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Voi che sempre con me. Buon Sedici stelline. Lori.

Quella frase era rimasta incastrata tra le scapole di Claudio. O forse quei baci. Meglio dire che Mario è incastrato tra le sue ossa. È riuscito a far passare due giorni, non di più.

È così che oggi, Claudio si ritrova a fissare gli attrezzi della palestra del campus, di strada verso il suo ufficio. Lui stava camminando per il corridoio, affiancando la parete di plexiglas che mostra le persone che si allenano, chi più, chi meno, chi guarda il cellulare. Senza farlo a posta, mentre lui andava per la sua strada, ha sentito un soffio caldo andare verso il lato opposto e, su quel tapis roulant che costeggia la parete, per un secondo si è immaginato Mario correre ed incrociare il suo sguardo tra i ciuffi umidi di sudore. E quindi con le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta si è fermato con la fronte sulla plastica dura ed ha chiuso un secondo gli occhi. Ha risentito tutto quello che quel vicolo nasconde, ha risentito la sua voce cantare.

"Tutto bene?". Claudio apre gli occhi spaventato dai colpi dall'altra parte della parete. È imbarazzato, si guarda attorno. "Sì, tutto bene". Va nel suo ufficio. Accende la tv, prova a concentrarsi ma si ritrova a girare sulla sedia, a mordere la penna, a muovere la gamba con impazienza.

Allo stesso modo si ritrova in macchina verso la follia.

Arriva al Submarine. Oggi Claudio non ragiona, è impossessato, è maledetto. Entra. Qualcuno lo riconosce. Cazzo. Questi ostacoli di realtà lo rendono insicuro, gli urlano di smetterla. Ma appunto oggi non può andare così. Oggi si segue altre sensazioni. Oggi non si pensa. "Ehi, ciao, sono venuto a prendere qualcosa da mangiare al volo... Vado ad ordinare in cucina". Lo liquida così.

Prima di entrare davvero nella cucina si ferma davanti all'oblò. Lo vede. Va avanti e indietro, aggiunge sale, butta qualcosa in padella, si pulisce le mani sul grembiule, si asciuga il sudore con il dorso della mano, beve un po' d'acqua. Perché?

Claudio a questa domanda non troverà mai risposta, solo inutilità nel porsela.

Entra. Mario parla dandogli le spalle. "Isabel ti ho detto mezz'ora, sono passati solo cinque minuti. Ho solo due mani". Claudio sorride appoggiandosi con una spalla al frigo.
"Vuoi che ti aiuto?". La padella viene appoggiata con forza. Mario si gira. Lo vede lì, come se niente fosse, con una mela in mano e gli occhi diversi. "Claudio?". Mario d'istinto si pulisce le mani e si sistema i capelli sotto lo sguardo di Claudio. Claudio lancia la mela in aria e la riprende al volo. "Sì, mi chiamo così".

Mario aggrotta la fronte. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. "Che ci fai qui?". Claudio fa di nuovo quel gesto con la mela. Mario vede quella mano grande afferrarla con sicurezza e poi. Poi Claudio lo guarda un secondo e addenta quella mela. Mastica. Mario sbatte le palpebre qualche volta, si fissa su quelle labbra carnose che si muovono, sul pomo d'Adamo che sporge e poi torna indietro. I suoi ciuffi tornano giù.

"Sono venuto a chiederti il numero. Come avevi detto tu".

Certo. Giusto. Ovvio. Dio.

Mario sorride perplesso. "Dai non mi prendere in giro Claudio". Si avvicina all'oblò e guarda fuori. "Sei venuto con Sara ad ordinare?". Non vede nessuno. Torna a guardare lui che scuote la testa. "Sono solo, Sara è fuori con delle amiche. Sono venuto per avere il tuo numero. Me lo dai?".

La bocca di Mario si socchiude appena. Torna verso i fornelli senza avvicinarsi minimamente a lui. Forse ha paura di essere impazzito. Toglie alcune cose dal fuoco e intanto parla. "Senti Claudio non so cosa ti sei messo in testa ma se vuoi giocare hai sbagliato persona. Credevo avessi capito che...". Si gira e se lo ritrova negli occhi, a pochi centimetri. È così sereno, fermo, sicuro.

"Mi dai questo cazzo di numero o ti devo pregare Mario?". La sua voce è bassa. "Se vuoi che ti prego dimmelo subito perché mi metto in ginocchio, qui davanti a te". Gli occhi di Claudio vanno in giù, verso non si sa dove, verso cosa guardi quando sei in ginocchio. Mario sente le gambe perdere forza. Fa caldo. Non fuori, dentro, dentro fa caldissimo.

"Claudio... Ma che...". Claudio oggi non esiste, esistono solo le sue emozioni. E forse qualcuno ne dubitava ma quando Claudio dice di provare, non hai scampo. Scosta l'indice dalle altre dita e con questo afferra l'indice di Mario. Lo circonda con un movimento lento, sfiorando, pelle asciutta contro pelle asciutta.

Pelle d'oca su pelle d'oca.

"Che c'è? Mi devo mettere in fila per averlo?". Si avvicina ancora un po'. Ma senza toccarlo. Lo tocca solo con la punta del dito che smuove tutti gli organi e scioglie tutti i muscoli. E anche con il suo sussurro, anche con quello lo tocca sulla pelle del collo. "Non vuoi che ti mando dei messaggi quando ti penso?".

C'è un baratro dove si cade. È fatto di velluto, di seta, di fango, di cioccolato fondente, di nuvole. È una sensazione di vuoto che non fa paura, che ti toglie un nome, che ti rende cieco. È un attimo.

La mano di Mario si stringe forte attorno a quella di Claudio. Chiuso. E l'altra lo prende da dietro la testa perché di qualcosa bisogna respirare e Mario trova subito aperto, all'istante. È subito che le loro lingue si trovano. È ansimare perché ti sembra che più a fondo non puoi andare, che più di così sulla parete non lo puoi spingere. È ansimare perché un bacio non basta, perché ho voglia di toccarti, ho voglia di ucciderti. È trascinarsi fino alla dispensa e far cadere qualsiasi cosa ma nessuno li sente perché il mondo è sempre occupato.

È che uno guida l'altro ma non saprei dirvi chi. È cambiare perché io ti voglio spogliare quanto tu mi vuoi avere.

Via la giacca, via la felpa. Claudio è solo con la maglietta. La luce dalla cucina illumina appena ma quegli occhi neri li vedrebbe anche nel buio profondo. Lo tranquillizzano, gli danno calma e adrenalina. Mario si ferma a guardarlo. Gli tira indietro i capelli. Gli tira lentamente su le braccia e gliele piega all'indietro. I bicipiti e i gomiti al lato della sua testa, le mani si afferrano naturalmente ad uno scaffale di metallo. Le nocche perdono di colore. Claudio respira forte. Mario è più grande ora.

"Guardami negli occhi Claudio. Stai tranquillo. Non faccio niente che tu non voglia". Claudio annuisce silenzioso. Mario entra con le dita sotto la sua maglietta, appena sopra i pantaloni. Lo bacia con le labbra. Fa un piccolo passo e preme leggermente il suo piacere contro quello di Claudio che sussulta e si irrigidisce appena. Mario invece di spaventarsi lo prende alla sprovvista e infila anche l'altra mano sotto la maglietta, afferrando forte la schiena di Claudio e spingendosi di più sopra di lui.

È che non c'è spazio per pensare quando il cuore si incatena al piacere, al desiderio.

Un urlo soffocato di Claudio che stringe lo scaffale fino a farsi male. Di nuovo quegli occhi neri. Quella voce bassa.

"Non te lo nascondo. Sto per mettermi in ginocchio, abbassarti i pantaloni, poi i boxer. Poi tu devi chiudere gli occhi Claudio. Puoi fare questo per me?".

Claudio è in una tortura di emozioni ma non potrebbe mai dire di no. Annuisce.

Mario lo bacia sulla guancia.

Mentre con le mani sta già cercando di entrare dentro ai suoi pantaloni, gli sfiora il collo con le labbra.

"Puoi fermarmi quando vuoi. Ma te lo sconsiglio Claudio". Sorride mordendogli appena la pelle. "Te lo sconsiglio davvero".

Giù.

Fiori d'arancio nel nero di seppia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora