29.

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  Osservo il corpo di Sigurd nella barca e mi si stringe lo stomaco. Inizio a sperare che questo sia davvero solo un brutto incubo. Spero di riaprire gli occhi e di trovarmi a casa mia.
Ho perso più persone lontane dalle battaglie che durante uno scontro.
Zio Floki si rifiuta di parlare di Helga e Ivar ha deciso di restare in silenzio, lontano da tutti e tutto. Se non lo conoscessi bene mi chiederei se sia invaso dai sensi di colpa o se voglia semplicemente evitare i suoi fratelli. Rebeka è l'unica che gli sta vicino, senza temere ripercussioni di alcun tipo. Diverse volte mi ha riferito che Ivar vuole vedermi, parlarmi. Ma io ho sempre rifiutato. Ivar è pentito, glielo si legge negli occhi. Ma nonostante questo si può vedere anche una sorta di sollievo, come se si fosse tolto un peso dallo stomaco dopo molto tempo.

  Ubbe scavalca un lato della nave e si china vicino al fratello. Appoggia al suo fianco un'ascia e alza lo sguardo. La sua espressione cambia da tristezza a rabbia ed i suoi occhi si fanno scuri. Mi volto. Non lontano da noi vedo Rebeka che si avvicina lentamente, sorreggendo Ivar che cammina strisciando i piedi. Tutti gli occhi sono puntati sul giovane storpio e, per la prima volta dopo molti anni, lo vedo piangere. Una sola lacrima gli solca la guancia sinistra.
Per molte ore, questa mattina, Rebeka lo ha trattenuto nella loro tenda facendogli "il discorso della vita" come lo ha definito lei poco dopo. Non so cosa si sono detti, ma forse le parole della mia migliore amica sono riuscite a scalfire una parte del ghiacciato e rancoroso cuore del suo amato.

  Stringo tra le mani il mio scudo, o meglio, quello che Sigurd mi aveva regalato quando sono partita con mio padre. Ricordo come se fosse ieri quel momento. All'epoca questo scudo rotondo, riportante sopra ascia e piuma bianche su campo rosso, pareva così grande e difficoltoso da sollevare. Gli promisi, sul molo, che sarei tornata solo quando fossi stata capace di sollevarlo sopra la mia testa. Mi porto lo scudo alle spalle, agganciandolo al sostegno che porto sulle spalle. Prendo dalle mani di Hvitserk lo scudo del fratello e muovo alcuni passi incerti verso la riva. Con l'aiuto di Ubbe entro nella barca piena di omaggi e oggetti per Sigurd e per gli Dei.
Mi inginocchio accanto al corpo del mio amico. Appoggio il suo scudo vicino al suo braccio destro e gli accarezzo la fronte con le punte delle dita. Osservo l'oggetto che gli ho appena portato. Il verde dello sfondo risalta contro il serpente in bianco, proprio come il suo mistico occhio. <<Che le valchirie ti guidino nel Valhalla. Che tu possa riabbracciare il tuo amato padre>> sussurro vicino al suo orecchio prima di lasciargli un bacio sulla tempia.
Vorrei che le cose fossero andate diversamente. Vorrei essere stata in grado di fermare Ivar dal lanciare la sua ascia. Ma non l'ho fatto, e il rimorso mi accompagnerà per lungo tempo.

****


  Sto vicino all'ingresso della grande tenda. Ho bisogno di restare vicino ad una fonte di aria fresca. Nessuno dice nulla, neanche Rebeka che già da se odia il silenzio.
Pochi minuti fa ha iniziato a piovere, anche se non fortissimo. Mi piace l'odore e il suono della pioggia, mi ha sempre dato un senso di pace. Da bambina potevo restare alla finestra intere ore a guardare la pioggia cadere. Mamma diceva che erano le lacrime di un gigante.
  <<So cosa state pensando tutti>> esordisce ad un certo punto Ivar, facendomi voltare il viso nella sua direzione. Anche se sono fuori dalla tenda, sotto la tettoia di pesante stoffa, posso vedere all'Interno. E' seduto al tavolo, accanto alla mia amica, e tiene le mani incrociate davanti a se. <<Non è vero. Non volevo ucciderlo. E' stato lui a farsi uccidere>> mi sposto un po' per far entrare Bjorn e torno a guardare fuori, scuotendo la testa, prendendola tra le mani. <<Mi ha deriso, si prendeva gioco di me. Cosa avrei dovuto fare? Che razza d'uomo schernisce e dice bugie sul suo stesso fratello?>> continua con tono pacato ma viene interrotto da Hvitserk, seduto davanti a lui, al capo opposto del tavolo. << E che bugie avrebbe detto?>> gli chiede. Anche lui è stanco di questa situazione. <<Beh lo sai anche tu Hvitserk>> ribatte Ivar e, questa volta, a parlare è Ubbe che si trova in penombra dietro il minore dei suoi fratelli. <<Diceva che non sei un vero uomo>> il tono del maggiore mi fa capire che vuole mettere un punto a questo discorso. <<E che cosa avresti fatto se l'avesse detto a te Ubbe?>> insiste Ivar con il tono di voce alterato. Ubbe preferisce non rispondergli e sbuffo. Le cose peggiorano giorno dopo giorno. <<Avrebbe lasciato perdere. Perché tra fratelli è così che funziona Ivar. Si scherza, ci si prende in giro>> ribatto alzando la voce abbastanza da farmi sentire. Dal mio tono si può chiaramente intuire che anche solo rivolgergli la parola mi fa innervosire. <<Cosa ne sai tu di cosa significa avere un fratello?>> mi risponde tra i denti e anche se non lo vedo so il suo sguardo freddo è su di me. Intravedo Hvitserk che cerca di alzarsi, forse per affrontare il fratello minore ma Bjorn lo rimette a sedere appoggiando le mani sulle sue spalle.
  <<Giuro sugli dei e su tutto ciò che ho di caro che non era mia intenzione ucciderlo. La rabbia mi ha sopraffatto. Non ragionavo più e mi dispiace veramente>> si giustifica ancora dopo diversi minuti di silenzio.
Non so se credergli o meno. Insomma, avrebbe fatto qualsiasi cosa per non avere il fratello tra i piedi. Lo detestava, lo infastidiva sentirlo suonare e cantare. Con la nascita di Ivar Aslaug si è quasi dimenticata degli altri figli; il suo pensiero fisso era Ivar. E di questo, Sigurd in primis ne ha sofferto. Ma non ha mai odiato il fratello minore per le attenzioni speciali che riceveva. Ma crescendo, Ivar si è dimostrato viziato e aggressivo con il prossimo e con la madre stessa. Sigurd non lo ha mai accettato e voleva a tutti i costi dimostrargli che non era speciale, migliore dei suoi fratelli. Il suo buon intento gli si è ritorto contro.
Quando vede che nessuno gli dice niente prende il suo elmo e scende dalla sedia, iniziando a strisciare davanti a me e poi fuori dalla tenda. Si ferma un attimo guardandomi da sopra la spalla. Resta serio ma non ha lo sguardo di uno che vuole continuare questa battaglia. Abbassa lo sguardo e si allontana.
<<Non puoi lasciarlo al comando del grande esercito>> sentenzia ad un certo punto Ubbe, rivolgendosi a Bjorn, avvicinandosi al tavolo. <<Devi pensarci tu Ubbe, sei tu suo fratello maggiore. Te ne devi occupare tu>> ribatte Bjorn molto seriamente. Ormai non si sente più responsabile del problema, lui andrà nel mediterraneo con Halfdan.
Tamburello le dita sulla gamba, agitata. <<A questo punto, io tornerò a Kattegat. Avvertirò Lagertha della vendetta per vostro padre e della sconfitta dei sassoni e tutto il resto>> prende parola re Harald che fino a quel momento è rimasto in silenzio ad osservare la scena come uno spettatore esterno.
Bjorn concorda con lui.
  Mi alzo svuotando il calice dall'ultimo sorso di birra e cammino con passo svelto verso il tavolo e appoggio il calice ormai vuoto su di esso. <<Io vi lascio. Devo fare una cosa>> affermo con un respiro profondo. Ho preso una decisione e forse me ne pentirò. <<Dove vai?>> chiede Hvitserk prendendomi il polso. Gli lascio un bacio sulla fronte e sorrido. <<Da Ivar, non voglio lasciarlo solo>> gli sussurro, così che solo lui mi senta. Hvitserk raddrizza la schiena visibilmente preoccupato ma lo rassicuro. <<Tranquillo tesoro, non succederà nulla>>.

  Guardo in continuazione il sentiero impervio per non cadere. Ivar si è rifugiato come al solito sulla scogliera, lo faceva anche a Kattegat. Se ne sta tranquillo, almeno apparentemente, con le spalle curve e le gambe stese al suo fianco. Lo sguardo di ghiaccio fisso verso l'orizzonte. Mi sono sempre chiesta cosa pensasse in quei momenti. Se era semplice desiderio di scoperta o brama di potere.
Mi siedo accanto a lui arricciando il naso. <<Sai, quando eri molto piccolo piangevi sempre>> inizio senza guardarlo, mantenendo l'attenzione sulle leggere onde mosse dalla brezza. <<Anche all'ora eri fastidioso. Ma almeno ti lamentavi per un motivo. Soffrivi dal dolore e nulla riusciva a placarti. Anche se ero piccola anche io, ricordo che ti cantavo delle canzoncine cercando di farti calmare e tu mi stringevi un dito>> continuo e sento il suo sguardo su di me. <<Perché mi racconti questo?>> chiede osservandomi meglio, corrugando le sopracciglia e voltandosi nella mia direzione.
  <<Quando stavi male nessuno sapeva come aiutarti, eri troppo piccolo per parlare>> lo ignoro e mi sistemo meglio tra l'erba un po' secca. <<Una sera mi sono avvicinata a te e ti ho accarezzato la fronte. Tu hai stretto la mano intorno alla mia. Ti ho sussurrato: "tranquillo Ivar, finché ci sono io non starai male". Dopo hai smesso all'istante di piangere>> faccio un profondo respiro e volto il viso verso di lui. <<Non ne ho memoria>> afferma guardandomi negli occhi. Sorrido dolcemente abbassando lo sguardo. <<Non puoi, eri troppo piccolo>> Ivar mi stringe la mano e mi chiede di raccontarli altri ricordi.
Mi mordicchio il labbro inferiore e inizio a pensare. <<Una volta mi hai lanciato un sasso in testa, anche se non ho mai capito il perché>> dico ridacchiando e lui mi segue divertito. <<Ivar, io sarò sempre dalla tua parte, finche non mi costringerai altrimenti>> gli dico prendendogli le mani nelle mie e diventando improvvisamente seria. Mi ringrazia con lo sguardo.
  <<So che non volevi uccidere Sigurd>> affermo dopo avergli raccontato altro.
Disegno dei cerchi immaginari sul dorso della sua mano. <<Tu sarai sempre con me vero?>> mi chiede stringendomi tra le sue braccia. Accarezzo la sua schiena e nascondo il viso tra la sua spalla e il collo, annuendo leggermente.

Come il sole e la luna  //Conclusa E Corretta//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora