Epilogo

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Sette mesi dopo.

Quando ero piccola ed avevo gli incubi, mi bastava soltanto andare nel letto di mio padre e sentire le sue braccia che mi stringevano. Adesso le cose erano cambiate: non potevo più correre da lui, quando, nel bel mezzo della notte, mi svegliavo sudando ed urlando perché sentivo le sue mani strette intorno alla mia gola. Er costretta ad alzarmi e girare nel piccolo appartamento dove abitavo, finché non mi calmavo e provavo a dormire. Ma poi mi risvegliavo a causa dello stesso incubo.

Quando Ethan e Stassie mi avevano accompagnato in aeroporto, mi avevano detto di lasciare a loro il mio telefono, siccome avrebbe sicuramente chiesto a Jacob di provare a rintracciarlo, e di cancellare ogni mio profilo social per lo stesso motivo. Grazie all'aiuto di Joseph e Victoria, avevo comprato un nuovo cellulare e comprato un piccolo appartamento che is trovava vicino alla mia nuova scuola. Purtroppo avevo perso troppo tempo, siccome per parecchio, non riuscivo ad uscire di casa senza avere paura della mia stessa ombra, quindi avrei dovuto ripetere l'anno. Non era un problema, avrei recuperato in fretta.

Fu Stassie a dire a mio padre quello che era successo, assicurandosi che sapesse che stessi bene, ma comunque fu il primo che contattai quando comprai il mio nuovo cellulare. Mi disse che casa nostra fu il primo posto dove andò a cercarmi, distruggendo completamente il salotto quando aveva scoperto che non ero lì. Era poi toccata alla casa di Cameron, e fui molto dispiaciuta di aver trascinato loro due in questa situazione. Nessuno dei due sapeva esattamente dove mi trovassi, Ethan aveva detto che meno cose avessi rivelato, meno opportunità avrebbe avuto di trovarmi. Quando Cameron finì la scuola, lui, i suoi zii mio padre, si erano trasferiti in California da Gina, la madre del mio fratellastro. Una sera, io e papà abbiamo passato delle ore a piangere perché lui mi aveva detto di sentire di nuovo qualcosa per il suo primo amore, ma che avrebbe sempre voluto bene a mia madre. Ma se lui era felice, perché non potevo esserlo anche io per lui?

Parlando della mia vita ad Amsterdam, probabilmente sarei ancora persa senza l'aiuto di padre e figlia. Lui mi aveva aiutato moltissimo dal punto di vista fisico e mentale, dandomi piccole lezioni di autodifesa. Solo grazie a lui trovai la forza di uscire di casa. Lei mi aveva aiutato dal punto di vista emotivo, aiutandomi a capire che non ero responsabile di nulla e che le persone come lui, hanno bisogno di imparare ad amare sé stessi e poi gli altri.

Al terzo mese della mia permanenza, avevo trovato un lavoro che mi avrebbe di pagare il mio piccolo appartamento. Joseph si era rivelato molto deluso da me, dicendomi che se avessi avuto bisogno di soldi, gliene avrei potuto chiedere quanti me ne servivano. Ma io volevo la mia dipendenza ed autonomia, e gli fui grata per avermi dato i miei spazi. E mi sentivo in colpa per aver approfittato della loro ospitalità per tre mesi. Tuttavia, entrambi mi venivano a trovare spesso, siccome avevano la seconda chiave del mio appartamento.

Per questo motivo, quella sera, quando tornando a casa da lavoro, vidi le luci accese in soggiorno, non mi preoccupai più di tanto. Entrai in casa, poggiando le chiavi sul mobile accanto alla porta. Stranamente non c'era nessuno in soggiorno. Il cuore iniziò a battermi forte nel petto, mentre una strana sensazione di nausea sembrava avvolgermi.

Avrei dovuto capire che le cose stavano andando fin troppo bene per poter essere giunte ad una conclusione, avrei dovuto capire che la fine che meritavo sarebbe arrivata da lì a poco. Come avevo fatto a non pensare al fatto che non sarei potuta sfuggire da Bradfort?

Sul tavolino davanti al divano, c'era una birra aperta e completamente vuota. Victoria non beveva birra e Joseph non avrebbe mai osato entrare in casa mia e prendere le cose dai miei cassetti. Sua figlia mi aveva rivelato che temeva sempre di trovare qualcosa che on avrebbe dovuto trovare, infatti chiedeva sempre il permesso quando doveva prendere qualcosa dalla sua camera.

Sulla tastiera del divano, c'era una mia maglia. Non una maglia qualsiasi, ma quella che indossavo la sera che ero scappata via. Sul divano c'era il segno che qualcuno si era seduto ed alzato da poco. Come avevo solo pensato che mi avrebbe lasciata andare senza combattere?

Indietreggia, ma andai a sbattere contro qualcosa di troppo morbido per poter essere una parete o un mobile. Inoltre, un profumo troppo spaventosamente familiare mi aveva avvolto. Due braccia si strinsero intorno ai miei fianchi, con la stessa forza e possessività che non sentivo da sette mesi e che speravo di non dover sentire più. Una risatina agghiacciante risuonò per tutta la stanza, facendomi capire che era tutto reale e non uno dei miei incubi.

-Dove pensi di andare, Luna? Possibile che tu non abbia ancora capito che sei mia?-

Mi aveva trovata.


Tranquille, c'è il sequel. E volevo chiedervi se qualcuno sa fre o conosce qualcuno che può crearmi una copertina per la storia. Grazie mille. 

Just a possession/Grayson DolanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora