17

6.4K 539 43
                                    

Avete mai provato? A fidarvi di un mondo nuovo, di terre sconosciute, di lingue straniere? Avete mai provato a chiudere gli occhi e ad abbandonarvi all'aria, sperando che qualcuno vi prenda? Ci vuole follia per pensarlo, coraggio per iniziare a farlo e poi.

Poi ci vuole terrificante verità per non smettere di volerlo.

Claudio gli occhi li chiude. Perché quando bacia Mario lui si tuffa in un mare di giustizia. Arriva in quel magazzino con passione. Il corpo non mente. E lui lo sente. Lo sente perché lo scaffale che stringe con tutta la sua forza è reale. Era metallo freddo e ora è madido di sudore. Quando vede quei due occhi neri nel buio, non ha il tempo di riflettere, sente solo il respiro aumentare e la voglia di questa cosa riempire la stanza.

Quando sente Mario dirgli cosa sta per fare sente che esiste il grigio, è bello vivere nel grigio e lasciare il bianco e nero ai film di vecchia data.

Lo vede andare giù, sente le sue mani toccarlo e sente i piedi informicolarsi. Chiude gli occhi. Non è una sensazione così nuova in fondo. Le bocche non hanno sesso. Nella mente di Claudio questa è una sicurezza. Deve essere la stessa sensazione.

Sbagliato.

Le bocche non hanno sesso ma hanno un nome. Hanno una personalità. E tu ti innamori o sei attratto della personalità che prende vita attraverso la voce, attraverso i baci, attraverso gli occhi. 

Non serve a niente chiudere gli occhi Claudio. Lasciarsi andare è l'azione che richiede più controllo in assoluto.

E infatti è un pelo che cambia tutto. Il momento in cui il pelo della barba di Mario sfrega sull'intero coscia di Claudio. Crolla tutto. Chi sei, cosa vuoi, cosa mi fai. Le mani di Claudio afferrano i capelli di Mario.

"Fermati".

Mario stava per tirare giù i suoi boxer e si ferma. Alza le mani come per far vedere che non è armato, che non vuole guerra, che capisce la difficoltà. O almeno fino ad un certo punto. Claudio si tira su i pantaloni, con fretta, con impazienza. Mario si tira su.

"Che succede?". Claudio non lo guarda. Non riesce a trovare il buco della cintura. Non risponde. Mario gli ferma le mani nevrotiche. "Claudio". Al tocco di Mario la temperatura corporea di Claudio è scesa di due gradi.

La paura è gelida.

"Lasciami". Spinge via le sue mani e si gira di lato per finire di chiudersi i pantaloni senza averlo di fronte. Mario sospira e si sfrega la fronte.

"Capisco che sia difficile Claudio. Però io so che tu lo vuoi dentro di te. Sennò di cosa stiamo parlando?".

Claudio sorride amaramente mentre si richiude un bottone. "Ma chi cazzo sta parlando? Faccio le cose e non so nemmeno come. Stavo per farmelo succhiare da un uomo. Ti rendi conto?".

No. Esistono due tipi di parole al mondo. Quelle che sì e quelle che no. E queste sono no.

Mario gli blocca quegli stupidi gesti dementi sui vestiti, girandolo a forza e facendolo barcollare. Gli punta un dito addosso. La sua voce è bassa, sibilante.

"Fai come cazzo vuoi. Stai con una donna, non stare con me. Ma non ti permettere Claudio. Non ti devi permettere di trattarmi come se fossi una cosa da usare, un buco dove infilare". Spinge ancora di più con il dito e si avvicina a lui. Claudio continua a non guardarlo.

"Puoi non guardare in faccia la realtà ma sei venuto qui di tua spontanea volontà. Sei arrivato con la voglia di me. Adesso sparisci".

Mario esce dalla dispensa incazzato e torna ai fornelli. Dopo poco sente la porta sbattere e la presenza di Claudio venire meno. Fa un grosso respiro. Pensava che oggi lo avrebbe potuto assaggiare di più, sentire i suoi ingredienti, uscire dal sogno. È un malessere fisico ormai, la voglia di Claudio, di provare il suo fisico, vedere come gli sta addosso.

Finisce il turno odiando il mondo, torna a casa, non dorme, si gira e si rigira. Pensa e ripensa. Lui lo vede nei suoi occhi, lo sente nei suoi baci. Ogni tanto piange sotto il cuscino, così tra sé e sé.

Poi quando è stremato, sciupato e con poche speranze, pensa una cosa. E solo il pensiero gli fa venir voglia di uscire in quel momento e andarlo a cercare ma non può. Claudio è a letto con sua moglie. E allora come gli altri giorni, si addormenta sperando di svegliarsi in un mondo diverso.

Il giorno dopo Mario si sveglia sicuro. Vivo. Con un scopo ben preciso. Bisogna rischiare nella vita.

Nel pomeriggio il buio arriva presto. Chiude il libro che sta leggendo, raccoglie le sue cose ed esce dalla biblioteca. A quest'ora dovrebbe essere nel suo ufficio. Ogni passo che fa è un brivido che sale. Perché nell'aria lo sente.

Percorre il corridoio, vede la luce uscire dal vetro della porta. Lo vede lì che legge qualcosa. Ripensa a cosa gli ha detto il giorno prima. Lo vuole avere ben stampato in mente. Apre come se niente fosse e si siede sulla sedia di fronte, mettendo i piedi sul tavolo.

"Ciao Claudio".

Claudio lo guarda incredulo e scocciato. Scocciato dal vuoto allo stomaco. "Che ci fai qui?". Mario porta le mani sulla zip del giubbotto e guardandolo la tira giù lentamente. "Passavo da queste parti". Claudio lo osserva mentre si sfila le maniche, toglie i piedi dal tavolo, butta indietro la testa appoggiandola sullo schienale mettendo in mostra quel collo saporito e guardando il soffitto.

"Stanotte ho pensato sai". Sorride. Claudio non riesce a concentrarsi bene. È distratto dalla vena sul collo di Mario che pompa sangue e chiede vita.

"Ho pensato che quella bocca di merda che ti ritrovi la devi imparare ad usare se non ti vuoi ritrovare con il naso rotto un'altra volta". Lo dice tranquillo e sereno.

Claudio spiazzato. Mario continua a guardare il soffitto. Muove appena la sedia in qua e in là. Sente che la replica sta arrivando.

"Zitto. Fammi finire". Non lo guarda ma lo conosce. L'aria inizia ad essere più intensa, inizia ad essere tangibile.

"E poi ho pensato ancora. Ho pensato che se devi imparare ad usarla tanto vale farlo nel modo giusto". Lo cerca con gli occhi e lo trova subito. Torna al soffitto. Le sue mani si spostano appena più in giù.

"Ho pensato che voglio delle scuse e che voglio anche te. Ho pensato che ieri ho sbagliato Claudio, mi devi perdonare ma anche per me è la prima volta in una situazione del genere".

Mette la testa diritta e lo fissa dal profondo del suo dolore. Sì perché fa male tutto. Si alza e gira intorno alla scrivania. Gira la sedia di Claudio che ha perso qualsiasi capacità di reazione. Mario gli fa questo effetto.

Di fronte all'inevitabile ha senso reagire?

Mario lo guarda dall'alto e forse non si capisce, ci si sofferma sui modi arroganti, sui mezzi. Ma questo momento è pieno d'amore. E infatti a Mario scende una lacrima mentre si apre la cintura e si sbottona i jeans. Anche Claudio piange.

Fa quello che fa Mario perché non sa che altro fare.

"Ho pensato che devi accettare il mio corpo Claudio perché io il tuo già lo posso amare. E forse è tutto sbagliato ma devi vedere con i tuoi occhi come reagisco alla tua bellezza, devi toccare con le tue mani, devi voler mangiare la mia voglia di te. Perché sennò di cosa parliamo?".

Claudio continua solo a piangere mentre osserva Mario abbassarsi leggermente i jeans e rendersi così fragile, così vero. E in quel momento lo sa. Mentre vede quel lembo di pelle apparire, mentre ha di fronte agli occhi la paura più grande della sua vita, si sente leggero.

Come se avessero attaccato la spina, come se stesse vedendo la terra da fuori.

Sente le sue mani muoversi e prendere i fianchi di Mario. Lo bacia appena sotto l'ombelico mentre il suo cuore è quasi fermo, sta cambiando canale, sta per buttarsi senza sapere.

Quello che dice guardandolo prima di partire per questo viaggio, è vero.

"Ho paura di farti male".

In quel senso, in tutti i sensi. Mario lo sa. Ma bisogna rischiare, bisogna chiudere gli occhi e abbandonarsi nell'aria.

Fiori d'arancio nel nero di seppia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora