Una piccola fortuna

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Fino a quando una sola goccia di sangue scorrerà nelle tue vene, e un solo getto di ossigeno arriverà al cervello, dovrai lottare. La vita deve sempre rimanere il tuo principale obiettivo.

•••

Correvo alla velocità massima che mi permettevano le gambe e gli ostacoli del bosco. A giudicare dalla difficoltà di movimento, mi trovavo proprio a metà strada, e non era né un bene né un male.

Il verde del bosco si era trasformato: la sfumatura, un tempo smeraldina, si era infittita, lasciando spazio a un verde bottiglia, che formava un contrasto incredibile con i tronchi chiari.

Lo zaino continuava a rimbalzarmi sulla schiena, provocandomi una fitta di dolore ad ogni colpo, ma tenerlo tra le mani, con il rischio di dovermi fermare per raccoglierlo, era un lusso che non potevo permettermi.

Caddi un paio di volte, per poi rialzarmi pochi attimi dopo, più dolorante e allarmato di prima.

Per quanto la cartina e la segnaletica dicessero che stavo andando dalla parte giusta e che non mancasse molto ad arrivare, l'uscita del bosco ancora non si vedeva ancora. Avrei trasformato la cartina in cenere fine con un piacere non poco perverso.

Non ero mai stato una persona né ansiosa né propensa a farsi prendere dal panico. Eppure, in quel momento mi sentivo ansioso e sull'orlo di un attacco di panico. Non tentai nemmeno di calmarmi: non ci sarei riuscito, e, se invece la mia previsione si fosse rivelata sbagliata, non mi sarebbe servito a molto.

Pensai di avere un vantaggio abbastanza ampio sulla donna-serpente, ma non potevo esserne certo, visto che quella cosa non era umana.

Proseguendo, la vegetazione fece ciò che aveva fatto all'andata, solo al contrario.
Spostarsi diventò più facile e gli alberi diventarono sempre più radi: mancava ormai poco ad arrivare a destinazione.

Non sapevo ancora cosa avrei fatto una volta arrivato nel paesino. Probabilmente sarei fuggito di nuovo. Ma in quel momento l'importante era raggiungere la cittadina.

Non mi fermai nemmeno una volta per riprendere fiato. Non ebbi il coraggio di farlo, vista la vicinanza - perché ero certo che il mostro si fosse rialzato e fosse sulle mie tracce - della creatura.

Purtroppo, però, le mie precauzioni furono inutili. Il mostro mi raggiunse comunque.

Sentii un sibilo e un rumore alle mie spalle, e aumentai la velocità.
La creatura fu più veloce di me: in pochi secondi, mi attaccò da sinistra, e mi ritrovai a fissare il cielo a occhi sbarrati. Per un infinitesimale istante, mi ritrovai a pensare che il colore delle foglie fosse identico alle mie iridi.

Questa volta, lo zaino si allontanò da me, come le mie speranze di sopravvivere.
Atterrai sul fianco destro, digrignando i denti per il dolore.

Avevo ancora il coltello stretto nella mano sinistra. La donna-serpente utilizzò una delle sue code come una frusta, colpendomi  quella mano. Aprii la mano per riflesso, e la creatura approfittò di quell'istante per gettare la lama il più lontano possibile con una delle sue code.

Adesso mi trovavo a terra, immobilizzato e disarmato, impotente di fronte a quel mostro. Non avevo più nemmeno la forza di provare a rialzarmi.

La donna-serpente mi mise una mano sul collo e mi tirò su, finché il mio viso non fu all'altezza del suo. Le labbra le si incurvarono in un sorriso perfido e crudele.

In quel momento pensai a diverse opzioni. Pensai di urlare o di gridare aiuto, ma scartai l'idea: nessuno avrebbe potuto sentirmi. Pensai di tirare un pugno alla creatura, ma scartai anche questo: non ci avrebbe messo molto a scansarlo, e poi non ne avevo la forza. La voglia sì, eccome.
Il mostro strinse la presa sul mio collo.

Mi sentivo soffocare, non riuscivo più a respirare.
In questi casi, ricordai, a poco a poco, l'ossigeno non raggiunge più il cervello, i pensieri si fanno più confusi, tutto diventa scuro come una notte senza luna e senza stelle, e la morte ci trascina in modo doloroso verso il suo abisso.

Dovevo avere la faccia contratta in una smorfia di dolore e terrore, perché il sorriso della donna-serpente si allargò. I polmoni cominciarono a bruciarmi e la vista mi si annebbiò.

In un moto di disperazione finale, strinsi le mani attorno al braccio del mostro, tentando di farle mollare la presa, ma la mia forza risultò debole persino a me.

Ci siamo, pensai, è giunta la mia ora. Morirò come il mio migliore amico, ucciso da una donna-serpente per il semplice fatto di essere un mezzosangue.

Ma, in quel momento, successe una cosa davvero strana, che potrei quasi definire un miracolo, se solo fossi abbastanza religioso da farlo.

La faccia della creatura si contrasse in una smorfia di dolore. Digrignò i denti e lanciò un urlo acuto, indietreggiando. La sua mano lasciò il mio collo, esattamente un attimo prima che io avessi lasciato questo mondo.

Crollai per terra respirando a pieni polmoni. Tossii. Inizialmente, l'aria mi fece male, sembrò più affilata di una spada, poi, come se avessi trattenuto il respiro sott'acqua troppo a lungo, il piacere accecante dell'ossigeno prese il sopravvento.
Ero in condizioni pietose, ma se non altro ero vivo. E non mi ero mai sentito così gato per quello.

Dopo alcuni minuti, alzai la testa per capire cosa fosse successo al mio avversario. Era lì, a circa una decina di passi da me, che mi guardava con sguardo assassino, tenendosi il polso destro con la mano sinistra. C'era qualcosa di strano nella sua postura, così come nella sua espressione... che fosse paura?

Perché?
Non riuscivo a capire cosa potesse essere successo. Perché mi aveva lasciato andare?
Non lo avrebbe mai fatto di sua spontanea volontà. C'era qualcosa che non tornava, un'incognita necessaria per risolvere l'equazione.

Il mostro tolse la mano sinistra dal polso. Sul suo braccio c'era un piccolo rettangolo rosso acceso, che brillava come incandescente.

Tentai, per quanto mi fosse possibile, di nascondere le mie emozioni: mostrarmi stupito non mi sarebbe certo stato utile. Ma i miei pensieri lottarono sul mio viso, molto più visibili di quanto volessi.

Eppure, non avevo la minima idea di come la donna-serpente si fosse procurata quella ferita, che sembrava una bruciatura.

Mi osservai le mani.

E, in quel momento, capii cosa aveva procurato la ferita al mostro. Solo una cosa aveva quelle dimensioni.
L'anello.

I tasselli del mosaico si incastrarono tra loro con precisione, in un forte scatto che mi diede una pulsazione di dolore in tutto il corpo, che, però, non fece così male. Tutto tornava: quando avevo messo le mani sul polso del mostro, l'anello lo aveva bruciato.

Pur non capendo come potesse essere possibile, mi rialzai e, tendendo la mano destra davanti al corpo, feci per avvicinarmi alla donna-serpente. Una mossa fin troppo audace, ma che si rivelò decisiva.

La creatura sbarrò gli occhi e indietreggiò. Vedendo che continuavo ad avvicinarmi, mi sibilò contro e scappò via.

Attesi fino a quando non riuscii più a sentire il rumore delle code del mostro che strisciavano per terra

Poi caddi in ginocchio respirando affannosamente, con un solo pensiero chiaro in mente: il sangue scorreva ancora nelle mie vene.

Angolo Autrice
E anche oggi ho pubblicato, spero che il capitolo vi piaccia.
Questa volta voglio ringraziare sonia_jackson per aver votato tutte le parti della storia.
Spero che la storia ti sia piaciuta.
Inoltre, voglio ringraziare tutti. Perché? Perché abbiamo superato le 300 visualizzazioni e i 100 voti! Davvero, ragazzi e ragazze, vi ringrazio tantissimo! Non so come sia possibile che io abbia ricevuto tutti questi voti, ma vi ringrazio tantissimo.
Grazie. A tutti. Davvero.
Adesso chiudo questa parte con la cosa che oggi mi rende davvero felice (oltre a voti e visualizzazioni): oggi esce Lord of Shadows, di Shadowhunters! Inutile dire che farò in modo di far finire in mano mia quel libro al più presto.
E voi? Lo comprerete?
Vi piace questa saga? Io la trovo davvero bellissima.
Un saluto a tutti.
Ark_Gabriel_Jackson

Cronache di un MezzosangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora