Capitolo 54.

13.4K 801 208
                                    

I pensieri muoiono nel momento in cui prendono forma le parole. ( Schopenhauer)

L'inverno ormai si faceva spazio con le sue folate di vento gelido e gli alberi spogli. La tristezza e il silenzio regnavano nel mio locus amoenus, dove l'erba verde estiva era sparita, il cinguettio degli uccellini era stato sostituito dal suono fastidioso di un corvo. Insomma, si vedeva benissimo che l'inverno non era la stagione fatta apposta per me. Certo, il tè caldo e la sensazione confortante delle coperte calde con la consapevolezza che fuori nel frattempo faceva freddo, erano le uniche cose che mi davano la forza di non andare in letargo per svegliami in primavera.

Tutti questi elementi però non impedivano al mio posto isolato dal mondo di rincuorarmi e a darmi ispirazione in tutte le cose che amavo. Le parole di Schopenhauer erano illuminanti per me, mentre ero circondata da un paesaggio che contribuiva a rendere quella lettura ancora più significativa.

E non solo, entrambi erano anche in grado di farmi riflettere sui miei pensieri e sui miei problemi. Avevo mille domande in testa alle quali non avevo ancora trovato una soluzione.

E fu proprio per quel motivo che presa dalla rabbia e dalla curiosità, ebbi il coraggio di afferrare quel telefono e di chiamare quel numero che nella rubrica del telefono mi faceva così tanta paura. Aspettai una risposta, il telefono squillava.

L'ansia si sentiva eccome, e il silenzio attorno a me era così evidente che sentivo il mio battito cardiaco aumentare velocità di accelerazione.
<< Pronto>> rispose al telefono, ma quella non sembrava la voce di mio padre. In realtà, non era nemmeno una voce maschile, ma femminile:<<... Con chi parlo?>>

Non mi ero nemmeno resa conto del fatto che non avevo aperto bocca da quando la donna aveva risposto al telefono. Avevo paura. Avevo paura che ormai mio padre avesse cambiato numero e che tutti i miei dubbi non avrebbero mai trovato una soluzione.

<< Sì, salve. Sono Desirè, posso parlare con Umberto Benedetti?>> domandai.

<< Ciao cara, purtroppo Umberto al momento è in ufficio, sta parlando con un suo cliente. Vuole lasciargli un messaggio?>> chiese la signora.

<< Lei è la sua segretaria?>>

<< No, sono la moglie, ma può lo stesso fare affidamento su di me>> disse e fu in quel momento che chiusi la chiamata senza nemmeno voler lasciare un messaggio a quell'uomo.

Sentirle dire 'sono la moglie' era stato un duro colpo per me, che dopo anni non avevo ancora digerito la separazione dei miei genitori. Quelle semplici tre parole avevano aperto una ferita anche fin troppo grande che in quel momento necessitava di essere chiusa.

Ero una ragazza forte, che in momenti come quelli piangeva fino allo stremo e poi si costruiva una corazza ancora più forte di quella precedente. Avevo bisogno di me stessa, di proteggermi dalle cose che potevano farmi del male.

Ma quel giorno la situazione era davvero complicata, e sentivo che solo una persona sarebbe stata in grado di darmi la forza di cui avevo davvero bisogno, ovvero Ethan.

Misi le mie cose nella borsa e mi avviai verso l'ospedale in cui lui stava. Camminavo velocemente, come se vederlo fosse una cosa urgente, necessaria al mio umore prima che le lacrime cominciassero a rigare il mio volto.

Camminavo, ma non guardavo nemmeno dove stavo andando. La mia testa era talmente piena di pensieri che mi distoglieva completamente dalla realtà.

<< Daisy...>> qualcuno mi chiamò e mi voltai di scatto per vedere chi fosse:<<... Non è più di moda salutare?>> domandò Tommy sorridendo.

STARLIGHT 2 ( MOONLIGHT)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora