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Cinque settimane dopo.

Claudio era uscito da quella cucina imprecando e abbassandosi di livello per ripulire la sua immagine di fronte al gruppo di padri interdetti. "Quella checca ci penserà due volte in futuro". Aveva fatto ridere la banda con qualche battuta ed era uscito senza pagare. Claudio è uno che si adatta, che piace alla maggioranza.

Ogni tanto un lampo nero l'aveva scosso senza che lui se ne accorgesse.

Le settimane successive le aveva passate tra allenamenti intensivi, lavoro sulla squadra, serate tranquille con Sara e poco più.

Mario, la bellezza di Claudio, l'aveva notata nel primo istante. Inutile affermare il contrario. Claudio ha una bellezza che si insinua dentro, fatta di linee grosse e ben marcate, di voler sapere come sarebbe senza vestiti dal primo istante in cui lo vedi. Ma niente di strano. Mario vede spesso bei ragazzi per mano alla loro ragazza. Uno spreco, e continua per la sua strada.

Oggi Sara fa una cena.

"Chi hai detto che viene?". Claudio è scocciato, non ha voglia. "Claudio ma sei ancora in accappatoio? Guarda che stanno per arrivare". Sara corre da una parte all'altra. Claudio è rientrato dall'allenamento pochi minuti fa sotto minaccia di sua moglie. Si era scordato assolutamente questa cosa organizzata da lei di cui non si ricordava praticamente un cazzo. Tra due settimane, cena, un po' di gente, la torta. Poi le due settimane sono passate e lui si è fiondato in doccia senza nemmeno sapere per cosa. Tra le urla di Sara ha capito che è una cena per presentare la casa. Adesso è con l'accappatoio, ancora bagnato, mentre Sara schizza tra forno e lavello isterica. Il campanello suona mentre sta andando in camera a vestirsi. "Claudio cazzo vai te io non posso", Sara dalla cucina. Mmm fanculo. Si guarda, guarda la camera ad un passo, guarda la porta, forse se fa veloce... Ma suonano un'altra volta. Fanculo. Si tira su il cappuccio. Va alla porta. Apre.

Mario e Niccolò sono partiti da casa con Niccolò che ha dovuto trascinare Mario. "Dai non mi lasciare solo. Andiamo veloce e poi usciamo. Se fai il bravo ti porto a ballare dopo". Convinto. Per strada si erano stappati una birra. Suonano. Aspettano. Suonano ancora. Sentono dei passi. Mario sente un sibilo leggero tra le costole. La porta si apre. Mario è dietro al muro rispetto a Niccolò. Lo vede solo salutare e una mano che si allunga. Sa di chi è. Niccolò entra.  Tocca a lui. Fa un passo, si gira e si ritrova di fronte alla porta.

Ok. Detto sinceramente, va bene che è etero, ma se apri in accappatoio te le cerchi. Poi. Va bene che Mario sta con Niccolò ma i suoi occhi non stanno con nessuno, non lo sono mai stati. Magari staranno. Poi. Quella goccia che ti scivola sul collo va così lenta. Vedo il tuo pomo d'Adamo muoversi.

Si guardano. "Che ci fai a casa mia?". Claudio non si sposta dalla porta. "Sono stato invitato da tua moglie. Ci parli ogni tanto o parli solo a gesti o indicando con la clava?". Claudio alza un sopracciglio. Sorride. Sorridono anche i suoi pettorali leggermente scoperti. "Questa è anche casa mia fenomeno. Potrei decidere di non farti entrare dopo quello che mi hai fatto". Mario alza gli occhi al cielo. "Guarda mi faresti un favore. Scusa per quella cosa. In effetti è molto meglio essere deriso e giudicato per il proprio orientamento sessuale che ricevere un hamburger a forma di cazzo. Spero tu un giorno possa perdonarmi". Sorride con sarcasmo. La mano di Claudio si stringe attorno alla porta. "Ma che ti avevo fatto io scusa?". Mario si avvicina un po'. "Sai con chi vai in giro vero? Quei cinquantenni depressi e alcolizzati con cui stai, vanno in giro a picchiarli quelli come me". Il corpo di Claudio si riduce un poco. Un lampo nero passa nei suoi occhi veloce. "E che cazzo c'entro io?". Mario vede sincerità nei suoi occhi. In effetti, nemmeno lui sa di preciso perché se l'è presa con lui in particolare. Si guardano un secondo di troppo. Mario distoglie lo sguardo. "Ti ho chiesto scusa. Basta. Ne stai facendo una tragedia inutile. Rimani un omofobo del cazzo ma ti lascio in pace". Si avvicina per entrare. Ma Claudio si scorda di doversi spostare e se lo ritrova alla stessa altezza, ad un soffio.

