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È autunno ormai. In Scozia da freddo. Il buio arriva presto, il fumo esce dai camini. La prima partita della stagione si sta avvicinando e Claudio passa praticamente tutte le sue giornate tra la palestra e il suo ufficio dove si guarda a ripetizione i video di vecchie partite.

Sono le 7 di sera ed ha appena finito di annotare un'ultima idea per i suoi ragazzi. Si infila la giacca di pelle sopra la felpa grigia. Chiude a chiave ed esce. Cammina per il campus. Gli piace lavorare lì perché è a contatto con i ragazzi della sua età che studiano o iniziano ad insegnare, anche se adora allenare gli adolescenti. I bar sono pieni di ragazzi che fanno tavolate tra amici e bevono birra o bevande calde con mezzo libro aperto. C'è un odore di pioggia forte nell'aria.
Si sta chiudendo la cerniera fino alla fine per ripararsi quando si ferma all'improvviso. In quel momento, dalla porta della biblioteca universitaria sta uscendo il suo incubo. L'ultima volta che lo aveva visto è stata quella sera al Submarine. C'era la partita di calcio. I loro occhi si erano incrociati un secondo, quando Mario era uscito velocemente dalla cucina per andare in bagno. Al suono della porta della cucina che si apriva, la testa di Claudio si era girata in automatico. L'immagine di Mario che lo aveva salutato in quel modo alla festa, ancora prepotente nella sua testa. Mario aveva corso in bagno chiudendosi la porta alle spalle.

Saranno stati dieci minuti. I minuti nei quali Claudio era stato davanti allo schermo con gli altri uomini attorno, ma con la testa, con una testa che non sa di avere, era andato dentro a quei bagni per vedere un solo uomo.

Perché lo odia ma quel lampo nero non si toglie dai suoi occhi cazzo. Ogni tanto gli è successa una cosa terribile di cui non vuole assolutamente parlare. Quindi andiamo avanti.

Adesso lo ha preso alla sprovvista. Che cazzo ci fa qui? Mario lo sta guardando dall'alto, dal primo scalino di pietra, con un libro in mano e una sigaretta pronta nell'altra. Stanno fermi così per un po'. Poi Claudio fa per andarsene. Mario corre giù per le scale senza pensare. "Aspetta".  Claudio si ferma un secondo di troppo. Colpa delle sue cazzo di gambe. Poi rinizia a camminare. Mario riesce ad afferrare la sua giacca. In realtà non sa nemmeno cosa gli vuole dire. "Dico a te". Claudio si gira incredulo scacciando il braccio di Mario malamente. "Che tocchi?". Mario alza gli occhi al cielo. "Tranquillo non ti infetto". Claudio nota la punta di dolore nei suoi occhi. Un po' si odia per questo. Sospira nervoso. "Che vuoi? Veloce, devo andare a casa". Mario sorride. "La moglie ti aspetta?". Queste cose fanno partire Claudio. "Beh? Che c'è di strano? Sono sposato. Ti piacerebbe avere una moglie che ti aspetta". Mario scoppia a ridere. "È il mio sogno proibito essere sposato con una donna", ride ancora, "però deve avere la barba e un cazzo, sennò non credo mi si rizzerebbe". Vede Claudio congelarsi. Un po' si odia. Lo sa che deve andarci piano con lui. Sospira. "Non importa che tu capisca, l'importante è che tu sia felice. Sei felice Claudio?".

Mario ha un'intelligenza sensibile che Claudio non conosce minimamente. Di quelle che ti spiazzano, di quelle che ti colgono impreparato, di quelle che Claudio non sopporta. A maggior ragione in questo caso.

"Ma che cazzo di domanda è?". Mario sorride. "Niente, solo un mio pensiero, lascia stare". C'è un po' di silenzio tra i due. "Vabbè io vado a casa sennò Sara mi uccide". Gli occhi di Claudio finiscono sul libro nella mano di Mario. Mario lo nota. "Pensavi che non sapessi leggere? Anche i gay vanno a scuola, ma stiamo dentro ad un recinto. Forse per questo non ne hai mai visto uno". A Claudio esce una risata involontaria. "Cretino". Tutto d'un tratto c'è un'aria differente. Non si sa perché. Mario non si lascia scappare questa occasione. "Mi mantengo facendo il cuoco ma ogni tanto seguo dei corsi e spesso vengo qui in biblioteca a leggere, soprattutto d'inverno". Claudio annuisce come se non avesse voluto quelle informazioni ma in fondo vorrebbe saperne di più. "Io sono laureato in scienze motorie ed ero una promessa del basket ma poi mi sono fatto male. Però ho sempre avuto la passione di allenare i più piccoli, mi dà soddisfazione vederli arrivare dove io non sono arrivato".

Silenzio. Mario è stordito dall'apertura di Claudio, dalla sua parte nascosta. Claudio non sa nemmeno se ha parlato lui. Arrossisce. Mario trattiene una risata mordendosi il labbro. "Esiste un Claudio buono allora". Claudio aggrotta le sopracciglia. "Tu non mi conosci. Adesso vado davvero". Si gira. E ok, Mario le tenta tutte, non ha voglia di salutarlo porca troia.

"Io e Niccolò ci siamo lasciati". Le fottute gambe Claudio, muovi quelle cazzo di gambe, che cazzo ti fermi coglione. Troppo tardi. Quel secondo di troppo, l'esitazione, la stessa di quando Sara disse. Ci sposiamo? La stessa ma completamente, drasticamente, odiosamente, opposta. A Claudio fa male la milza come se avesse corso chilometri. Non si gira. Poi però si incazza. "E a me che cazzo me ne frega?". Mario viene sorpreso dal tono di Claudio e la sua testa va leggermente indietro. "Non lo so... Era solo per dire... Non so quando ci rivedremo...". Il respiro di Claudio aumenta. "E allora?". Mario alza le spalle. "Non lo so Claudio, era per parlare, stai tranquillo. Pensavo lo sapessi già". Forse Sara gliel'aveva detto un giorno ma il cervello di Claudio, quando sentiva quel nome, in automatico andava da un'altra parte. "Perché cazzo avrei dovuto saperlo. C'è qualcosa di importante al riguardo?". Mario alza un sopracciglio. "Sì ma stai calmo perché la fai sembrare tu una cosa importante con questo atteggiamento". Dio se Claudio lo odia. I suoi pugni si stringono, ha voglia di picchiarlo. Sente il suo braccio gonfiarsi, alza gli occhi per mirare e poi vede il suo viso. Quelle linee perfette che circondano la sua bocca, quei ciuffi neri ribelli che non ascoltano nessuno e sente gonfiare da un'altra parte. I suoi occhi si allargano e il panico lo scuote. Non riesce a respirare. Mario nota il cambiamento sul viso di Claudio. Ma Mario non sa ascoltare se vuole qualcosa. "L'ho lasciato io, non è ciò che voglio".

Nero. Un lampo nero acceca entrambi quando il pugno di Claudio arriva sullo zigomo di Mario. Forte. Mario cade a terra. E anche il suo libro. Claudio si mette le mani nei capelli e corre via. Arriva alla sua macchina di corsa e di corsa apre la portiera e si chiude dentro. Non respira. Tira giù il finestrino ma niente. Aria, ha bisogno di aria. Non entra cazzo, non entra nei polmoni. E allora per sopravvivere alza una mano e si attacca al clacson. Forte. A lungo. Quello è il suo urlo. Piano piano si calma. Quel suono dura dei minuti nel parcheggio freddo.

Chiude gli occhi. Fa un grosso respiro. Si sente in colpa. Si sente in colpa cazzo. Mario ha soli ventiquattro anni. Non può reagire così cazzo. Ma che succede? Prima che possa decidere altro, apre la macchina per andarlo a cercare, almeno vedere se sta bene. Fa cinque passi, non di più. E poi dalla sua sinistra arriva un colpo nel pieno del suo viso, sul suo naso. Claudio quasi cade ma riesce a stare in piedi. Le mani sul suo naso, cazzo. Due mani lo afferrano per la giacca. Il furore nero lo guarda negli occhi. Mario più grande, Mario più forte, lo guarda con odio.

"Nessuno mi picchia testa di cazzo. Io sono cresciuto per difendermi, quelli come te me li mangio a colazione. Impara a riflettere su chi sei prima di alzare le mani. Non farlo mai più". Va via.

Fiori d'arancio nel nero di seppia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora