che avevo, riuscii ad arrivare a metà tra il suolo e l'inizio dei rami.
Fu una fortuna, perché solo pochi secondi dopo che ebbi cominciato la mia arrampicata, il mostro si scagliò dritto verso il punto in cui mi trovavo un attimo prima. Sbatté con la forza di una palla di cannone contro il tronco, che oscillò. Rischiai di cadere, ma riuscii a rimanere ancorato all'albero.

Non provai paura: non era la prima volta che mi arrampicavo, e qualunque prospettiva era meglio che farsi uccidere da un mostro.

Inspirai ed espirai lentamente, non con la bocca, visto che avrei perso il coltello.
Era fondamentale che io rimanessi concentrato fino alla fine. In realtà, fondamentale è un eufemismo. Vitale rende più l'idea.

Le mie scarpe grattavano la corteccia della pianta su cui mi stavo arrampicando. Dopo qualche minuto, riuscii a raggiungere i primi rami.

Continuai a salire, fino a quando non raggiunsi dei rami abbastanza resistenti per fare ciò che avevo in mente.

Reggendomi a quello più in alto, cominciai a segare il ramo su cui poggiavano i miei piedi con il coltello da cucina. Il rumore ritmico della lama sul legno mi rimbombava nelle orecchie.
Il mio obiettivo era di farglielo cadere in testa, per cui dovevo distrarre il mio avversario.

Avevo scelto un ramo fine, ma non troppo, visto che doveva reggere il mio peso, ma dovevo anche essere in grado di tagliarlo. Sentivo la donna-serpente sibilare, e questa volta era un sibilo infuriato. Provai gioia nel sentire la sua rabbia.

Ancora una volta ringraziai la mia momentanea forza: senza di essa, sarei già morto più di una volta.

Dovevo distrarla. Da quella posizione, la creatura non poteva vedere cosa stavo facendo. Il problema era il rumore, ma a quello potevo pensare parlando a voce un po' più alta del normale.

«Non riesci più a prendermi quassù, eh?»
«Sciocco mezzosssangue, non puoi rimanere tutto il tempo rintanato su quell'albero, dovrai ssscendere prima o poi. E allora, sssarai mio...»

Drizzai improvvisamente la schiena.
Mezzosangue. Ancora quella parola ignota. Forse avrei potuto ricavare anche qualche informazione.

«Mezzosangue... cosa intendi dire?»
«Ma come? Non conosci nemmeno le tue origini, sssemidio?» disse, con voce divertita.
«Perché? Tu le conosci?» ribattei io.
«Mettiamola così» continuò lei in tono di scherno «sssicuramente so qualcosa che tu non sssai. Sui tuoi genitori...»

All'improvviso mi mancò il fiato e smisi di segare il ramo. Cosa poteva mai sapere un assassino dei miei genitori? Stava forse bluffando?

«Ma non farmi ridere! Tu sapresti qualcosa che io non so sui miei genitori?» risposi infine, con falso tono di superiorità.
«Oh, credo proprio di sssì. Dimmi, qual è il tuo genitore mortale?»

Mortale? Cosa diavolo voleva dire?
I miei erano morti, perciò nessuno dei due poteva essere immortale. Non riuscivo a capire, però dovevo dire qualcosa per distrarre la donna-serpente, e anche per continuare a bluffare. Dovevo sembrare sempre in vantaggio.
«Mia madre» risposi, tirando a caso.

Il mostro sembrò bersela, perché per un po' rimase zitto.

Intanto, io avevo ricominciato a segare il ramo. Il taglio cominciava ad essere abbastanza profondo, ma non ancora abbastanza da potersi spaccare sfruttando il mio peso. D'altra
parte, stavo usando un coltello da cucina, non la spada di Re Artù.

«Spiegami una cosa, piuttosto. Sai, per chiarire. Perché mi vuoi uccidere?» Lo dissi in modo quasi sarcastico, con un tono molto più spavaldo di quanto mi sentissi. Beh, tutto il mio bluff si basava sul mostrarmi più spavaldo di quanto mi sentissi.

Devo continuare a farla parlare.
Era quello il mio unico pensiero, mentre la mia mano si muoveva sempre più veloce nel tagliare il legno chiaro. La mano mi faceva male per lo sforzo, ma non mollai.

«Perché sei un mezzosssangue» mi rispose, come se questo potesse illuminarmi. Riuscii quasi a immaginare la donna che faceva spallucce. Mi trattenni dall'imprecare.

Ecco, adesso il taglio era abbastanza profondo. Mi sporsi per controllare dove si trovasse la donna-serpente.

Sorrisi. Non si era mossa da dove l'avevo lasciata. Era rischioso. Avrei potuto benissimo non centrarla, e allora il mio piano sarebbe andato in fumo. Niente era certo, nonostante i calcoli che avevo fatto ad occhio sembrassero tornare.

Dovevo rischiare, e sperare, almeno per una volta, nella fortuna, nel fato, o in chiunque avesse il controllo in quel campo.

Mi rimisi il coltello tra i denti. Bruciava.
Continuando ad aggrapparmi ad uno dei rami più in alto, alzai e abbassai le gambe dando più spinta possibile. Con immensa soddisfazione, sentii il legno che si spezzava e cadeva verso il basso.

Il rumore del ramo che colpiva la testa del mostro si udì forte e chiaro, esattamente come uno sparo. Mi sporsi per controllare, nel caso in cui mi fossi sbagliato, ma il corpo scomposto della creatura mise fine ai miei interrogativi. Il mostro era caduto a terra, privo di sensi.
Tirai un sospiro di sollievo: se non altro, non era invulnerabile.

Senza aspettare neanche un attimo, scesi dall'albero il più velocemente possibile, raccolsi lo zaino da dove l'avevo lasciato e corsi via, nella direzione della cittadina.

Staffetta 4x100... profetico.

Angolo Autrice
Ave, Semidei, come va?
Ringrazio tantissimo Sabri0124 per aver votato le parti della storia e anche per i commenti.
A questo punto, vi faccio una domanda: secondo voi, di quale Dio/Dea è figlio Gabriel?
La risposta "Figlio di Rue, la Dea delle Arrampicate sugli alberi" non vale come risposta.
Ringrazio ancora una volta tutti per i voti, le visualizzazioni e i commenti, che spesso e volentieri mi fanno davvero morire dal ridere.
È un piacere leggerli, davvero.
Alla prossima.
Ark_Gabriel_Jackson

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