Ace sogghignò, portandosi più vicino il minore dopo aver avvolto un braccio attorno alle sue spalle, dandogli un paio di pacche e sorridendo felice per poi portare ad adagiare il mento sulla sua chioma, annusando il suo sapore perché, lui, era vivo. E stava bene! Sperava solo che Akainu non gli avesse fatto niente in quei giorni, ma, da ciò che aveva capito, il suo fratellino non aveva lasciato l'ospedale da quanto gli era toccato tornarci per portarlo, e questo lo rincuorava: figurati se Akainu sarebbe venuto a controllare se erano vivi. Però, restando in quella posizione confortevole e che non sembrava dispiacere al minore, che ridacchiava annusando l'aria e muovendo a tempo, a destra e a sinistra, i piedi dentro i suoi soliti sandali, si fece cupo: temeva che chiedere sarebbe stato troppo, ma non riusciva ad aspettare oltre; doveva sapere:
-Ascolta fratellino, io... Davvero, non ricordo... Forse per te non sarà facile, ma vorrei sapere cosa mi è successo la sera che siamo tornati a casa...- sussurrò per poi staccarsi per guardarlo, e vide il suo sorriso spegnersi di botto, e chinarsi a terra con lo sguardo, ed Ace ebbe l'impulso di cambiare discorso, dandosi dell'idiota per quello che aveva appena fatto, ma lui cominciò a parlare:
-Niente di nuovo, ecco... Solo che, Akainu sembrava aspettare gente: era sul divano e guardava la porta. Ci ha visto e ci siamo allontanati in fretta per andare a dormire; stavamo per salire le scale ma poi è entrato uno con una sciarpa, tutto coperto; la voce era seria, ma non ricordo altro... Solo... Akainu aveva un'arma. Non l'ho vista bene perché era buio, come sempre, ma appena si è alzato per raggiungere il tizio, ti ha colpito con quella alla testa. Stava per attaccare anche me, però tu ti sei rialzato e hai fatto da scudo. Quel tipo strambo invece era fermo e ci guardava... Sei stato colpito così tante volte...- piagnucolò, tirando su il naso mentre poteva ancora vedere ogni cosa come se fosse davanti ai suoi occhi proprio in quel momento, e lui invece, come un codardo, fermo con le spalle al muro di quella ignobile casa. -E quando non ti sei rialzato più se n'è andato via con l'insciarpato. Non so dove e non mi interessa. Però, ecco... Ho visto tutto quel sangue e... Ti chiedo scusa, Ace! Non ho fatto niente per aiutarti!- urlò, pieno di rimorsi per poi cadere nell'abbraccio che gli offrì il maggiore, adagiando la testa contro il suo petto e stringendolo forte con le mani attorno alla schiena, le stesse che avevano cambiato colore quella sera nell'avvicinarsi al corpo del fratello, quasi defunto; tingendosi di rosso e macchiandolo ovunque, come a dare prova della sua vigliaccheria.
-Ehi, no, non è vero. E poi, sono stato io a dirti di non intervenire prima di entrare, no?- asserì pacato, ancora incredulo dal racconto forte e tenebroso, accarezzando poi la spina dorsale del minore che continuava a singhiozzare e pregare in silenzio che quello non fosse un sogno e che Ace fosse davvero sveglio. Restò a guardare il fratellino con occhi attenti e il respiro lento di chi ancora faticava a mettere insieme i pezzi di un puzzle confuso e rotto, maciullato insieme al suo animo nel sentire cotanto dolore in quel resoconto. Gli erano venuti i brividi nel sapere quello che a Luffy era toccato vedere, per colpa sua; eppure, non ricordava. Sentiva che era vero, che l'aveva provato sulla pelle quello scenario, ma niente, solo vaghi flash di ombre veloci e tanto rumore, e tante risate macabre mischiate a una voce che chiamava il suo nome e gli scongiurava di non morire, perché gli è lo aveva promesso. E, osservando davanti a sé il cielo blu che cercava di migliorare il loro animo; esaminandolo e cercando di capire se quello che era entrato in casa era davvero il "capo" a cui portava i soldi, mentre iniziò, con poco fiato in gola, a consolare il minore, a tenerlo stretto, andò dentro la propria testa per cercare un perché a tutto quello: aveva sbagliato qualcosa? Non aveva portato la giusta somma di denaro o di droga? O erano soltanto pazzi che ci godevano nel torturarlo in ogni modo? Di certo, Akainu, sì. Almeno adesso sapeva di chi era quella macchina, così appostata in disparte, di quella notte; l'unica cosa tangibile che riusciva a sentire nella mente prima del vuoto del caos.
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Renegades.
FanfictionVivere compiendo tanti sacrifici per le persone a cui vuoi bene, senza risparmiarti nemmeno un minuto: queste sono responsabilità che Ace conosce fin troppo bene. Vive cercando di far stare bene il suo caro fratellino, per lui conta solo quello, e...