•Capitolo 29•

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Arrivai in veranda e lo trovai proprio lì. Seduto sul dondolo, tra due cuscini a fantasia floreale che ci aveva regalato nonna. Mi strinsi le braccia intorno al corpo, rabbrividendo per il freddo. Avevo dimenticato di prendere la giacca e oltretutto non mi sentivo in gran forma.

"Andrew?" Lo richiamai piano, cercando di attirare la sua attenzione. Stava accendendo una sigaretta, che stringeva tra le labbra carnose. Non sapevo che fumasse, ma in fondo non dovevo stupirmene. Alcol e sigarette camminavano spesso a braccetto. Mi chiesi se avrei mai potuto impedirglielo, per la sua salute. Poi mi ricordai che non sapevo nemmeno da dove cominciare. Anche papà fumava, sigari per la precisione e più volte gli avevo consigliato di smettere. Detestavo quell'odore forte e amaro. Ovviamente non aveva mai funzionato. Nè io, né la mamma ci eravamo riuscite. Quando mi capitava di entrare nel suo studio, quando lui non era a casa, o non lavorava, ero costretta spesso ad aprire la finestra a causa dell'odore di sigaro che percepivo nell'aria.

Andrew aveva i capelli scompigliati, che gli ricadevano sulla fronte in morbide onde. E non indossava la sua giacca, ma soltanto una maglietta nera a mezze maniche. Mi chiesi, come del resto accadeva spesso, come facesse a rimanere senza una giacca con questo freddo. Il suo profilo era deciso e ingiustamente perfetto, nonostante avesse i lineamenti tesi, come se dentro di lui ci fosse una tempesta e lui stesse cercando di placarla.

Quando alzò lo sguardo su di me era appena riuscito ad accendere la sua sigaretta. La piccola fiamma si rifletteva nei suoi occhi chiari in maniera innaturale,
come fuoco sull'acqua. Guardandomi con la fronte aggrottata, infilò l'accendino in tasca.

"Che c'è?" Mi chiese, sempre mantenendo la stessa espressione contratta."Non dirmi che sei venuta perché te lo hanno detto Jason e Roy? Puoi dirgli che vadano a farsi fottere e che per il momento non ho intenzione di smettere di fumare."

Mi accigliai, rabbrividendo nuovamente per il freddo."In realtà nessuno mi ha obbligato a venire qui." Sospirando, mi andai a sedere al suo fianco, sul dondolo. Per farlo spostai la sua giacca di pelle, appoggiandomela sulle gambe sotto il suo sguardo estremamente attento.

"Sono venuta per..."Proprio quando alzai lo sguardo su di lui, mettendomi comoda al suo fianco, lui buttò fuori dalle labbra una nuvola di fumo, che mi fece tossire. Contrassi il viso in una smorfia e tentai di allontanarlo sventolando una mano in aria con insistenza, come se questo potesse bastare.

Andrew, al mio fianco, sorprendentemente rise. Mi voltai di scatto, così velocemente che temetti di sentire il collo scricchiolare. Era la prima risata che gli sentivo fare quel giorno, quindi mi sembrava logico trovarlo incredibile. Un evento unico. In realtà ogni volta che sentivo la sua risata, mi veniva da sorridere automaticamente. C'era qualcosa in quel suono da riuscire a trasmettermi il buon umore. Forse era la consapevolezza di conoscere quanto la sua risata fosse rara. Doveva essere proprio questo.

Andrew stava ridendo ininterrottamente, osservandomi da sotto le lunghe ciglia scure, che ombreggiavano gli zigomi altissimi e che racchiudevano i suoi occhi di quell'azzurro spettacolare. Improvvisamente il suo cattivo umore sembrò essersi dissolto. Fui pervasa dal sollievo.

"Avrei dovuto immaginarlo."Disse tra una risata e l'altra.

Incrociai le braccia al petto, sospettosa."Cosa?"Lo guardai con sufficienza, intuendo già quello che stava per dire.

"Sei così Kimmy." Mi rivolse un mezzo sorriso, dandomi un buffetto sul naso."Dovevo immaginare che il fumo ti desse tanto fastidio e probabilmente detesti anche le sigarette. Sbaglio?"

The bad boy's deal Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora