Zayn sfiorò la foto di sua nonna Violet, dopo aver poggiato l'unico fiore rimasto sulla sua lapide.
Durante il tragitto nel cimitero, infatti, il ragazzo aveva appoggiato una violetta su ogni lapide che vedesse appartenente a un bambino. Ogni volta che la sua mano aveva sfilato un fiore dal mazzo, mi ero sentita sempre più fortunata ad aver conosciuto una persona come lui. Vedendo come lo aveva appoggiato accanto agli altri portati dai parenti, avevo sentito una sensazione crescere sempre di più dentro di me. Forse provavo davvero qualcosa per lui.
Sorrise amaramente con lo sguardo fisso sulla data e io sentii una lacrima bagnarmi il viso. Cercai di ricompormi, asciugandola, ma un singhiozzo scosse il mio petto. Tutto quello era così... devastante. Zayn distrutto dall'anniversario, sua nonna, le violette, i bambini, il suo sorriso amareggiato, tutto.
Zayn si voltò verso di me, ma io mi girai per non farmi vedere da lui mentre continuavo a passare le dita sulle gote per fermare le lacrime. Era assurdo che piangessi in un momento del genere: avrei dovuto fare da sostegno morale per il moro.
«Ehi. - sentii le sue mani sui fianchi e il suo mento sulla spalla - Perché piangi?» chiese, nel mio orecchio.
«Io... non lo so. Credo di essermi commossa o qualcosa del genere.» borbottai, continuando ad evitare un contatto visivo. Mi abbracciò delicatamente e sospirò.
«Perché mi hai accompagnato qui?» chiese dopo qualche attimo di silenzio, facendomi voltare verso di lui. I suoi occhi color nocciola mi scrutarono a fondo, facendomi sentire come se lui potesse capire tutti i miei sentimenti.
«Credo di averlo fatto perché so quanto tenessi a tua nonna e... non bisogna stare distanti da chi amiamo. So quanto faccia soffrire.» ammisi, pensando alla mia decisione di abbandonare la mia famiglia due anni prima.
Il tramonto in lontananza attirò la mia attenzione e ammirai i raggi del sole colorare di rosso tutto intorno a loro. Forse distrarmi con quello spettacolo era solo un modo per non sentire lo sguardo di Zayn addosso, per non vedere la sua espressione. Avevo paura delle sue reazioni.
Si sedette per terra, accanto alla tomba di sua nonna e puntò i suoi occhi su di me.
«Perché hai lasciato Mullingar? Non sembri così stupida da lasciare le persone a te care per poi starci male.» commentò poi, corrugando la fronte.
Sapevo che a questa domanda avrei dovuto rispondere per forza e forse, dopo chissà quanti giorni, mi sarei finalmente tolta quel peso insopportabile di tenere nascosta la mia vita a Zayn.
«Ma sono stata abbastanza egoista da lasciarli per la mia paura di soffrire ancora, di ricevere un'altra umiliazione.» commentai, abbassando il viso verso le mie scarpe.
Il moro alzò entrambe le sopracciglia, non capendo di cosa stessi parlando.
«Tu non sei per niente egoista, Cecilia. - scossi la testa - Perché dici una cosa del genere?» chiese, cercando un contatto visivo con i miei occhi, ma io continuai ad evitare il suo sguardo.
«I miei si sono separati diciassette anni fa, - curvai le labbra in un mezzo sorriso per quanto quel periodo sembrasse interminabile detto ad alta voce - ma forse te l'ho già detto, non ricordo.» iniziai e probabilmente Zayn pensò che stessi evitando di rispondere alla sua domanda, ma in realtà avevo solo bisogno di spiegare il tutto da prima, in modo graduale, o sarei scoppiata a piangere.
«Non pensavo si trattasse di così tanti anni.» mi strinsi leggermente nelle spalle.
«Non è stato tragico come può sembrare: si può dire che nemmeno lo conoscessi. - ammisi, guardando finalmente Zayn - Ho continuato la mia vita come se niente fosse, almeno fino a quando non sono diventata vittima di bullismo.» il ragazzo si irrigidì a quelle parole ed era facile intuire il perché.
Lui mi capiva, come io avevo capito lui quando mi aveva raccontato degli insulti ricevuti appena arrivato a Londra.
«Mi vedevano diversa perché ero troppo legata a mia madre per il loro parere. Le davano della puttana davanti a me perché non si poteva permettere i miei libri scolastici e le gite. Mi picchiavano perché portavo gli occhiali ed ero in sovrappeso. - presi una pausa necessaria a non piangere per quei ricordi e Zayn si coprì il viso con una mano - Sai, era una specie di circolo vizioso: trovavo nel cibo l'unico sollievo di cui avevo bisogno, mi riempiva il senso di vuoto perenne allo stomaco, poi loro mi insultavano e picchiavano per il mio peso e io iniziavo ad odiarmi per la mia debolezza. Mi sfogavo ancora sul cibo e tutto riprendeva, facendomi odiare maggiormente me stessa. Assurdo, eh?» liberai dalle mie labbra una risatina amara.
«Per questo tu...» balbettò dispiaciuto e io capii subito a cosa si riferisse.
«Per questo ho problemi con il cibo? - annuì e io volsi lo sguardo al cielo ormai scuro - Sì, mi sento così stupida. Be', in ogni caso il peggio è arrivato quando per loro sono diventata la psicopatica perché andavo dallo psicologo dopo un mese passato con Niall a casa di mio padre e della sua fidanzata, mese che mi aveva distrutta psicologicamente. Gli assistenti sociali volevano mandarmi in una casa-famiglia, credendo che fosse colpa di mia madre, e mio padre smise di garantirci un tetto sopra la testa, non pagando più il mutuo della casa. Non ci considerava nemmeno suoi figli, come lui stesso ha detto in quel mese.» continuai, quando Zayn socchiuse le labbra, non sapendo cosa dire.
Chiusi gli occhi quando un soffio di vento mi spettinò i capelli e presi un respiro profondo.
«Quando avevo quindici anni la banca iniziò a mandare solleciti di sloggio dalla casa, estranei entravano e studiavano l'appartamento che presto sarebbe stato in vendita all'asta, con noi dentro. È stata la più grande umiliazione della mia vita, Zayn. Non sono mai stata male come in quel periodo e raggiunti i diciotto anni sono scappata, per venire a vivere qui a Londra, perché sapevo che tutto non avrebbe fatto altro che peggiorare e infatti loro hanno... sbattuto la mia famiglia fuori da quell'appartamento. Ho incontrato subito Harry che mi ha trovato un lavoro e mi ha permesso di vivere nel magazzino della libreria, di cui lui aveva le chiavi, con la paura che il capo capisse tutto. In pratica ho ricominciato a vivere un incubo, lontana da mia madre e da Niall, le uniche persone che ami. Stupido egoismo.» conclusi, liberandomi finalmente di quel peso.
Forse non avrei dovuto raccontare tutte quelle cose a Zayn. Lui aveva già i suoi problemi e i miei gli avrebbero solo creato confusione ma, una volta iniziato a parlare, avevo sentito il bisogno di continuare, di esprimere tutte le mie emozioni.
Uno strano luccichio attraversò i suoi occhi. Forse aveva appena capito perché non riuscissi a considerare nostra la sua casa: il mio passato non me lo permetteva.
Si alzò in piedi e mi raggiunse, per poi guardarmi negli occhi.
«Ecco perché sono a Londra e ti ho accompagnato qui. - abbozzai un sorriso - Voglio che tu stia vicino alle persone che ami.»
Mi accarezzò la guancia e io abbassai lo sguardo, in imbarazzo.
«Stai diventando davvero importante per me. - disse poi - Nessuno mi ha mai visto come hai fatto tu prima, tranne... lei, e non credo di aver mai provato qualcosa del genere per qualcuno.» mormorò, mordendosi il labbro inferiore.
«Pena?» chiesi io. Non era assolutamente il mio intento quello, anzi. Era l'ultima cosa che volessi.
Scosse la testa.
Pochi istanti dopo, senza che me ne rendessi conto, le sue labbra sfiorarono per la seconda volta le mie e, dopo un attimo di incredulità, ricambiai il bacio. La solita sensazione allo stomaco si fece sentire, soprattutto quando appoggiò la mano sul mio ventre gonfio.
«Perché mi hai baciata di nuovo?» chiesi, confusa, dopo essermi allontanata leggermente da lui per prendere fiato.
«Non lo so.» soffiò sulle mie labbra, prima di attirarle di nuovo fra le sue.
STAI LEGGENDO
Cioccolato al latte
Fanfiction«Come lo vuoi il cioccolato? Be', esiste anche con la menta, ma deve fare davvero schifo, come facciano a venderlo non mi è chiaro. Cioè, non mi fraintendere, se lo vuoi te lo prendo subito.» le parole uscirono una dietro l'altra senza interruzioni...