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  Eccolo, di fronte a noi. L'enorme esercito di Ivar si estende come una gigantesca distesa di acqua nera, forte e crudele, pronta a travolgere ogni cosa. Il rumore delle armature che sfregano e delle armi che tintinnano riecheggia nell'aria gelida, creando un'atmosfera carica di tensione. Dalla parte opposta del terreno di battaglia, c'è il nostro esercito, l'ultima linea di difesa contro la conquista di Re Harald.
  Oggi il sole ha deciso di nascondersi, lasciando il cielo coperto da grandi nuvoloni grigi che si muovono rapidi sotto la spinta del freddo vento del Nord. Sembra quasi che gli Dei cerchino di non vedere questo giorno, preferendo chiudere gli occhi di fronte all'orrore imminente.

  Stringo lo scudo nella mano, avvicinandolo il più possibile al mio corpo, sentendo il peso del legno e del metallo contro il petto. Se mi succedesse qualcosa, Lagertha si sentirebbe direttamente colpevole per non avermi tenuta al sicuro. Con la coda dell'occhio distinguo Bjorn alla mia destra. La sua mano è stretta con forza sul manico della spada, e posso quasi giurare di vedere le nocche diventare bianchissime, come se il sangue stesso fosse congelato dalla tensione.
<<Conosci il piano. Credi di farcela?>> domanda inclinando leggermente la testa verso di me. Raddrizzo la schiena, facendo scrocchiare le articolazioni, il suono secco che rompe per un attimo il silenzio. <<Non lo credo. Io lo so>> rispondo senza distogliere lo sguardo dai nemici. Bjorn annuisce e mi fa segno di andare.
Devo riuscire ad arrivare in mezzo alla foresta prima degli uomini di Ivar. Non potendo stare direttamente sul campo, aiuterò i Sami nella loro imboscata.

****


  Stando attenta a dove metto i piedi, evito rametti e buche, ritrovandomi vicino a uno dei sentieri principali che attraversano tutta la foresta. I suoni della battaglia sono ovattati qui, e il fruscio delle foglie sotto i miei piedi è l'unico rumore che accompagna il mio cammino. Una mano mi afferra improvvisamente il polso e mi tira verso il basso, facendomi inginocchiare dietro i grandi cespugli.
  Snaefrid, la principessa dei Sami, mi fa segno di non far rumore e indica l'ingresso della vegetazione. Un gruppo di uomini corre silenzioso verso di noi, le loro sagome scure che si muovono come ombre tra gli alberi. Davanti a loro, a comandarli, c'è Hvitserk. <<È lui il tuo uomo?>> chiede la principessa, indicando tra i cespugli il ragazzo. Annuisco con uno sguardo di ammonimento e lei ridacchia. <<Darò l'ordine di non colpire il suo bel faccino allora>> detto questo, fa un segno ai suoi uomini.
Dal fogliame spuntano delle cerbottane che colpiscono gli ignari avversari con dardi ben appuntiti.
Hvitserk dà l'ordine di alzare il muro di scudi, richiamando l'attenzione degli arcieri. Le loro frecce, però, vengono tirate troppo in alto e si conficcano alle nostre spalle, tra gli alberi. Solo una finisce vicino a noi, infilandosi nel terreno tra me e Snaefrid con un tonfo sordo.
Lei ferma i suoi uomini e ho il privilegio di osservare l'uomo che amo. Ha gli occhi spalancati, il suo viso esprime chiaramente la confusione e l'incertezza su come contrattaccare. Si guarda intorno, all'erta, e per un attimo sembra fissare nella mia direzione, ma non riesce a vedermi. Così come non riesce a vedere i Sami che li hanno accerchiati, invisibili come spettri tra gli alberi.

La sua assenza in questi mesi è stata dolorosa. All'inizio ho pianto, tristezza che ho ben presto sostituito con amarezze.
Se potessi tornare i dietro, lo obbligherei a salire su quella dannatissima barca insieme a me e Ubbe.

  Un altro attacco a sorpresa da parte nostra dimezza ulteriormente il numero degli uomini di Hvitserk, costringendolo a dare l'ordine di ritirarsi. Le urla di dolore e il clangore delle armi riempiono l'aria, mentre il fumo delle torce crea ombre danzanti tra gli alberi.
I Sami, approfittando della confusione, si alzano dai loro nascondigli come spettri emergenti dal sottobosco. Con l'ausilio dei bolas, abbattono alcuni superstiti, finendoli poi con pugnalate precise e crudeli.
  Nel caos, vedo un uomo legare una corda intorno al collo di Hvitserk, tirandolo con violenza contro un ramo. Il respiro mi si blocca in gola mentre lo guardo lottare per liberarsi. Con un ultimo sforzo disperato, riesce a sciogliere il nodo e cade a terra, il suolo fangoso che attutisce la sua caduta. Estrae il suo pugnale e, con un paio di colpi rapidi e letali al petto, elimina il suo assalitore.
  Sento il battito del mio cuore accelerare, il sangue che pulsa forte nelle orecchie. Ignorando ogni prudenza, mi lascio guidare dall'istinto. Corro verso di lui, il respiro affannato, e lo afferro per un braccio, costringendolo ad alzarsi. I nostri sguardi si incontrano per un attimo carico di tensione. Lui si volta e punta l'arma al mio collo, ma appena realizza chi sono, abbassa la lama, il sollievo che gli attraversa lo sguardo.
<<Vattene, Hvitserk. Vattene!>> gli urlo, spingendolo lontano da me con tutta la forza che riesco a raccogliere. Gli occhi di lui sono una miscela di gratitudine e conflitto mentre mi guarda, esitante. Poi, obbedendo alla mia richiesta, corre fuori dalla foresta, voltandosi alcune volte per assicurarsi che sia al sicuro. So che finirò in un guaio per questo. Ma almeno, per ora, lui è salvo.

****

  Il campo di battaglia è uno scempio, un mare di corpi sparsi, pozze di sangue che tingono la terra, scudi frantumati e armi abbandonate. L'odore ferroso del sangue mescolato alla polvere e al sudore penetra le narici, mentre i lamenti dei feriti si mescolano al clangore delle armi ancora sparse sul terreno. I feriti vengono trasportati al campo base per essere curati.
Tra loro c'è anche il vescovo Sansone, la cui presenza mi lascia perplessa. Non so perché Lagertha abbia avuto clemenza per lui.

Una mano si posa delicatamente sulla mia spalla. Mi giro e incontro lo sguardo di Ubbe. Il suo viso è sporco di sangue, così come i suoi vestiti. Appoggia la fronte sulla mia spalla, e sento il suo respiro caldo e affannato come una carezza piacevole sulla mia pelle fredda. <<Sarai stanco, immagino>> sussurro, guardando il caos davanti a noi. Lui annuisce e stringe un braccio intorno ai miei fianchi. <<Nulla che tu non mi faccia passare>> afferma alzandosi lentamente da me.
Lo guardo con un sopracciglio alzato, e lui sorride. <<Come ai vecchi tempi?>> chiedo, e in risposta mi prende in braccio, sostenendomi con un braccio sotto le ginocchia e l'altro dietro le spalle. <<Ma che fai? Non eri mica stanco?>> replico, stringendo le braccia dietro al suo collo. Lui mi stringe ancora di più a sé e inizia a camminare. <<Non quanto te. Devi riposare tu, non io>> risponde con un sorriso stanco ma affettuoso.

  Costringo Ubbe a sedersi davanti a me. Gli massaggio le larghe spalle, sentendo i muscoli tesi sotto le dita, e lui appoggia la testa sulle mie gambe incrociate.
I ricordi di quando eravamo piccoli affiorano, momenti spensierati in cui non pensavamo a diventare adulti, ma solo a restare bambini e divertirci.
Abbasso la testa per dargli un bacio sulla fronte, poi smetto di massaggiarlo e inizio ad accarezzargli il torso nudo.
<<Credo di aver bisogno di un bagno>> dico, rompendo il silenzio. Mi alzo dal letto e prendo un grosso telo di lana, aprendo poi l'ingresso della tenda. Mi volto verso di lui, che ancora seduto a terra cerca di rimettersi la maglia. <<Anche tu ne hai bisogno. Puzzi più di un porcile. Vieni con me?>> gli chiedo, e lui annuisce, spolverandosi i pantaloni.

Tra risate e spinte raggiungiamo un fiume.
Lascio il telo sull'erba umida di rugiada e sollevo il vestito, restano con in dosso solo la sottoveste di lino.
Muovo i primi passi nell'acqua gelida, il freddo pungente che mi avvolge, e mi tuffo. Riemergo portandomi i capelli all'indietro e lo invito a seguirmi. Anche lui si spoglia e mi raggiunge con poche bracciate potenti.
Inizia subito una guerra di schizzi, l'acqua che ci avvolge in risate e sfide.
Per fermarmi, mi stringe le mani intorno ai polsi. I nostri corpi sono vicini, così come i nostri visi. Ora che lo osservo bene mi rendo conto di quanto, invecchiando, Ubbe inizi ad assomigliare sempre di più a suo padre. Molto più di tutti gli altri fratelli.

   Quando le labbra di Ubbe toccano le mie, il mondo sembra fermarsi. Un gelo mi attraversa il corpo, contrastando l'acqua gelida del fiume. Il cuore mi batte forte, non per l’emozione, ma per lo shock. Ubbe, il mio amico d'infanzia, il ragazzo che considero come un fratello e fratello dell'uomo che amo, mi sta baciando. Il bacio è breve, ma lascia un segno indelebile.

<<Ubbe, ma che fai?>> lo rimprovero, allontanandomi da lui stupita. Mi sento completamente sconvolta. Da un lato, c’è la confusione, una sensazione di smarrimento che mi fa girare la testa. Dall’altro, c’è una profonda inquietudine, un senso di tradimento verso me stessa e i nostri ricordi d’infanzia. Ubbe non è solo un amico, è una parte di me, un fratello. E questo gesto, per quanto forse innocente da parte sua, mi fa sentire come se avessi perso qualcosa di prezioso e puro.
La mia mente è un vortice di pensieri contrastanti. Mi sento intrappolata tra l’affetto che ho sempre provato per lui e la consapevolezza che quel bacio non avrebbe mai dovuto accadere. Non riesco a ignorare il senso di colpa e di disagio che mi travolge.

<<Non so perché l'ho fatto. Mi dispiace, Martha>> si scusa, arrossendo leggermente. Gli do una spinta, facendolo cadere in acqua. <<Se lo venisse a sapere Hvitserk...>> affermo, alzando un sopracciglio mentre cammino fuori dall'acqua, stringendomi le braccia al petto. <<Non glielo dirai, vero?>> mi chiede preoccupato, seguendomi.
Litigare con Ivar è già stato un colpo; se dovesse perdere anche il suo fratellino, ne morirebbe. <<Non lo farò Ubbe. Ma questa cosa resta tra noi>> rispondo, dandogli una gomitata nello stomaco, facendolo piegare leggermente.

Mentre afferro le mie cose, l'acqua gelida sembra penetrare ancora di più nelle ossa, amplificando il senso di inquietudine dentro di me.
Mi rivesto cercando di rimettere insieme i pezzi del mio cuore confuso e ferito. La preoccupazione per ciò che potrebbe accadere se Hvitserk venisse a sapere del bacio mi attanaglia. So che nulla sarà più come prima. Questo pensiero mi pesa sull'anima mentre mi avvolgo nel telo di lana, cercando disperatamente un po’ di calore e chiarezza.

Come il sole e la luna  //Conclusa E Corretta//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora