Era già domenica pomeriggio, pensò amaramente Ace, seduto in soggiorno, a fare calcoli con davanti, sopra al tavolo, i fogli e i documenti delle bollette, e una calcolatrice. Doveva farli per vedere se i soldi che aveva erano abbastanza, e per elaborare cos'altro c'era da pagare; ed infine, sapere quanti ne sarebbero rimasti per le altre spese quotidiane. Era stanco, non voleva e non sapeva, e soprattutto odiava fare i calcoli, ma gli toccava; sperava solo di non sbagliare. Scuoté il capo, stanco, ma si bloccò di colpo nel sentire la mandibola protestare a quel gesto, ancora dolente, però riusciva ad aprirla adesso, come a parlare, anche grazie alle cure, di ieri, di Chopper; aveva solo un lieve colore violaceo sulla parte colpita, ma nulla di grave. Sbuffò, portandosi le dita della mano sulla fronte, con le ciocche che si era portato in alto, raccogliendole e attaccandole con un elastico per non averle sugli occhi; ticchettandoci sopra, e lasciando che la matita facesse altrettanto, ma contro il tavolo. Era stanco, anche se aveva dormito tutta la mattina, ma almeno era contento che suo 'padre' non era tornato ieri sera, e si era risparmiato nuovi segni sulla schiena; ormai erano come un marchio, uno di quelli di cui avrebbe fatto, volentieri a meno, anche se gli ricordavano che era macchiato, sporco, inutile... Il suono del campanello alla porta lo distrasse dai suoi pensieri tenebrosi, e da quelle bollette a cui nemmeno aveva dato un'occhiata, sparse senza cura, sul ripiano.
Senza nemmeno domandarsi che era impossibile fosse Luffy o suo "padre", visto quanto fosse presto, e quindi insospettirsi sulla dubbia identità dell'essere che aveva suonato; si alzò per andare ad aprire, magari per colpa della sonnolenza che lo avvolgeva: si era svegliato da poco, trovandosi davanti la sagoma slanciata e muscolosa di Marco che lo lasciò senza parole, non capendo perché fosse venuto lì, e in quel momento.
-Avevi promesso, ieri, rammenti?- si limitò a dire davanti a quel volto così confuso, sorridendogli. -Thatch voleva venire, ma poi ha detto che doveva occuparsi di alcune commissioni. Ti chiede scusa per non essere venuto, in cambio.-
-Oh, va-va bene...- disse, annuendo e stringendo convulsamente; cercando però di non fare rumore e di non farsi notare, la maniglia interna della porta, tentennando davanti a quegli occhi così luminosi che lo annebbiavano al punto di non concepire cosa fosse accaduto ieri per farlo venire da lui, per poi illuminarsi di colpo: ieri era tornato a casa quando loro, o meglio, Thatch, desiderasse passare ancora del tempo con lui, e così aveva detto che si sarebbero rivisti il giorno dopo, ma non aveva promesso un bel niente. Forse il cuoco credeva fosse sottinteso mantenere la parola.
-Posso entrare?- chiese, scrutandolo in ogni suo particolare, dalla capigliatura sbarazzina, con le ciocche raccolte in un elastico, sopra la cute, decorato da due perline rosa che si intravedevano in quella chioma che decadeva ai lati con fare ondulato; alla maglia lunga, a strisce orizzontali, fino all'inguine, un po' obliqua; con cinque bottoni in alto, aperti, e che mostravano il suo petto; completamente bianca ma con i margini marrone scuro, mentre le maniche nascondevano anche le mani, lasciando intravedere solo le dita; e dei lunghi pantaloni elasticizzati, neri, che terminavano ai piedi scalzi; e poi gli occhi, assonnati ma anche vivi nel vederlo lì, e la bocca che sorrideva senza che il proprietario se ne fosse accorto; le lentiggini e la pelle che splendevano ai raggi del sole che compariva alle sue spalle. In quei vestiti, poi, sapeva così magro e sottile, così fragile...
-Certo.- gli fece spazio, indietreggiando e annuendo, contento di quell'arrivo inaspettato.
-Che fine ha fatto il cowboy?- domandò scherzoso quando chiuse la porta, lasciando che lui intuisse il riferimento al proprio vestiario che teneva di solito, prima di sentirlo ridacchiare mentre si avviavano in soggiorno.
-Ehm, volevo stare un po' più comodo, a casa. Scusami, forse ho l'aspetto un po' trasandato.-
-No, sei bello in ogni modo.- aggiunse il biondo invece, voltandosi per guardarlo e fermandosi per allungare una mano sulla sua guancia tiepida, in modo dolce e lento; assaporando per bene quel contatto, con gli occhi di Ace puntati addosso che lo fissavano imbarazzati e increduli, come se volesse aggiungere qualcosa, ma non lo fece, e Marco continuò a coccolarlo prima di risalire, con l'arto, lentamente, fino alla cute e sfregarla, ma con attenzione per non disfare quella coda. -Spero solo di non disturbare.-
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Renegades.
FanfictionVivere compiendo tanti sacrifici per le persone a cui vuoi bene, senza risparmiarti nemmeno un minuto: queste sono responsabilità che Ace conosce fin troppo bene. Vive cercando di far stare bene il suo caro fratellino, per lui conta solo quello, e...