8.

968 46 4
                                    


  Raggiungo la spiaggia insieme a Ivar e gli tengo compagnia mentre i fratelli stanno in acqua. Pian piano sto sbollendo la rabbia ma ancora adesso sento un fastidio dentro. Nella testa ho ancora la frase che Hvitserk mi ha detto ieri sera; "provo qualcosa per te". Se davvero è la verità, perché sarebbe stato con la schiava? Mi stuzzico le pellicine intorno al pollice, sapendo che prima o poi inizierò a sanguinare.
Devo trovare qualcosa da fare, non importa cosa ma devo distrarmi da tutto sto casino. Srotolo le pellicce, stendendole a terra e mi sdraio sopra una di questa osservando il cielo azzurrino. Un falco vola a molti metri sopra di me, sbattendo le ali con una grazia impensabile. Un falco è fortunato, può andare dove vuole, fare ciò che vuole.. gli basta spiccare il volo ed è libero, non è più legato a niente e nessuno sulla terra ferma. L'unica sua compagna è l'aria e sa che non la tradirà mai.
Chiudo gli occhi immaginando di essere da un'altra parte.
  Le risate dei fratelli di Ivar si stanno facendo sempre più vicine e, aprendo un occhio. Incrocio le braccia sotto la testa godendomi il momento di relax. Li vedo avvicinarsi, tutti con i pantaloni e a torso nudo ancora gocciolanti. Si stendono sulle pellicce vicino alle nostre, poste in cerchio. Ma questa volta, la vista di lui non suscita solo gioia. Credo che lo sappia che io so che è stato con un'altra, lo sento nel modo in cui evita il mio sguardo, nel modo in cui i suoi passi sono meno sicuri del solito. 
  <<L'avete avuta tutti, perciò la voglio anche io>> afferma all'improvviso Ivar accanto a me <<A chi ti riferisci?>> chiede Hvitserk con la voce divertita, facendo finta di niente. <<Quella schiava>> risponde il più piccolo facendomi sbuffare e arricciare il naso. <<E' una serva e ha un nome. Anche se non ricordo qual' è>> dice Ubbe con tono duro. <<Si chiama Margrethe>> gli risponde Sigurd con tono sognante. <<Sei sicuro?>> chiede il più grande ricevendo un suono di approvazione da parte del precedente. <<Nome o non nome la voglio avere anche io>> si intromette Ivar. <<Non è difficile averla>> questa volta è Hvitserk a parlare <<Già, è una schiava non ci vuole niente per ordinarglielo>> dico un po' disgustata ma Ubbe mi "rimprovera" <<Non è una schiava, è una persona. Dobbiamo chiederglielo>> si spiega in fretta. Scuoto la testa infastidita sulla piega che ha preso questa conversazione.<<E cosa gli chiederai? Ehi ti va di andare a letto con il nostro fratello storpio, per favore?>> dice Ivar facendomi chiudere gli occhi con forza, non vedendo l'ora che questa conversazione finisca. <<Glielo chiederò, ma non ti assicuro nulla>> risponde secco. <<E' una schiava, non devi chiederglielo. Basta dirgli di farlo. È obbligata a fare ciò che gli dite>> intervengo tirandomi su, reggendomi con le braccia. Nessuno mi risponde finche Hvitserk non si sdraia su un fianco, guardandomi <<Ma perché ti stai comportando così? Cos'hai contro di lei?>> chiede difendendola. Stringo gli occhi in due fessure e faccio per alzarmi ma Ivar mi afferra il polso. Con un brusco strattone molla la presa e mi allontano di fretta, imprecando in una lingua che loro non conoscono. Ora come ora potrei uccidere chiunque mi venisse a cercare, ho bisogno di stare da sola.

  Recupero la spada di mio padre e, per sfogarmi, inizio a muovere la spada a vuoto come se stessi combattendo con precisione contro un avversario immaginario. Un attacco dall'alto, uno da desta, una parata dal basso e un affondo. Muovo i piedi come se stessi seguendo un percorso sul terreno. Sono arrabbiata, furiosa, e la gelosia brucia nel mio petto come una fiamma inestinguibile. Ogni pensiero di lui con Margrethe è come una lama che mi trafigge il cuore, e l'unico modo che conosco per placare questo tormento è combattere, anche se contro il nulla.
La spada sibila nell'aria mentre eseguo colpi rapidi e precisi, immaginando un avversario invisibile di fronte a me. Ogni fendente è un grido muto di frustrazione, ogni affondo una domanda senza risposta. Mi muovo con agilità, i piedi che affondano nel terreno umido, il sudore che inizia a mescolarsi al freddo dell'aria. Ogni movimento è una danza selvaggia, un tentativo disperato di liberarmi del dolore che mi consuma.
  In un momento di pausa, respiro affannosamente, la spada puntata verso il basso. Chiudo gli occhi, cercando di trovare un centro di calma dentro di me, ma l'immagine di lui con Margrethe è troppo vivida, troppo dolorosa.
  Riprendo ad allenarmi con ancora più vigore, ogni muscolo teso nello sforzo. Il clangore immaginario delle spade che si scontrano riempie la mia mente, creando un ritmo quasi ipnotico. Mi immergo completamente nell'esercizio, cercando di dimenticare, di lasciar andare. Ma non è facile. Ogni volta che la spada fende l'aria, la rabbia torna, rinnovata. Mi sforzo di ricordare le lezioni di mio padre, la sua calma, la sua forza. Ma oggi mi sento lontana anni luce da quella serenità che lui incarnava.

  <<Non mi hai dato una spiegazione>> sento la voce di Hvitserk e mi volto. È appoggiato con le spalle a un albero e tiene le braccia incrociate al petto. Abbasso la spada, respirando profondamente. <<Non sono affari tuoi>> rispondo con durezza stringendo la mano intorno all'elsa. <<Sei gelosa, ma anche se sono stato con lei vale ancora quello che ti ho detto l'altra sera>> dice tenendo la testa bassa.
  Qualcosa scatta dentro di me e muovendosi velocemente mi scaglio su di lui. Si sposta appena in tempo e la mia lama va a conficcarsi nel tronco contro cui era appoggiato. Sollevo un piede mettendolo contro la corteccia, in modo da fare leva per togliere la spada incastrata nell'albero. Mi volto verso di lui. Ha un'espressione confusa, non si aspettava che lo avrei attaccato. <<Martha, posa la spada e parliamone>> parla lentamente, alzando le mani davanti a lui <<No! Non ho niente da dirti>> urlo sollevando l'arma.  <<Prendi l'ascia>> lo intimo puntando la spada verso di lui ma scuote la testa. <<Non voglio farti del male>> sussurra e mi muovo ma, senza accorgermene, si sposta arrivando dietro di me. Mi stringe le braccia intorno alle spalle e la spada mi scivola di mano. << Lasciami andare Hvitserk>> grido, dimenandomi. Senza il minimo sforzo mi solleva da terra per poi farmi sdraiare a pancia in giù. Stringe le mie braccia dietro la mia schiena. <<Stai esagerando, non sei tu questa. Smettila di opporre resistenza. Io tengo a te non a lei. È solo un passatempo, tu sei tutto per me. Senza te, non sono niente>> mi sussurra all'orecchio con voce ferma. Mi mordo la guancia cercando di controllarmi. Quando si accorge che il mio respiro è tornato regolare mi sussurra ancora. <<Ti sei calmata?>> chiede e annuisco. Afferra le mie spalle, facendomi girare a pancia in su. È praticamente seduto sui miei fianchi. Mi solleva le braccia sopra la testa e avvicina il viso al mio. <<Martha, ti giuro che quello che provo per te non ha niente a che vedere con quello che sento per lei>> dice e sento il suo respiro caldo sul viso. <<E cosa provi?>> chiedo guardandolo negli occhi. Il suo sguardo si posa sulle mie labbra e fa un mezzo sorriso. <<Per lei è solo attrazione. Per te... Da quando eravamo bambini, hai sempre avuto un posto speciale nel mio cuore. Sei stata la mia amica, la mia confidente, ma il mio cuore ha sempre desiderato di più>> ammette. Libero una mano, portandola al suo collo. Gli accarezzo i capelli sulla nuca prima di tirarlo verso di me. Le nostre labbra si uniscono subito in un contatto voglioso. Fa scorrere le mani sui miei fianchi, poi giù fino alle cosce. Ci allontaniamo per riprendere fiato. <<Resta da me stanotte>> sussurro, accarezzandogli il viso. Hvitserk accetta e mi rialzo, raccolgo la spada e la rimetto nel fodero.


Come il sole e la luna  //Conclusa E Corretta//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora