IX

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Casa non è dove dormi.
Casa è la pelle di chi,
quando ti abbraccia,
ti fa sentire nel posto giusto.

Anonimo

Claudio

È una sera d'estate atipica e particolarmente ventilata qui a Verona.

Mi stringo nella felpa mentre esco di casa per raggiungere il circo che, ormai, è diventato per me un appuntamento fisso.

Ogni sera, 10 minuti prima che finisca l'ultimo spettacolo, mi faccio trovare fuori da quell'immenso tendone, dove aspetto Mario, per portarlo a fare un giro o semplicemente per scambiare due chiacchiere insieme a lui.

Mi piace passare il tempo in sua compagnia, è diverso dai miei amici, è...Mario.
Semplicemente.

Mentre lo aspetto ripenso a quando, qualche giorno fa, è venuto a casa mia fidandosi completamente di me che, in fin dei conti, sono per lui nient'altro che uno sconosciuto.

Si è spogliato sotto ai miei occhi con non poche difficoltà per far sì che io potessi osservarlo e, nonostante l'imbarazzo iniziale, abbiamo raggiunto subito un buon livello di complicità.

Ho osservato in silenzio come la sua schiena ambrata è puntellata da diverse cicatrici, ma è stata un particolarmente evidente e grande ad attirare la mia attenzione.

Non me ne ha voluto parlare, anzi si è subito incupito e così, per rimediare, ho deciso di prendere un pennello ed iniziare a rendere un po' meno dolorosa quella ferita che è per lui, evidentemente, ancora aperta.

Per quel poco che mi ha dato modo di vedere è un ragazzo insicuro tanto fisicamente quanto emotivamente e non so perché, ma ho sviluppato un grande senso di protezione verso di lui, tanto che non vorrei mai ferirlo in qualche modo.

A destarmi dai miei pensieri è quel suo ciuffo nero che vedo spuntare dall'entrata del tendone, accompagnato da un bellissimo sorriso che nasconde ancora un po' d'imbarazzo.

"Ciao" mi avvicino per abbracciarlo perché anche se non è da me, con lui sento di farlo.

"Ei" scompiglio appena i suoi capelli e lo vedo chiudere gli occhi.

Vorrei dargli tutto l'affetto che io non ho mai avuto.

Mi batte sul tempo e prima che io possa proporgli un posto in cui passare del tempo insieme, lui mi trascina verso l'interno.

La prima volta che ho messo piede in questo posto è stato a causa della mia caratteristica curiosità che decide sempre al mio posto, e che sin da bambino mi guida noncurante dei rischi.

Mi guardo intorno, scrutando ogni minimo particolare e mi lascio trascinare fino al luogo in cui, da quello che vedo, Mario si cambia e prepara prima dello spettacolo.

Osservo gli attrezzi, passo in rassegna i costumi e prendo sempre più consapevolezza di quanto tutto in questo posto mi attragga.

Vedo Mario rovistare in un baule fino a tirarne fuori qualcosa di familiare, la mia felpa.

Quella che gli avevo prestato qualche sera fa, quando abbiamo osservato insieme le stelle illuminare il cielo di Verona.

"Volevo restituirti questa" me la porge mentre mi guarda di sottecchi, "grazie ancora per avermela ceduta"

Il ricordo di quella sera si fa spazio nella mia mente e probabilmente un sorriso illumina il mio volto.

"Tienila" scuoto la testa e lo invito a metterla a posto.

"Cla no, è tua!" testardo come pochi.

Restiamo il silenzio per qualche secondo ed entrambi ci guardiamo negli occhi, convinti in egual modo di non voler perdere questa battaglia.

"Posso chiamarti così...?"

Lo sussurra appena cercando speranzoso la conferma nel mio sguardo.

Mario ha sempre il terrore di sbagliare, di dire cose inopportune o di prendersi troppa confidenza.
Forse in passato si è relazionato con persone che gli hanno fatto pesare una differenza che in realtà non esiste.

Lui è esattamente come me e voglio lo capisca.

"Certo che puoi" tutti i miei amici mi chiamano così e non vedo perché non dovrebbe farlo lui.

"Mario quando sei con me, qualsiasi cosa ti passa per la mente, falla."

Fai ciò che vuoi Mario ed impara a credere in te stesso.

Sorride e nel mentre lo vedo sedersi accanto a me.

"Cla tieni dai, veramente" sorride perché sa che ormai è una battaglia persa e che quella felpa non la prenderò mai più indietro.

La prendo e gliela infilo facendo scorrere la zip e tirandogli su il cappuccio.

Sorrido un po' perché è grande per il suo corpo gracile ed il cappuccio gli copre appena gli occhi.

Lo vedo stropicciarsi appena gli occhi.

"Sei stanco?"

"Si oggi più del solito" sbadiglia e gli occhi lacrimano appena.

Alzo il braccio per posarlo intorno alla sua spalla e permettergli di adagiarsi a me.

Senza pensarci due volte si lascia andare e posa la sua testa nell'incavo del mio collo solleticandolo appena con il suo respiro, mentre io comincio ad accarezzargli il braccio.

"Mario.." richiamo la sua attenzione e lo sento mugugnare.

"Voi come fate con la famiglia e con gli amici visto che cambiate spesso città per lavoro?" schiude appena gli occhi e mi guarda dal basso, restando con la
testa appoggiata sulla mia spalla.

Prende la mia mano e con naturalezza inizia a giocherellarci tracciandone con le dita i contorni.

"Il circo è la mia famiglia e a parte Valentina, non ho amici" tira un sospiro e lo dice così, come se fosse una cosa ovvia, come se dovesse essere così.

Vedo Mario glissare volutamente il discorso famiglia, e penso che nessuno più di me potrebbe mai capire.

"Quelli come noi vengono visti come fenomeni da intrattenimento" sorride amaramente "le persone pensano che la nostra vita sia un gioco proiettato a divertire, corpi che si muovono, ma senza sentimenti o anima"

Riesco a percepire la delusione nella sua voce ancor prima che nei suoi occhi.

"Sono cresciuto con Valentina, mai nessun bambino o adolescente ha voluto far amicizia con noi" sorride sarcastico ed io mi sento in colpa per tutte quelle persone che lo hanno fatto sentire in difetto.

"Mario, ascoltami" richiamo la sua attenzione su di me "tu non hai niente di sbagliato o di diverso, sei un essere umano come tutti e non ti devi sentire meno di nessuno" glielo sussurro, ma forte e chiaro mentre lo sento farsi piccolo fra le mie braccia.

"Nessuno mi aveva mai detto queste cose, tu riesci a farmi sentire un po' più giusto."

"Tu sei giusto, e vali anche tanto"

Non voglio che lui si senta inadeguato al mondo che scorre oltre quella barriera che la gente ha costruito per lui.

"Grazie.."

Si tira su e mi abbraccia, un po' più forte.

È uno di quegli abbracci che sanno un po' di gratitudine e un po' di mancanze.

Mancanze che potremmo condividere e colmare a vicenda.

"Senti che ne dici se un giorno di questi torni a casa mia? Magari potremmo iniziare"

Potremmo iniziare a scoprire le nostre ferite e magari scambiarci la cura.
Potremmo condividere qualcosa di bello io e te.

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