Dal legno alla carta

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Essere troppo sospettosi non è mai sbagliato: in casi come questi, sbagliarsi per aver immaginato il peggio è meglio di sbagliarsi per aver riposto troppa fiducia.

•••

Preferii non lasciare lo zaino al tavolo mentre andavo in bagno.
Primo, perché sarebbe stato sospetto che un ragazzino tirasse fuori qualcosa da uno zainetto e dopo andasse in bagno, secondo, perché non mi andava a genio di lasciarlo lì senza nessuno a sorvegliarlo.
Beh, in realtà c'era il barista, ma non mi fidavo così tanto.

Andai in bagno, e per un attimo quasi mi stupii che non fosse fatto di legno. Mi sciacquai le mani in un lavandino bianco tenuto bene e pulito, e misi le lenti color nocciola agli occhi, prima sul sinistro e poi sul destro. Mi osservai allo specchio. I graffi erano un po' rossi, ma stavano cominciando a richiudersi.
I capelli erano una massa aggrovigliata.

Tra gli oggetti essenziali che avevo
portato con me non c'era una spazzola. La spazzola non era indispensabile, e me ne ero dimenticato. In fondo, però, era stato un bene: se fosse scomparsa anche una spazzola per capelli, il New York Times avrebbe affermato con assoluta certezza la mia fuga. Cercai di sistemare i capelli passandoci le dita bagnate, e riuscii almeno un poco a migliorare il disastro.

Pulii quello che si poteva pulire con l'acqua, dopodiché riposi il contenitore delle lenti. Mi sciacquai nuovamente le mani e tornai nel locale., che era ancora vuoto.

Feci per avviarmi verso la porta e uscire, quando una voce mi bloccò.
«Sei di qui, ragazzino?» A parlare era stata la cordiale e gentile voce del proprietario del bar.

Fui costretto a girarmi. Non facendolo, avrei dato ancora di più nell'occhio.

Prima avevo cercato di non guardare l'uomo dal tono di voce caldo al bancone, ma temevo che lui avesse comunque colto il colore dei miei occhi. Decisi di rischiare.

«No, sono venuto qui a trovare una mia zia» risposi, guardandolo.
L'uomo inarcò un sopracciglio.
«E chi sarebbe tua zia?» continuò l'uomo, sostenendo il mio sguardo.
«Oh, dubito che la conosca: è qui da poco e sono venuto solo per vedere la sua nuova abitazione» continuai, anche se la conversazione stava mettendo a dura prova le mie corde vocali.

Il barista annoiato e chiacchierone non ci voleva proprio!

«Comunque» dissi cercando di cambiare argomento «la colazione era davvero buona! Mia zia mi aveva detto che le avevano consigliato questo posto.»
L'uomo sorrise, poi tornò serio.
«Come ti sei fatto quei graffi e quei lividi?» chiese, socchiudendo gli occhi.

A quel punto, decisi di tirare la storia fino in fondo.
Feci una faccia un po' imbarazzata.
«Sono caduto nel bosco, proprio ieri.»
«Capisco» commentò lentamente.
«Hai degli occhi davvero particolari» disse.
Cercai di non sembrare confuso, nonostante non sapessi a quali occhi si stesse riferendo.
Sorrisi e ringraziai.
«E cosa hai intenzione di fare oggi?»

Quell'uomo stava diventando fin troppo insistente. Dovevo andarmene, e anche velocemente.

«Oh, non so ancora cosa faremo. Probabilmente aiuterò mia zia a sistemare alcune cose della casa, sa com'è, con un trasloco c'è sempre tanto da fare!»

L'uomo annuì, come a dire di aver capito. Cominciò ad arricciarsi i baffi con una mano. Quel gesto mi ricordò l'anello che avevo al dito. Di riflesso, col pollice e l'indice della mano destra girai l'anello attorno al mignolo della sinistra. Il gesto non sembrò sfuggire all'uomo, e io imprecai mentalmente.
«Scusami, adesso devo fare una telefonata» mi disse, tornando al bancone di legno.

Non aspettai neanche un secondo.
Salutai l'uomo e andai dritto verso la porta. Mi stavo ormai lasciando il legno massiccio alle spalle, quando l'uomo mi richiamò.
«Ragazzo! Come hai detto che ti chiami?»

Non gli avevo detto come mi chiamavo. Il timore che mi avesse riconosciuto aumentò, e decisi di non rivelargli il mio vero nome.
«George.»

Ebbi appena il tempo di sentire il proprietario che diceva «Pronto? Sono Blake...», prima di entrare nella tabaccheria accanto al bar.

Ero passato da un ambiente fatto completamente di legno ad un ambiente pieno di un suo derivato: la carta.

Per sapere dove trovare un Internet Point, un'edicola - che, come diceva l'insegna, era anche una cartoleria - andava più che bene.

Angolo Autrice

Buon sabato a tutti, semidei!
Chi tra voi è andato a scuola oggi?
Beh, io sono tra quei poveri sfigati.

Tra l'altro devo ancora capire il senso di mandarci a scuola per fare un'ora di Arte e un'ora di supplenza e uscire alle 10.
In realtà, alla fine, non abbiamo avuto supplenza.

Ci era stato detto che la professoressa sarebbe mancata tutta la settimana, invece, era stato perso l'avviso che diceva che sarebbe rientrata sabato.

Visto che nessuno aveva portato il libro e il quaderno, la prof ci ha lasciato fare quello che volevamo per tutta l'ora.
Inutile dire che mi sono messa a leggere.

E adesso vi parlerò della cosa più importante che ho scoperto in questi giorni: in classe ho una fangirl e, udite udite, un fanboy!
Dovrò educarli per bene, ma le basi sono buonissime.
Lei sta leggendo tutto Shadowhunters, lui Hunger Games.

Tra l'altro, la mia professoressa di italiano adora fumetti, libri(e anche saghe che leggo) e anche manga.

Potete immaginare la mia faccia quando stamani abbiamo cominciato a parlare di libri e altre cose sa fangirl.
Avevo un sorriso che mi andava da un orecchio all'altro.

Per una volta penso proprio di poterlo dire: che bella classe!
Forse i prossimi 5 anni(ad eccezione delle ore di latino) non saranno così male.

Ringrazio tutti per le visualizzazioni e i voti, che stanno aumentando a vista d'occhio. Se continuiamo di questo passo, con la prossima parte vi ringrazierò per le 500 views.

Con questa nota positiva, vi saluto e torno a leggere il mio libro.
A presto!
Ark

Cronache di un MezzosangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora