✣Episodio 8✣

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Aprii la porta antipanico dell’ultimo piano dell’università, quella che portava alla terrazza e sicuramente a Jungkook.
Fermo sulla soglia vidi una Momo furibonda che assestò un calcio poco convinto alla suola della scarpa del mio amico seduto a terra che la guardava stanco.
Le disse qualcosa che io non colsi ma, dall’espressione ferita della ragazza potevo dedurre che non fosse qualcosa di piacevole; quando Jungkook ci si metteva poteva uccidere con le parole, lui aveva quella fine capacità di saper sempre dove poterti colpire come se i suoi occhi potessero scoprire dove e quale fosse il tuo tallone d’Achille.

Smisi di essere uno spettatore e mi avvicinai al mio amico ormai lasciato solo e mi sedetti affianco lui, in silenzio «Sei qua per sapere cosa ho fatto a Chanyeol per farmi ridurre così?» «Conoscendo il tuo modo fastidioso di parlare, non mi sorprende che tu sia conciato così» l’altro fece un risolino ma fu subito strozzato da un sussulto di dolore «Non credo che smetterò mai di far arrabbiare le persone intorno a me» di nuovo accompagnammo le parole con una risata amara che di felice non aveva niente eppure anche quei momenti facevano parte della nostra amicizia; ricordavo perfettamente quando ci ritrovammo nella stessa situazione ma a parti inverse per Rose.

A quel tempo, per la mia migliore amica, mi sarei fatto massacrare di calci e pugni e Jungkook non ci pensò due volte a spalleggiarmi ed infine a pregare per me per la vita di Rose.

Se Rose era il mio cuore, Jungkook era la mia anima.

Mi voltai verso il ragazzo sofferente con il labbro e lo zigomo spaccato e continuai a perdermi nei miei pensieri: che aveva fatto? Perché proprio Chanyeol? Dovrei rimproverarlo o semplicemente stargli accanto in silenzio? Cosa ci faceva Momo qui? «Smettila Sehun. Riesco a sentire quello che stai pensando pur non guardandoti» ma si voltò a puntare i suoi occhi scuri nei miei ed in quel momento presi il coraggio di chiedergli «Perché Momo era qua?» il tempo sembrava immobile esattamente come Jungkook dopo aver sentito la mia domanda, come i nostri cuori e nostri respiri.
Una domanda con mille risposte e tutte potevano essere inesatte, tutte potevano deludermi o rendermi felice.
Tutte potevano mettere fine alla nostra amicizia «È venuta a rincarare la dose del suo fidanzato. Non bastava farmi pestare ma anche che la sua fidanzatina mi venisse a minacciare di stargli lontano. Non so proprio cosa voglia da me.» l’ultima frase pareva averla detta più a sé stesso che a me.
Glicredetti.
Volevo credergli, troppo spaventato per prendere in considerazione una scelta diversa «Non hai intenzione di raccontarmi cosa hai detto a quell’idiota?» rimase in silenzio e dopo spuntò un po’ di saliva mista al suo sangue, lasciò ciondolare la testa in avanti con gli occhi chiusi.

Che stesse pensando a ciò che fosse successo? O quello che doveva dirmi? «No, non posso» come il tonfo di un masso pesante che annega nelle acque fredde e profonde così fu per me la risposta del mio migliore amico «Che razza di segreti mi stai nascondendo?» prima che lui mi rispondesse sentimmo la stessa porta da cui arrivai aprirsi un’altra volta lasciando entrare una testa ramata che non poteva meglio rappresentare l’umore della ragazza che li portava «Yah! Stupido idiota» mi alzai per correrle incontro e fermare la sua marcia minacciosa verso Jungkook «Cosa diavolo hai nella testa? Frutti marci?» cercai di farla stare in silenzio ma Rose non ne voleva sapere di tacere e smettere di sfogare la sua frustrazione sul mio amico «Non posso credere che tu ti sia messo a fare una rissa…» Jungkook si alzò, interrompendola e la guardò con la rabbia negli occhi «Con il tuo Chanyeol? È questo il problema vero? Se fosse stato un altro allora sarebbe andato bene, nessuno mi avrebbe guardato come se avessi commesso l’errore più grande della mia, come se avessi imprecato contro il proprio Dio benevolo però è Chanyeol quindi di conseguenza sono io il carnefice da mettere alla gogna» io e Rose rimanemmo di sale difronte allo sfogo di lui.

La ragazza gli si avvicinò e tese la propria mano sullo zigomo tumefatto di Jungkook «…e ti sia fatto così male» Rose finì la frase che l’altro interruppe.

Gli sorrise e alla fine, il ragazzo che un attimo fa sembrava forte e misterioso, cadde tra le braccia di Rose piangendo come un bambino continuando a ripetere quanto tutto gli facesse male.
È vero, tutto faceva male, ma perché avevo l’impressione che non stesse parlando delle sue ferite o dei lividi che aveva sicuramente in tutto il corpo?

Mentre stavamo attraversando l’università notai che tutti gli occhi erano puntati su di noi: avrei voluto urlare.
«Dobbiamo portarti all’ospedale» sussurrò Rose «No, sto bene. Non ho niente di rotto!» la ragazza mi guardò per cercare sostegno ma io mi limitai a dire «Dopo tutti questi anni non hai ancora capito che non devi chiedere nessun permesso a Jungkook? Se vuoi portarlo all’ospedale ce lo porti» «Non c’è bisogno di portarlo all’ospedale. Mia madre è medico nell’infermeria universitaria» ci voltammo all’unisono verso la voce che apparteneva a Baekhyun «Sul serio ci stai aiutando?» nella mia inflessione una distinta punta di stupore «Non per mio volere. Me l’ha chiesto Jimin» «E a lui non puoi proprio dire di no» Baekhyun e Jungkook si guardarono in cagnesco e di nuovo la sensazione che il mio amico mi stesse nascondendo delle cose riaffiorò fuori «Mi chiedo a chi tu non puoi dire no per essere conciato in questo modo» Jungkook si liberò della nostra presa, che fino a quel momento lo stava sostenendo, e prese per il colletto Baekhyun «Vuoi che ti conci nella stessa maniera?» mi misi in mezzo staccando il mio amico dall’altro che gli sorrideva divertito «È proprio vero che la verità, a volte, fa più male di una bugia» si voltò e fece cenno di seguirlo.

La madre di Baekhyun lo visitò e decretò che non c’era veramente niente di rotto, ringraziammo sia lei che il figlio per essersi presi cura del nostro amico e lo portammo a casa nostra.
«Non puoi andare a casa tua così, i tuoi genitori si arrabbieranno parecchio» Jungkook fece spalline mentre sorseggiava la birra che gli avevo offerto «I tuoi non ci sono?» «Ovviamente no. Sono in Europa per un viaggio di lavoro, credo che sia un corso di aggiornamento» «E dovevano farlo proprio in Europa?» «Meglio così, non mi piace averli troppo intorno» aprii anche io la mia birra e feci un sorso.

Nel momento in cui mi accorsi che Rose non era nei paraggi, mi guardai bene intorno fino a gridare il suo nome così da potermi far sentire in tutta la casa.
La vidi arrivare dal corridoio dove c’erano le scale che portavano alle nostre camere da letto; quando entrò in salotto teneva in mano una lettera e sul volto uno sguardo felice ma confuso.

Mi allarmai «Cos’è? Dove l’hai presa?» Rose si sedette sul tappetto davanti al divano e mi passò il foglio di carta leggermente stropicciato.
Lo aprii e si presentò una calligrafia ordinata con un rimando professionale e serio che poteva far pensare ad un invito ufficiale da parte di un nobile dell’epoca.
Anche se si trattava effettivamente di un invito non era da parte di un nobile

“Vorrei parlare con te.
Vedere la tua figura che mi sovrastava con tanto orgoglio e tanta forza mi ha fatto venir voglia di vederti e conoscerti veramente.
Mi sei sembrata un bel mistero e, si da il caso, che io ami risolvere qualunque enigma.
Per favore incontriamoci nel fine settimana nel caffè dell’università.
Chanyeol.”

Guardai Rose e senza capirne bene il motivo con un unico e deciso gesto strappai la lettera a metà.

Guardai Rose e senza capirne bene il motivo con un unico e deciso gesto strappai la lettera a metà

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