Gli occhi di Mario cadono. Per forza. È una legge fisica. Cadono nella fessura dell'accappatoio nero che mostra il primo addominale. Gli occhi di Claudio cadono seguendoli. Per un secondo, cadono entrambi e poi il mondo tuona. "Claudio". Sara urla dal salotto. Claudio sussulta e si gira coprendosi all'istante e chiudendosi in camera.
Mario rimane su quella porta in un un universo parallelo durato l'istante in cui ha visto dentro gli occhi di Claudio. Entra.

Sara ha invitato: Niccolò e Mario, tre sue colleghe, una delle quali accompagnata, la vicina di destra con la famiglia, la madre single di quel ragazzo che allena Claudio. Cibo in abbondanza, la cucina italiana non tradisce mai. Informale. Gente in piedi col calice. La porta del giardino aperta. Chi esce a fumare, chi si siede sul divano col piatto. Lei è brava in queste cose.

Claudio appare dalla camera dopo un tempo considerevole. È bello mammamia. Una semplice camicia bianca su dei jeans perfetti. Scarpe nere. Entra e si presenta alle varie persone. Arriva da Sara e l'abbraccia da dietro baciandole il collo. "Scusa, sei stata bravissima". A Sara esce un sorriso. Lei lo ama. Le dice delle cose all'orecchio e la fa ridere con le guance arrossate. Con quelle mani grandi le cinge la vita.

Mario si chiede cosa le stia dicendo.

"Mi ascolti!?". Mario si gira distratto. "Come?". Niccolò ripete. "Mi ha scritto Tom, ci troviamo tra tre quarti d'ora davanti al Seven. Dany viene?". Mario controlla il cellulare. "Sì". Mario prende una sigaretta e va fuori a fumare. L'accende. "Hai un accendino?". Claudio arriva al suo fianco. Mario lo guarda un secondo di traverso. "Che fai, mi copi le battute?". Percepisce il sorriso di Claudio. Gli passa l'accendino. Fumano un po' in silenzio. "Mia moglie mi ha obbligato a trattarti bene. Sennò dormo sul pavimento". Le sopracciglia di Mario si inclinano in giù. "Cosa farei per meritarmi si essere trattato male? Solo perché sono gay? Potrei farti arrestare Claudio". Claudio continua fumando tranquillo in piedi accanto a lui. Guarda le stelle. "No, non sono così. Non mi hai fatto una buona impressione, tutto qui, non perché sei gay. E in più...". Mario gira il suo corpo verso Claudio. "In più cosa? Il fatto che sia gay peggiora la situazione?". Claudio butta la sigaretta e si mette le mani in tasca. Si gira lentamente verso di lui. Si guardano un secondo di troppo.

"In più sento i tuoi occhi puntati addosso sempre. Smettila". Rientra dentro.

Mario rimane lì a fissare il vuoto. Non ci siamo. Per niente. Questo mix di strana tensione etero e poi farlo sentire come se fosse il ragazzino gay che non può avere quello che vuole perché gli piace la cosa sbagliata. Anche no.

"Nicco andiamo". Niccolò guarda l'ora. "Ma ancora è presto". Mario sbuffa. "Dai basta. Ho voglia di uscire". Ora sente lui gli occhi puntati addosso, ne è sicuro. Se lo trascina via lui questa volta. Niccolò ride mentre cerca di salutare alla meno peggio la gente nella stanza e sua cugina. Sara si volta di nuovo verso il vassoio che sta preparando. Claudio appoggiato al mobile accanto a lei, guarda nella loro direzione. Niccolò si gira verso la porta per uscire. È un attimo.

Mario che segue Niccolò, si gira verso Claudio, si afferra il pacco, stringe due volte con convinzione mentre lo manda a fanculo con il dito medio. Sparisce.

Fiori d'arancio nel nero di seppia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora