Sciopero di fortuna.

249 8 49
                                    

Protestare tra i mugugni non era servito a nulla, portarsi le lenzuola fino a sopra al capo nemmeno, cercare di protestare in tutte le lingue che conosceva, che poi era solo una: la propria, neanche; il suo caro fratellino era così testardo che se andava a sbattere contro un pilatro, cadeva il pilatro; e poi, non lo ascoltava mai. Di conseguenza si era ritrovato lì, al Baratie, con tutta la combriccola di Luffy; simpaticissimi, ma lui era stanco, ed infatti era crollato sul tavolo di faccia; e mai come in quel momento aveva ringraziato la narcolessia di esistere. Per fortuna, prima di uscire si era cambiato mettendosi qualcosa di più comodo rispetto alla divisa di lavoro, anche se di poca voglia perché stanco; cioè aveva indossato i suoi soliti vestiti: pantaloncini fino a sopra il ginocchio, gli scarponi neri, e la camicia lasciata appositamente aperta, da cui si intravedevano alcuni lividi violacei su molti punti della sua pelle, però lui stava comodo così, con la camicia aperta, e gli amici di suo fratello pensavano che fossero meriti di litigi nei bassi fondi, sapevano che per lui era facile adirarsi quando ci andava e non la vera motivazione; in più, si mise addosso i suoi oggetti più preziosi che lo caratterizzavano: il suo immancabile scaldamuscoli arancione sul gomito sinistro, la collana di perle rosse attorno al suo forte e tenue collo, un bracciale a strisce bianche e rosse sul polso sinistro, la cinta lunga legata completamente attorno alla sua vita, arancione, e con la fibbia dove sopra vi era la sua iniziale in rosso; ma che facendo due semi-giri, agendo in modo da farlo scorrere tra i passanti del pantalone, saltandone uno e due no, si infilasse in quello finale, avendo come risultato che la punta penzolasse un po' fuori, ma da un solo lato. In testa, poi il suo fidato cappello da cowboy arancione e dove, sulla base, attorniava una piccola collanina di perle, simile a quella sul collo anche per il medesimo colore, e dove vi erano, fissate sul davanti, due faccine rotonde e azzurre: una felice ed una disperata, vagamente ricordanti le maschere delle opere teatrali; al momento teneva il cappello riverso sulla schiena, legato a lui grazie alla cordicella che pendeva ai lati delle ali del copricapo, e dove vi era inciso, sulla base delle cordicelle, un ciondolo con un simbolo di un teschio di un animale con le corna che si curvavano verso il basso e attorniato da un pezzo di stoffa a forma di cerchio, e sotto c'era una specie di tubo che si collegava ad un batuffolo di ciocche di fili arancioni. Insomma, così si sentiva di più se stesso, più a suo agio in quegli indumenti.

Ogni tanto si era risvegliato, aveva ricominciato a mangiare i piatti prelibati di Sanji, che gli aveva chiesto com'era andata la giornata di lavoro insieme a Nami, curiosi di sapere; e poi aveva scrutato da lontano il suo fratellino, meno muscoloso di lui ma sempre forte, meno alto ma non per questo meno all'altezza di saper vivere il mondo, forse anche meglio di Ace; lo guardò che si divertiva a ballare con il nasone bugiardo e il tenero, neo-dottore, Chopper. Tutti loro erano degni di piena fiducia, aiutavano molto Luffy, per questo Ace gli è ne era grato. E dopo che finì di raccontare solo i fattori positivi, sempre se ce ne erano stati, rispondendo ai due, tornò a dormire, colpito dall'ennesimo colpo di narcolessia di cui, tutti in quella stanza, erano abituati ad assistere.

Per una volta aveva avuto un po' di tempo, o meglio, aveva più che altro dormito che festeggiato con loro, però era felice di aver partecipato quel poco che era riuscito a rimanere sveglio. Ma forse un giorno avrebbe avuto più tempo. Era a questo che pensava Ace mentre si incamminava, passeggiando per le strade con l'intento di sistemare i soliti e perenni debiti che suo 'padre' accumulava senza ritegno ogni giorno; recandosi in quel maledetto magazzino nei quartieri bassi e angusti, ricolmi di banditi. Lo aveva costretto lui alla fine, a pagare questi affari che 'scottavano' al posto suo, e tutto perché amava la droga, suo 'padre'. Era gente crudele quella lì; suo 'padre' lo sapeva ma aveva deciso comunque di dare ad Ace ogni responsabilità per non avere rogne, e lui non aveva potuto dire di 'no', non se l'era sentita, ma solo per un motivo in particolare. Quindi, liquidando Luffy e gli altri con una scusa qualsiasi, si stava dirigendo ora in una di quelle fabbriche abbandonate e logore per pagare, ma anche vendere un po' di droga che aveva preso di nascosto a suo 'padre', così, giusto per racimolare qualcosa in più, e anche perché suo 'padre' qualcosa gli è la doveva, dopotutto.

Renegades.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora