2 - bakeneko

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...E accanto al vecchio e sporco peluche dalle sembianze feline e il pelo grigio cenere, seduto compostamente sul marciapiede, vi era un gatto vero e proprio, nero come la pece e con gli occhi di un verde brillante.
Yoichi.

- E su con la vita! -

Esclamò di slancio una ragazza dai corti e lisci capelli corvini, con una frangetta così lunga da coprirle quasi gli occhi, come se i suoi piccoli occhiali dalla montatura spessa non fossero già abbastanza.

In tutta risposta il moro si voltò lentamente verso di lei, osservandola con uno sguardo così triste e desolato da darle i brividi.

- Sarò sincera con te: mi fai paura. -

- Grazie Saya... -

- Non è colpa mia se fai paura. -

- Infatti ti ho ringraziata. -

- Ma lo hai detto in tono ironico! -

- Saya... - La riprese allora un secondo ragazzo. - Adesso basta, non lo vedi che è esausto? -

- Certo che è esausto, Akinari, lo sarei anch'io se avessi passato le ultime sette notti in bianco solo per aspettare il ritorno di un gatto! Ma non l'ho fatto, innanzitutto perché non ne ho uno e poi perché se anche lo avessi e improvvisamente quello se ne andasse via per più di una settimana, non sarei mai così scema da sperare in un suo ritorno, ma senza piangerci troppo mi farei una ragione del fatto che sia stato investito o che si sia semplicemente trovato una sistemazione migliore. -

- Saya! - Esclamò nuovamente il ragazzo, osservando allibito la sua compagna di classe. - Ma ti sembrano cose da dire? - Quindi si voltò preoccupato verso l'altro. - Non l'ascoltare, Kunio, lo sai com'è fatta... -

Ma a quel punto si interruppe di colpo nel notare che il moro non stava effettivamente ascoltando Saya, nè se è per questo le sue parole.
Se ne stava seduto al suo posto, con gli avambracci posati sulla superficie del banco e lo sguardo perso nel vuoto. 
Rimase così finché poco dopo la campanella non suonò, segnando la fine della pausa pranzo.

Un paio di ore dopo, mentre era in corso l'ultima lezione della giornata, il ragazzo stava prendendo appunti quando qualcuno lanciò una piccola pallina di carta sul suo banco.

Kunio sussultò, guardando subito in direzione della cattedra per assicurarsi che il professore non si fosse reso conto di nulla.
Fortunatamente, essendo in quel momento l'insegnante voltato verso la lavagna, non corse alcun rischio e potè aprire tranquillamente il biglietto.

"Mi dispiace per prima. Mi perdoni?"

Kunio sorrise leggermente nel leggerlo.
Ma non perchè fosse stato commosso dalle scuse di Saya, infatti gli era fin troppo evidente che a scriverglielo non fosse stata affatto lei, la conosceva bene e sapeva per certo che non gli avrebbe mai chiesto scusa, non tanto per orgoglio, quanto perché non sarebbe mai neanche riuscita a capire di aver sbagliato.
Il motivo del suo sorriso fu invece dovuto al fatto che riconobbe all'istante in quella calligrafia la mano di Akinari e rimase colpito dal suo tentativo di far fare loro pace.
Molto probabilmente aveva mandato un biglietto simile anche a Saya, benché Kunio non avesse proprio nulla di cui doversi scusare.

Mentre riappallottolava il pezzetto di carta e lo riponeva nell'astuccio, il sedicenne pensò che avrebbe perdonato l'amica.
Dopotutto non aveva mai avuto intenzione di litigare con lei (anzi, in realtà perso com'era nei suoi pensieri, a malapena si era reso conto di averlo fatto) e sapeva bene che, almeno in parte, aveva ragione.

Facendo attenzione a non fare rumore, strappò un pezzetto di carta dal suo quaderno e ci scrisse sopra "grazie". Quindi senza voltarsi lo passò al banco situato dietro il suo, dove stava seduto l'amico.

Mentre posava il pezzetto di carta, però, sentì la sua mano scontrarsi contro quella di qualcun'altro.
Subito si voltò alla sua destra e per poco non scoppiò a ridere nel vedere che anche Saya in quel momento stava consegnando un biglietto all'amico, probabilmente contenente proprio lo stesso messaggio o qualcosa di simile.
Per quanto animato da buone intenzioni, Akinari era stato scoperto all'istante.

~

- Ehi, vi va di fare un salto in quel negozio di dolci vicino casa mia? Se non sbaglio ieri è iniziata la festa di Inari, magari hanno preparato qualcosa di particolare per l'occasione. -

Propose il biondo durante il tragitto verso casa.

- D'accordo. - Rispose la corvina con una rapida alzata di spalle. - Kunio? -

- Mhm? -

Ribattè il ragazzo voltandosi verso i due.

- Non dirmi che stavi ancora pensando a... -

- Ti va di andare in pasticceria? -

Si intromise Akinari prima che Saya finisse la frase.

- No, grazie. Tornerò subito a casa. -

Rispose il moro scuotendo lievemente il capo.

Saya fece per ribattere, ma con un rapido calcio nello stinco il biondo l'ammonì prima ancora che potesse aprire bocca.

- Allora io vado. - Disse Kunio quando i tre si trovarono ad un crocevia. - A domani! -

~

- Duecentotrè... -

Mormorò il ragazzo, seduto a gambe incrociate sull'orlo del marciapiede davanti casa, riponendo in una piccola busta di plastica l'ennesima gru.

Mentre piegava il duecentoquattresimo pezzetto di carta, si ritrovò a starnutire a causa del freddo.
Ormai il sole era tramontato da tempo e solo un paio di vecchi lampioni illuminavano la strada.

Con le mani che tremavano, infilò la piccola gru di carta nella busta.

Quindi si preparò a farne un'altra ancora.

Aveva appena piegato in due il foglietto, però, che una delle finestre del piano terra si spalancò e si affacciò suo padre.

- Kunio, entra che la cena è pronta! -

- Ecco, un attimo e arrivo! -


Dopo aver dato un'ultima sconsolata occhiata per strada a destra e a sinistra, il sedicenne infilò la busta di plastica all'interno dello zaino, quindi richiuse la cerniera e se lo mise sulle spalle.
Si era pero appena voltato verso l'ingresso, quando una folata improvvisa di vento lo fece rabbrividire e poi starnutire rumorosamente.
Allo stesso tempo però, quella folata portò alle sue narici uno strano odore, come di fango e pelo bagnato.

Sentì allora un rumore improvviso, come di foglie secche calpestate.

Il cuore prese a battergli all'impazzata e quando voltandosi riconobbe quelle iridi verde brillante per poco non scoppiò a piangere.


- ...Kunio! -

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