Capitolo 7

13.3K 677 164
                                    

Una volta usciti dalla farmacia, tornammo a casa di Zayn con la sua macchina e, nonostante fosse rimasto in silenzio durante tutto il tragitto, appena scesi dall'auto iniziò a parlare senza fermarsi.

«Quel Louis Tomlinson dovrà spiegarmi perché devi andare da sola fra otto giorni.» iniziò furioso inserendo la chiave all'interno della serratura.

Quando la porta si aprì mi tolsi il giubbotto e lo appoggiai sull'appendi-abiti, per poi andarmi a sedere sul divano, con le gambe strette al petto.

«E sarà molto piacevole sentire le sue spiegazioni vedendolo con un occhio nero.» continuò, chiudendo il portone e buttando la sua giacca da qualche parte nella stanza, facendo uscire dalle tasche il pacchetto di sigarette e l'accendino.

«Zayn.» cercai di richiamare la sua attenzione inutilmente.

«O magari due. Secondo me un bel viola-blu non starebbe male su quel faccino.» commentò ironico.

«Zayn.» dissi nuovamente il suo nome.

«Poi il suo 'si spiegano molte cose' deve proprio farmelo capire.» continuò ad ignorarmi, facendo avanti e indietro per la stanza.

«Zayn!» urlai, attirando finalmente la sua attenzione.

Si fermò davanti a me e mi guardò confuso.

«Cosa?» chiese, con un velo di preoccupazione.

«Potresti prepararmi delle uova strapazzate?» chiesi, leggermente in imbarazzo. Non volevo che pensasse che mi volessi approfittare di lui, quindi mi sarebbe bastata una risposta negativa e avrei cucinato io.

«Oh, la prima voglia?» chiese con uno strano luccichio negli occhi nocciola. Sembrava emozionato da quella situazione, cosa che mi fece sorridere fra me e me.

«Ehm... no, ho solo fame. - ammisi, in imbarazzo - Ma se non vuoi, me le preparo io.»

«Oh no, te le cucino io, non preoccuparti.» curvò le labbra in un sorriso sincero e io sentii una strana sensazione allo stomaco. Non erano io soliti crampi, no. Qualcosa di diverso, di piacevole.

Avvampai per quella sensazione e ricambiai il sorriso per nascondere il rossore sulle mie guance.

Quando andò in cucina per preparare la cena, mi ritrovai da sola in salotto, ad affrontare tutti i pensieri che mi intasavano la mente. Pensavo ancora a mio fratello e non riuscivo a sopportare l'idea che lui potesse essere in giro per Londra senza che io potessi spiegargli tutto ciò che era successo in quei due anni. O magari era già tornato a Mullingar, dalla mamma.

Mi morsi il labbro inferiore a quel pensiero. Come stava lei? E la situazione era sempre la stessa da quando me ne ero andata?

«Cecilia, è pronto.» annunciò Zayn, con la testa che spuntava dalla cucina, i capelli scuri spettinati e lo stesso sorriso di prima.

Lo raggiunsi nella stanza e mi sedetti al tavolo, mentre lui posizionò un piatto colmo di uova e qualche fetta di pane sotto il mio naso.

«Ehm... non sarà un po' troppo?» chiesi, preoccupandomi per la reazione che il mio corpo avrebbe potuto avere a quella quantità di cibo e alla pastiglia consigliata dal ginecologo.

«Mangia, ti prego.» supplicò e io afferrai la forchetta per assaggiare le uova, con lo sguardo fisso sul piatto. Poco dopo portai alle labbra anche una fetta di pane e poi alzai gli occhi sul viso di Zayn. Seguiva i miei movimenti con attenzione e nei suoi occhi trovai un luccichio di preoccupazione.

«Tu non mangi? Sono davvero buone.» sorrisi, indicando il suo piatto ancora intatto con un cenno del capo.

Scosse la testa come per scacciare qualche pensiero «Ti senti bene?» chiese, apprensivo.

«Per ora sì, ma non sono sicura che sia per la pastiglia. Alla fine della settimana vedremo.» conclusi e lui annuì sollevato, per poi mangiare la sua cena, lanciandomi di tanto in tanto qualche occhiata per verificare che stessi bene.

Dopo cena, Zayn mi trascinò sul divano in salotto e appoggiò il suo braccio sinistro sulle mie spalle prima che potessi stringermi nell'angolino. Mi irrigidii subito e rimasi immobile per interminabili minuti, mentre il moro guardava con poco interesse la televisione, senza spostare il braccio.

«Sai che puoi anche appoggiare la testa sulla mia spalla?» chiese retorico, senza distogliere lo sguardo dallo schermo.

«Non voglio farti stare scomodo sul tuo divano.» sussurrai, così da non sovrastare con la mia voce il volume basso della televisione.

«E da quando un ragazzo sta scomodo con una bella ragazza fra le braccia?»

«Io non sono la 'bella ragazza'. - precisai, mentre lui si voltò verso di me - Io sono quella che è rimasta incinta di te per sbaglio ad una festa e che ti sta rovinando la vita.» conclusi, sentendo i miei occhi inumidirsi. Lui sgranò gli occhi e spense la televisione, per poi abbracciarmi. Strinsi subito le mie braccia intorno a lui per cercare conforto e mi stupii di quel gesto.

«Non devi nemmeno pensarla una cosa del genere, Cecilia.» mormorò, intensificando l'abbraccio.

Singhiozzai sul suo petto, liberando finalmente le emozioni accumulate in quel periodo: il magazzino, il bambino, Niall e tutto il resto. Lui accarezzò la mia schiena e premette le labbra sulla mia guancia.

«Tu non mi hai assolutamente rovinato la vita, probabilmente io l'ho fatto. - commentò, amareggiato - Un figlio si fa in due e io mi sono preso le mie responsabilità, non ti avrei mai lasciata da sola in questa situazione.» una lacrima raggiunse le mie labbra e riuscii a percepire il suo sapore salato sulla lingua.

«Ti sto creando un sacco di problemi, come questa mia improvvisa crisi isterica di pianto.» sussurrai, facendolo ridacchiare.

«In effetti non era nei piani di questa sera.» osservò lui, facendomi sorridere lievemente.

Si stese sul divano, facendomi ritrovare sdraiata su di lui, con la testa sul suo petto. Mi irrigidii nuovamente e lui se ne accorse.

«Smetti di essere così nervosa!» esclamò, afferrandomi per la vita e portando il mio corpo in su, fino a quando i nostri occhi non si incontrarono.

Cioccolato al latteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora