Scrollò le spalle, lasciando le buste sopra il tavolo in cucina, che aveva sparecchiato quella mattina stessa; con un sospiro triste nel momento esatto in cui sentì la porta aprirsi. Fece un mezzo sorriso, che uscì più malinconico che altro e attese l'arrivo del minore e la sua allegria; il fatto era che continuava a non sentirsi bene, forse la stanchezza aumentava la sua voglia di deprimersi, o forse era la sua vita che lo spingeva a morire.
-Ehi, Ace!-
Accolse molto volentieri quell'abbraccio, ma cercò comunque di tenerlo lontano dal cibo appena comprato, ripetendogli che non era per loro e tenendolo in braccio, stringendolo a sé per avere un po' di affetto, che il minore non gli negò, anche se tendeva ad allungare la mano verso le buste sul tavolo.
-Avanti, immagino che devi andare al Baratie.- brontolò scherzoso, lasciando che si allontanasse di poco con il busto per squadrarlo curioso, ma senza lasciarlo, prima che rispondesse ingenuo, inclinando di poco il capo:
-Anche tu.-
-No, io oggi salto. Ma ti prometto che ti raggiungo più tardi, e se riesco ti aiuto a studiare.-
-Già, studiare... Beato Franky: lui è giustificato perché deve presentare la mostra con la sua famiglia.- borbottò.
-Dai, non fare il musone. Adesso vai, io sistemo la spesa.-
-Okay, ciao.- esclamò, scendendo giù dalle braccia del maggiore, e, buttando lo zaino nell'angolo della cucina, si diresse fuori con energia, dettata dalla voglia di cibo.
Ace ridacchiò, preparandosi a mettere in ordine ogni cosa, pulendo anche i piatti nel lavandino, quelli che non aveva avuto il tempo di sciacquare quella mattina; e spazzando poi il pavimento. Dopo aver cercato di fare del suo meglio nelle pulizie afferrò, per una spallina, lo zaino del minore, portandolo di sopra, nella loro camera, e lasciandolo adagiato accanto al piede del letto di quest'ultimo. Scrollò ancora le spalle, Ace, cercando di sgranchirsi un po' mentre volse lo sguardo in alto, inquadrando la botola che portava in soffitta; in fondo, per le diciassette c'era ancora tempo, molto anche. Purtroppo, aggiunse; avrebbe voluto andarci prima: voleva vedere Marco, fece con un broncio infantile.
Sospirò, arrossendo un po' nel ripensare a come lo aveva guardato, in macchina; e afferrò un bastone all'interno dell'armadio, con la punta adattata ad afferrare i vestiti, e che usò anche per raggiungere il gancio della botola, tirandola giù e lasciando che la scala scivolasse, aprendosi, a terra, con dei cigolii, ed infine un tonfo sordo, lieve. Mormorò qualcosa tra sé e sé, lasciando a terra il manico di ferro di quel bastone, e salendo per andare a prelevare gli scatoloni con i vestiti pesanti, per l'inverno. Entrò in quel posto cupo e stretto, dove aleggiava leggermente, un po' d'aria fredda tutto intorno, e in alto si vedeva solo molto legno che lo ricopriva interamente; mentre il soffitto era incline a tendere verso il basso, così lo costrinse a piegarsi con il busto. Lamentandosi per i dolori alla schiena che gli davano un senso di pizzico alla pelle davvero tremendo e insopportabile, facendogli digrignare i denti e irrigidire il volto; si avvicinò agli scatoloni, prendendone due dove vi erano i nomi suoi e di suo fratello, e li trascinò verso quella porta sul terreno da dove era salito, lasciando che cadessero a terra con poca cura entrambe, andando a sbattere l'una contro l'altra. Le osservò da là sopra e se ne importò poco se il cartone si fosse schiacciato, tanto all'interno c'erano solo indumenti pesanti. Con un salto si ritrovò di nuovo a terra, mancando di poco quelle scatole per poi afferrare a terra il bastone di prima, servendosene per chiudere la botola dopo aver tirato su la scaletta, leggera anche se di un materiale resistente che non sapeva ben definire, non se ne intendeva, magari un metallo molto flessibile. Sbuffò, sentendo la testa vacillare e la vista girare, forse per via del salto e di come si fosse rialzato, troppo in fretta, ma poi guardò la particella chiusa, in alto, e posò il manico in acciaio da dove lo aveva prelevato, dedicandosi poi al proprio scatolone, raccogliendolo da terra e spolverandolo, con la mano, dalla polvere che lo impregnava sopra. Sospirò, e lo aprì, guardando i propri vestiti che non vedeva da tempo, da così tanto che se ne era dimenticato di come fossero quei tessuti. Li prelevò tutti, ma uno alla volta, e si diresse in bagno con essi, dividendo i colorati dai non, i jeans dalle maglie, e facendo un po' come aveva imparato a fare dopo tanti errori, con le parole di Robin, che gli è lo aveva spiegato bene, nella mente. Li sistemò all'interno della porticina della lavatrice, chiudendola e avviandola subito dopo. Lasciò gli altri vestiti all'interno del bagno, dentro una bacinella verde; e si diresse in camera, mettendo dritto lo scatolone vuoto di Luffy ed il suo, lasciandoli accanto al proprio letto e poi chinandosi, in ginocchio, per terra, e inclinandosi di lato con il busto per osservare, tra le travi delle reti del letto, dove aveva lasciato la bustina di droga per Teach; magari sarebbe arrivato a breve. L'afferrò appena trovata e se la mise nella borsetta azzurra attaccata al pantalone, alzandosi a fatica e con le ginocchia tremanti, ma che si stabilizzarono subito, e poi si lasciò cadere di schiena contro il materasso dopo averlo raggiunto; pensando di aver fatto tutto rimase lì, con le gambe adagiate fuori dal bordo del letto, con i piedi adagiati a terra mentre il busto rimase disteso e rilassato contro il materasso che si stava riscaldando a contatto con la pelle; ed Ace guardò il soffitto bianco per un po', con la luce che filtrava di poco dalla finestra lasciata socchiusa, e poi chiuse gli occhi, respirando piano piano, con la bocca semiaperta, e sospirando.
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Renegades.
FanfictionVivere compiendo tanti sacrifici per le persone a cui vuoi bene, senza risparmiarti nemmeno un minuto: queste sono responsabilità che Ace conosce fin troppo bene. Vive cercando di far stare bene il suo caro fratellino, per lui conta solo quello, e...