16.

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  Rebecca inizia a correre verso il molo, così velocemente che faccio quasi fatica a starle dietro. Pochi minuti fa una barca Sassone è entrata nella baia di Kattegat e a bordo di essa ci sono sicuramente Ragnar e Ivar. Sono passati mesi dalla loro partenza. Per quale motivo sono già di ritorno?
  Arriviamo al molo e vediamo Ubbe e Sigurd sorreggere il fratello minore mentre alcuni vichinghi tengono a debita distanza i sassoni, utilizzando delle lance. Appena arrivati davanti a noi la mia amica si fionda al collo dell'amato ma di Ragnar non c'è traccia. Un brivido di impazienza e ansia mi sale lungo la colonna vertebrale. Ho un bruttissimo presentimento. <<Martha, vieni>> mi urla Sigurd attirando la mia attenzione sventolando la mano sopra la testa. Riporto l'attenzione alla barca e agli uomini terrorizzati su di essa; solo uno di loro sembra a suo agio. È un uomo alto e grosso dai capelli brizzolati e una insipida barba grigia, gli occhi neri come la notte e una profonda cicatrice che parte da sopra l'occhio destro e arriva fino al mento. La sua espressione tranquilla si trasforma in un ghigno quando i nostri sguardi si incontrano. Ho passato così tanto tempo con i sassoni che riconosco quello sguardo. Mi avvicino alla nave tenendo lo sguardo alto su di lui. <<Dov'è re Ragnar?>> gli chiedo nella sua lingua. Per un attimo l'espressione dei cristiani diventa di totale stupore. <<Come conosci la nostra lingua?>> mi chiede un altro dai capelli rossi come la barba. <<Ho vissuto in Wessex abbastanza da conoscere la vostra lingua>> rispondo osservando le facce sconcertante degli uomini davanti a me. <<Ora rispondete. Dove si trova il nostro Re?>> chiedo ancora, e l'uomo sfregiato amplia il precedente ghigno e dà l'ordine di togliere gli ormeggi. <<I vostri falsi Dei vi hanno abbandonato>> urla, così che io lo possa sentire mentre si allontanano.  

  Mentre Rebecca concentra tutta la sua attenzione su Ivar, mi siedo al tavolo. Non riesco a levarmi dalla mente le parole di quell'uomo. Una mano mi sfiora il collo e alzo la testa velocemente. <<Ti sono rimasti i segni. Mi spiace davvero Martha>> si scusa Ubbe accarezzandomi i lividi violacei di qualche giorno fa. Si sente davvero in colpa per ciò che è successo al capanno di caccia. <<Non ti devi preoccupare Ubbe. Era la rabbia che controllava le tue azioni>> lo rassicuro prendendogli la mano tra le mie.
  <<Ivar, dov'è nostro padre?>> gli chiede Sigurd appoggiando le mani al tavolo dietro di lui. Il minore dei figli di Ragnar rimane zitto, prendendo alcuni sorsi di birra. Si passa la mano sul viso e stringe la mano alla ragazza accanto a se. <<Re Ecbert lo ha consegnato a Re Aelle sapendo che lo avrebbe ucciso>> risponde alzando lo sguardo su Ubbe. Io e Sigurd ci scambiamo lo stesso sguardo. Conosco entrambi i re sassoni citati da Ivar. Sono due uomini potenti e a capo di grandi eserciti. Re Ecbert è saggio e astuto, mentre Re Aelle è sanguinoso e potente.
<<Perché lo avrebbe fatto?>> gli chiede il maggiore con una punta di curiosità nella voce.  <<Che importanza ha? In questo momento nostro padre sarà già morto. E noi dobbiamo vendicarlo>> risponde Ivar passando lo sguardo su tutti noi. Sigurd, che fino ad ora mi stringeva a se, si avvicina al fratello minore. <<C'è una cosa che devi sapere>> dice e aspetta il consenso per informare il senz'ossa. <<Ubbe?>> lo chiama Ivar per la troppa ansia, ma lui non gli risponde. <<Martha?>> alzo la testa quando sento il mio nome. Non avrei problemi a dirgli della morte della madre ma non sono la persona più adatta per farlo. Sopratutto visto che la colpa è anche mia. Apro la bocca per dire una qualunque scusa ma Sigurd mi precede. <<Nostra madre è morta. È stata Lagertha ad ucciderla>> a quelle parole il blu ghiaccio degli occhi di Ivar si fa più scuro. Appoggio le mani sulle sue spalle cercando un modo per consolarlo. So cosa sta passando e non ci sono parole che possono alleviare il dolore. Appoggia la nuca al mio petto e mi torture con l'indice la pellicina accanto all'unghia del pollice. So che sente il battito veloce del mio cuore e spero che non sospetti mai che la freccia scoccata, che ha ucciso sua madre, fosse mia.

  Le luci danzano come fiamme fioche, gettando ombre distorte su un panorama surreale. Mi ritrovo su un sentiero senza fine, dove il suono delle mie impronte è soffocato dallo stridio dei corvi che scrutano dall'alto. Davanti a me, l'ombra di Ragnar si staglia contro il cielo notturno, un'immagine distorta che si mescola con le fronde degli alberi contorti. I suoi occhi brillano di un fuoco antico. Ragnar mi guarda con uno sguardo che raggela trascinandomi in un turbine di dubbi e paure. Sento il peso delle sue parole pesare sulle mie spalle come una pietra tombale, la mia colpa incisa nel tessuto stesso del mio essere. Nel suo sguardo, vedo il riflesso di una verità oscura e inquietante, una storia di tradimento e sacrificio che si srotola come un rotolo di pergamena al vento. Le sue parole risuonano nell'aria come un'eco lontana, un sussurro di verità nascosta e destino ineluttabile. <<Hai infranto il sigillo del tuo destino>> mormora con voce bassa. <<Hai gettato la tua anima nell'abisso dell'inganno>>. Mi trovo intrappolata in una spirale di rimorso e disperazione, il mio spirito imprigionato dalle catene del passato. Mi agito nel buio, cercando una via di fuga ma, abbassando lo sguardo mi rendo conto di essere circondata da serpenti. Le loro spire mi stringono le gambe, impedendomi di avanzare, e le braccia. Avverto i loro morsi sul corpo, l'odore del sangue e del veleno che mi attraversa la testa. E mentre il suono dei corvi si fa sempre più forte, sento la presenza della morte avvicinarsi, il suo respiro gelido che mi accarezza la pelle come una carezza d'addio. La sua ombra si allunga su di me come un mantello funereo, avvolgendomi in un abbraccio eterno.

Mi metto a sedere di scatto sul letto. Le coperte sono a terra e il mio corpo pervaso di sudore e brividi. E' ancora notte fonda ma non credo che riuscirò a dormire ancora.


*****


  Alzo la spada e paro il colpo di Rebeka con facilità. Cerca di attaccarmi dal lato destro ma con una piroetta mi sposto colpandola con la lama sul sedere. <<Sei troppo lenta>> la prendo in giro saltellando da un piede all'altro. <<Hai promesso a Ivar che al suo ritorno saresti stata in grado di batterti con lui, ma se continui di questo passo diventerà vecchio prima di riuscire a combattere con te>> rido ancora e faccio roteare la spada all'indietro. Rebeka si mette in posizione di attacco e stringe impugnatura della spada con entrambe le mani. <<Imparerò prima o poi >> dice a denti stretti prima di muovere dei passi veloci e alzando la spada. <<Invece di canzonarmi, perchè non parliamo del tuo sogno?>> mi chiede bevendo lunghi sorsi d'acqua dalla sua borraccia. <<Ti ho già raccontato quello che avevo da dirti Rebeka>> rispondo, approfittando di questo momento di pausa per fare un po' di riscaldamento e sciogliere i muscoli del collo che sono rigidi. <<Chiederemo all'indovino o a mia madre>> afferma tornando verso di me, cercando di tenere la spada alzata davanti a se. <<Preferisco andare da tua madre>> rispondo divertita mettendomi in posizione. Quando è lei in posizione di attacco non faccio la minima fatica, ma quando ad attaccare sono io devo metterci tutta la mia buona volontà per andarci leggera. 

Quanto grugniranno i porcellini ascoltando le sofferenze del vecchio cinghiale.
Sento questa frase come se fosse un sussurro portato dal vento. Mi guardo in torno e abbasso la guardia permettendo a Rebeka di graffiarmi una spalla. Porto la mano libera sulla parte sanguinante liberando un gemito di dolore. <<Ti ho fatto male?>> urla preoccupata lasciando cadere la spada a terra. Scuoto la testa rassicurandola, ancora confusa dalla voce che ho sentito. <<Hai sentito anche tu?>> le chiedo guardandomi intorno. <<Cosa?>> chiede preoccupata per la mia spalla. <<Quella voce>> rispondo guardandola confusa. <<Io non ho sentito nessuna voce>> risponde e nello stesso momento, proprio dietro di lei, vedo una ventina di corvi. Le loro piume nere sembrano lucide grazie ai pochi raggi del sole mentre i loro occhi scrutano attenti la zona. E poi, in una frazione di secondo, tra la boscaglia, compare un uomo coperto da un lungo mantello nero e con un bastone alto tanto quanto lui. Sembrerebbe un uomo normale se non fosse per l'assenza dell'occhio destro e i corvi che lo circondano. <<Odino>> sussurro e con un tonfo secco la mia spada colpisce la terra. <<Martha Halvorsen. Ragnar Lothbrok è morto, ucciso da Re Aelle>> dice alzando il braccio verso di me. Alcuni corvi si alzano in volo e si scagliano contro di me. Istintivamente porto le mani davanti al viso e mi accascia a terra.
<<Martha? Martha? Che ti prende?>> spalanco gli occhi e mi accorgo che Rebeka mi sta scuotendo. Mi alzo lentamente sconvolta <<che mi prende? Odino mi ha appena detto della morte di Ragnar e mi ha scagliato contro i suoi stramaledettissimi corvi>> urlo isterica mentre spalanca gli occhi come se stessi parlando la lingua dei sassoni. Mi appoggia la mano destra sulla fronte. <<Hai davvero visto Odino?>> chiede ma le afferro la mano allontanandomi di qualche passo da lei. <<Ragnar. E' davvero morto>> sussurro passandomi le mani sul volto respirando velocemente. 


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