9 (lunedì)

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- Papà, puoi passarmi l'acqua? -

Senza dire una parola l'uomo afferrò la bottiglia e la spostò in punto del tavolo più accessibile al figlio.
Nel mentre però il suo sguardo non smise mai, neanche per un solo istante, di rimanere puntato verso quel qualcosa, o meglio, quel qualcuno che si trovava al fianco del sedicenne.

Seppur a disagio, Kunio allungò la mano e si versò da bere, quindi portò il bicchiere alle labbra.

Per cinque interminabili minuti nessuno disse nulla.
Perfino Aiko, solitamente dotata di una parlantina quasi logorroica, si limitò a mangiare in silenzio, sollevando anch'ella tra un boccone e un altro lo sguardo verso l'"intruso".

- Quindi... - Proruppe tutto d'un tratto una donna dai lunghi capelli corvini, la zia di Kunio. - Hai detto che questo tuo amico è di ritorno dal Co...Ehm... -

- Dal Comiket. - Le venne in soccorso il nipote, lo sguardo puntato sul piatto. - Solo che non è di queste parti e dato che alla stazione gli hanno rubato lo zaino nel quale aveva il biglietto per tornare a Fukushima, trovandosi nelle vicinanze ha pensato di venire da me. -

- E come vi siete conosciuti se vive in un'altra città? -

Intervenne lo zio del ragazzo.

- Al Comiket di agosto. -

- Ma sei proprio sicuro che non sappia una sola parola di giapponese? - Intervenne Aiko. - Se è arrivato in Giappone da cinque mesi ormai dovrebbe aver imparato qualcosa. -

- È cagionevole. - Rispose Kunio di getto. - Molto cagionevole. Così i suoi genitori non lo fanno uscire spesso di casa. Inoltre essendosi trasferito da poco segue delle lezioni private, da un insegnante che parla la sua stessa lingua. -

- Ovvero? -

Domandò questa volta la madre, insegnante di inglese nella stessa scuola frequentata dal figlio e organizzatrice di corsi serali di cinese e coreano.

- Il laotiano. -

- Viene dal Laos? - Chiese a quel punto il padre, strabuzzando gli occhi sorpreso. - Sai, quand'ero giovano c'erano dei cari amici dei miei genitori che venivano proprio da lì, così ho imparato qualche parola di laotiano, magari riesco a ricordare qualcosa. -

- Non ce n'è bisogno. - Rispose all'istante Kunio, rischiando quasi di strozzarsi a causa della sorpresa. - Lui parla un particolare dialetto laotiano, in cui ci sono una pronuncia diversa e molti termini non presenti nella lingua ufficiale, probabilmente non ti capirebbe. -

- Ma allora come avete fatto a capirvi voi due? - Intervenne nuovamente Aiko. - Insomma, in qualche modo dovrete pur aver comunicato se siete diventati amici, no? -

- Al Comiket di agosto, dove ci siamo conosciuti, c'era anche un suo amico che conosceva sia il giapponese che il laotiano, ci ha fatto da interprete. -

- Un momento... - Mormorò allora la cugina. - Ma il Comiket non c'è una volta ad agosto e una a dicembre? -

- Quello di Kyoto è diverso. - Rispose prontamente il ragazzo. - Si fa ad ottobre. -

- Non sapevo lo facessero anche qui. - Commentò Aiko strabuzzando gli occhi. - Ma allora perchè tu vai sempre a quello di Tokyo? -

- Perchè questo di Kyoto non è fatto molto bene. Ci sono molti meno articoli e pochi ospiti speciali ed eventi. È per questo che non è neanche molto conosciuto. -

Quindi scese nuovamente il silenzio, rotto unicamente dal ticchettio delle posate nei piatti e dal continuo masticare dell'adolescente laotiano, il quale, affamato com'era, pareva non aver minimamente intuito di essere l'argomento principale della conversazione.

- Non si è portato un cambio? -

Chiese dopo alcuni istanti la madre di Kunio, osservando con un misto di perplessità e compassione l'abbigliamento del ragazzo.

- Era nel suo zaino, ma come vi ho già detto glielo hanno rubato mentre era alla stazione. - Rispose il figlio. - Insieme a tutte le altre cose che aveva, come il cellulare, il portafoglio e gli acquisti del Comiket. -

- Questa sì che è sfortuna... - Mormorò la zia, osservando dispiaciuta il ragazzo. - Magari possiamo dargli un passaggio noi. -

- Come? -

Ribattè Kunio sussultando.

- Beh, hai detto che vive a Fukushima, no? È proprio sulla strada per tornare a Sapporo. Domani mattina può venire con noi. -

- Ho detto Fukushima? - Ribattè il moro ridendo leggermente e scuotendo il capo un paio di volte. - Ho sbagliato, volevo dire Kagoshima. -

- Oh, ma è proprio dalla parte opposta... -

Mormorò la donna in tono dispiaciuto.

- Senti. - Proruppe a quel punto Aiko, rivolgendo uno sguardo sospettoso al cugino. - Se hai detto che sei riuscito a conoscerlo solo perché questa estate c'era con lui un interprete, come fai adesso a sapere così bene tutto ciò che gli è successo? -

- Google traduttore. -

Quindi ancora una volta tornarono tutti in silenzio, un silenzio carico di dubbi e sospetto. Come se tutti i presenti stessero fremendo dalla voglia di chiedere altro, ma al tempo stesso per timore di risultare indiscreti stessero facendo di tutto per trattenersi.

- Ma... - Iniziò allora il padre di Kunio, dando finalmente voce a quella domanda che era stata sulla punta della lingua di tutti i presenti dal primo istante in cui avevano visto il misterioso quanto inaspettato ospite di quella sera. - È proprio necessario che si tenga addosso quelle cose? -

Kunio si morse leggermente il labbro inferiore all'udire quella domanda, era chiaro che prima o poi qualcuno lo avrebbe chiesto, ma fino a quel momento aveva sperato che la discrezione e l'imbarazzo avrebbero avrebbero avuto la meglio.

- Beh, perché così si sente a suo agio, no? - Si ritrovò a dire alla fine, ridendo nervosamente, senza quasi sapere come andare avanti. - Insomma, immagino che questa situazione sia abbastanza imbarazzante per lui, quindi forse l'avere vicino qualcosa che gli è familiare e a cui tiene gli da più sicurezza. -

Congratulandosi mentalmente per quella trovata, Kunio osservò soddisfatto gli sguardi comprensivi dei suoi familiari, per poi tornare a rivolgere la sua attenzione sulla cena.
Non osava rivolgere lo sguardo verso il ragazzo seduto alla sua sinistra, in parte perché neanche lui riusciva ancora a credere che fosse realmente lì e in parte perché temeva che se si fosse voltato, sarebbe scomparso.

- Comunque bisogna ammettere che è un cosplay fatto davvero bene. - Commentò Aiko. - Quelle orecchie da gatto sembrano quasi vere, per caso c'è un meccanismo che le fa muovere? -

- Certo. - Rispose il cugino annuendo più volte con il capo. - Come anche per la coda. -

- Che personaggio è? - Chiese ancora la ragazza. - Non mi pare di averlo mai visto prima. -

- È di un manga poco conosciuto, neanche io l'ho mai letto. Mi aveva detto il titolo, ma l'ho dimenticato, magari poi glielo richiederò. -

- A proposito. - Disse allora la madre del ragazzo. - Come hai detto che si chiama? -

Kunio deglutì a quella domanda e un brivido gli attraversò la spina dorsale nel momento in cui pronunciò quell'unica parola.

- Yoichi. -

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