La paura del freddo è ormai antica e dimenticata, per questo immaginiamo un Inferno di fiamme indomabili e inestinguibili, che consumano in eterno chi merita tale sorte.
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Mentre il fuoco cominciava a eliminare qualunque ostacolo gli si presentasse davanti, io mi trovavo a dover prendere una decisone in un arco di tempo che non poteva andare oltre i due minuti.
Riuscii a distogliere lo sguardo dalle scale e mi voltai dalla parte opposta, verso l'edificio accanto a quello in cui mi trovavo. Le uniche cose che riempì il mio campo visivo furono le scale antincendio sul muro del palazzo. La mia possibilità.Le avevo notate poco dopo essere uscito sul tetto per la prima volta. Avevo fatto un giro, sperando di trovarne anche per uscire dalla palazzina dove mi trovavo, ma non ne avevo viste. Anche in quel momento, il mio cervello aveva cominciato a muovere gli ingranaggi del pensiero per sfruttare al meglio la scoperta, ma era stato solo dopo che avevo trovato il modo di utilizzarla al meglio.
D'altra parte, in quel momento avevo un serio bisogno di scale antincendio.
Feci un paio di passi verso l'orlo del tetto e da lì riuscii a guardare verso il suolo: ero a un'altezza di almeno 9 metri, poi fu il turno della distanza tra me e le scale. Non più di 2 metri. La scelta meno rischiosa era quella che mi si parava davanti agli occhi.
Cercai di concentrarmi il più possibile. Fissai il corrimano delle scale con così tanta insistenza che avrei potuto descriverlo a memoria per tutta la vita. Nonostante fossi sudato e il dolore pulsasse attraverso ogni ferita, mi sentivo lucido, calmo, e le mie mani non erano né scivolose né rigide. Ricordo ancora quella sensazione.
Dev'essere così che si sente un assassino prima di uccidere: letale, freddo e concentrato.
Ero un assassino per aver ucciso dei mostri? Se anche lo fossi stato, non credo che me sarei pentito.Lasciai cadere lo zaino oltre il tetto, facendogli fare un volo che, in quel momento, rischiavo di fare io stesso.
Dopo aver sentito il suono della caduta, mi preparai a spiccare il volo.Indietreggiare, prendere la rincorsa, saltare.
Tutti comandi che erano stati impartiti al mio corpo innumerevoli volte, durante i pomeriggi passati al parco o alle ore di Motoria a scuola. Ma nessuna di queste poteva eguagliare la tensione di quel momento.Dimenticai il sangue e, per alcuni istanti, rinchiusi in una gabbia di silenzio della mente il dolore e la confusione.
Dall'attimo in cui i miei piedi si staccarono dal suolo fino a quando non raggiunsi il punto di impatto passò un attimo. Durò pochissimo. Vorrei poter dire di aver visto tutto al rallentatore, e di aver anche avuto tempo di rivedere tutta la mia breve - e orribile - vita, ma non fu così: dopo un lasso di tempo irrisorio, afferrai due montanti della ringhiera con le mani.
Scivolai di una decina di centimetri, e per poco non persi la presa a causa dei riflessi incondizionati del mio corpo.Mi sfuggì un gemito e serrai gli occhi. Dopo poco li riaprii, rimanendo sconcertato dal lieve senso di vertigine che mi assalì. Nonostante tutto non mollai la presa: l'abisso era vicinissimo, ma io non avrei ceduto di un passo davanti a esso.
Con un paio di colpi di reni e la spinta muscolare - che avevo probabilmente ricevuto perché ne avevo avuto bisogno in quel momento - riuscii a tirarmi su e a ricadere sulle scale. Ricaddi di fianco, e non di schiena, per fortuna.
Quando mi rialzai, un giramento di testa mi colpì, e rischiai di cadere nuovamente. Ma mi sentivo ancora esaltato dall'adrenalina che scorreva come ossigeno nelle vene, così scesi le rampe di scale. Alla fine avevo il fiato corto.
Andai a recuperare lo zaino, e per un attimo mi stupii di averlo ancora con me dopo tutto quello che era successo.
Poi mi avviai velocemente verso il continuo del vicolo, che, ormai lo sapevo, mi avrebbe fatto arrivare a un'uscita.Mi voltai un'ultima volta verso l'edificio in fiamme. Una scia di fumo traditore si stava già innalzando nel cielo. Era completamente nera, in netto contrasto con il rosso vivo delle fiamme.
L'Inferno si è manifestato sulla Terra.
Angolo Autrice
Inizio questo piccolo monologo dicendo che non manca molto alla fine della storia. A breve il nostro caro semidio raggiungerà il Campo, dove narrerò alcune cose, per concludere questo libro.
Ma questo non è l'ultimo capitolo, per cui non intendo tediarvi con stupide frasi strappalacrime.
Mi scuso per la prolungata assenza, come al solito dovuta per la maggior parte alla scuola, che sta decimando il mio tempo.
Vi saluto e vi ringrazio.
A presto.
Ark
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Cronache di un Mezzosangue
Fanfiction"La vita di un mezzosangue è come la lama di un coltello: si divide in due parti, impossibili da guardare contemporaneamente." Gabriel ha sempre condotto una vita tranquilla, fatta di amici solari, dolce musica e preghiere tra le stanze dell'orfanot...