Capitolo 41

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La sera arrivò con le ore che volavano via quasi come se fossero giorni. Stavo aspettando da tanto mia mamma, erano le sette e mezza di sera, l'orario che lei mi aveva dato e che mi aveva garantito di rispettare. Avevo chiesto a Ethan di uscire un po' prima dal mio appartamento per avere il tempo di sistemare le stanze e per riuscire anche a contattare Gracia e scongiurarla di uscire con i suoi amici fino a tardi in modo tale da lasciarmi completamente sola con mia mamma.

Da brava figlia che ero, le avevo anche preparato da mangiare, sapevo benissimo che sarebbe tornata stanca e affamata da lavoro e farla stare meglio era il mio primo obiettivo in assoluto.

Controllavo l'ora sul telefono, sull'orologio attaccato sul muro in cucina e tenevo anche d'occhio i programmi televisivi, visto che sapevo gli orari di ciascuno di loro. Sotto camera mia, come sempre, grazie al box di Ale, potevo godere anche di una insopportabile canzone che continuava ad essere ripetuta all'infinito senza mai riuscire a venire bene almeno una volta.

Nella band di Ale i ragazzi erano davvero bravi, peccato che tra di loro non si riuscivano ad intendere, certe volte, e quello si rifletteva sulla loro musica, che diventava un qualcosa che non si poteva nemmeno sentire.

Qualcuno suonò alla porta e finalmente mi alzai dal divano per correre verso l'ingresso dell'appartamento e spalancare la porta.

Il volto affaticato ma sorridente di mia mamma comparve immediatamente davanti a me, e io non feci nemmeno in tempo a salutarla che ero già ad abbracciarla e a stringerla forte a me, come se non l'avessi vista da lunghissimi mesi. Per quanto potesse sembrare assurdo, la mia vita senza di lei era vuota.  O comunque, ero convinta del fatto che ciascun ragazzo, quando arrivava il momento di andarsene di casa, si sentiva portare via un pezzo di sé.

Tipica cosa dell'adolescente era quella di non vedere l'ora di andarsene e di andare a vivere da solo, e quindi avere una propria indipendenza, insomma, poter fare ciò che gli pareva. Peccato che la realtà spesso e volentieri non coincideva con la fantasia che ci si tendeva a creare, e di conseguenza si cominciavano ad avere le prime mancanze. Mancavano i genitori, le loro azioni quotidiane, magari anche quelle che davano fastidio e che facevano cominciare male la giornata. Mancava la propria casa, quella in cui si aveva passato buona parte della propria vita, condividendo tantissimi ricordi. Ci si sentiva vuoti, sperduti in una realtà quasi difficile da realizzare al cento per cento.

Per quel motivo, ogni volta che mia madre veniva a trovarmi esultavo, od ogni volta che avevo la possibilità di tornare a casa, lo facevo senza nemmeno pensarci troppo. Era come tornare alla mia vecchia vita, alla mia solita routine da liceale.

<< Tesoro>> sussurrò mia madre, appoggiando le buste della spesa a terra per stringermi a sé:<< Non mi aspettavo un benvenuto così caloroso>> rise.

<< Mi sei mancata. Sembra che non ci vediamo da un sacco di tempo>> le dissi, afferrando qualche busta per aiutarla. << Ho chiesto a Gracia di lasciarmi la casa libera, così possiamo cenare da sole, come ai vecchi tempi, e parlare delle nostre cose>>

<< Non potevo chiedere una serata migliore di questa>> sorrise stanca.

Entrammo nel mio appartamento e lasciai mia mamma a riposare sul divano mentre sistemavo la spesa. Lei amava vedere la televisione. La amava ancora di più quando i rapporti con papà non si erano ancora affievoliti. Era bello passare per caso davanti alla porta del salotto, fermarsi e vedere mamma e papà, abbracciati l'uno all'altra, che ridevano, scherzavano o facevano ipotesi riguardanti i loro telefilm preferiti.

'I miei vecchietti preferiti' li avevo soprannominati in modo affettuoso, nonostante non sembrasse proprio carino come soprannome.

Le cose per mia mamma erano cambiate, ma non era sparita la sua indomabile voglia di seguire le serie tv tipo C.S.I Miami e simili. Anzi, ne seguiva anche di più rispetto a prima.

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