13 (lunedì)

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- Allora? -

All'interno del buio e angusto vicolo cieco, le voci e i rumori provenienti dalla strada arrivavano come ovattati, quasi appartenessero ad un altro mondo.

- Sì o no? -

Non era poi così tardi, forse appena le cinque o le sei del pomeriggio, ma a causa delle nubi cariche di pioggia che oscuravano il sole, tutto appariva come sbiadito, circondato da un alone di tristezza e desolazione... Di morte.

- Insomma, dì qualcosa! -

Perfino l'aria lì era strana.
Agrodolce e penetrante.
Portava con sè non il soffio della vita, ma il sospiro della morte.
Satura di sangue.

- Mi pare di aver sentito dire in giro che ci tace acconsente, giusto? -

Il tempo pareva quasi congelato, come se quel piccolo e insignificante vicolo buio fosse stato di punto in bianco inglobato all'interno della pallina con la neve di qualche turista.

- Quindi adesso mi stai dicendo di sì per caso? -

A terra, in mezzo a cartacce, escrementi di piccione e strane chiazze scure, il tentativo fallito di qualche cane randagio di passaggio di fare suo quel territorio, risaltava macabro e perlaceo un piccolo ossicino dalla forma allungata.
A pochi centimetri di distanza stava invece un intero cumulo di ossa, piccole e grandi, dalle forme più disparate.

- Guarda che se non ti decidi a dire nulla, lo prenderò davvero per un sì. -

E poi, nelle profondità del vicolo, a quelli che erano appena una ventina di metri di distanza dalla strada, ma che in qualche modo parevano essere interi chilometri, inglobata tre le tre pareti in un intrico di fili, ossa e prede varie, c'era la ragnatela più grande, fitta e mostruosa in cui l'occhio umano avesse mai avuto la sventura di incappare.

- Ma tu... Stai proprio facendo sul serio? -

Gli occhi ambrati assottigliati, le sopracciglia inarcate in uno sguardo scettico e infastidito al tempo stesso, i denti stretti in una morsa, le mani grondanti di un sangue che non le apparteneva strette a pugno, il piede sinistro puntato con forza contro il petto del ragazzo disteso scompostamente per terra, o meglio, contro ciò che restava del corpo di quello che un tempo era stato un ragazzo...

- Mi è sempre stato detto di essere completamente priva di senso dell'umorismo e incapace di mentire, quindi direi di sì. -

Senza fare una piega, la bassa sedicenne ricambiava impassibile lo sguardo inquisitore dell'assassina.

- Toglimi solo una curiosità... - Aggiunse la maggiore mentre lentamente scavalcava il corpo del ragazzo disteso ai suoi piedi, arrivando così a solo pochi centimetri di distanza da quella strana ragazza. - Come mai questa richiesta così assurda? -

- Perché mi piaci! -

Rispose la corvina senza un solo istante di esitazione, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

- Oh, se è così allora immagino di non poter fare altro che accettare... - Disse allora l'altra, mentre sollevava un angolo delle labbra verso l'alto, mettendo per un istante in mostra il canino acuminato. - Credo di aver capito cosa sia successo, ma non immaginavo funzionasse anche sulle ragazze. -

La corvina continuò ad osservarla in silenzio, senza aggiungere nulla.
A dispetto delle sue parole, così piene di eccitazione, il suo tono era quasi apatico, spento, come anche al luce che illuminava il suo sguardo.

L'assassina notò questo particolare con sospetto, chiedendosi se dopotutto non stesse davvero recitando, senza sapere che invece la mancanza di emozione sul viso di quella bassa e bizzarra adolescente era dovuto solo ed esclusivamente all'abitudine.
Se solo avesse allungato una mano fino a posarla sul suo petto, sarebbe sicuramente rimasta sorpresa nel constatare quanto il suo cuore stesse battendo rapidamente in quel momento.

La corvina ancora non riusciva a credere a ciò che stava provando in quel momento.
Quando pochi minuti prima aveva sentito quello strano suono provenire dal vicolo e aveva visto il ragazzo dirigersi come ipnotizzato in quella direzione, non aveva potuto fare a meno di avvicinarsi a sua volta.
In un primo momento non era entrata, limitandosi ad affacciarsi per capire cosa stesse accadendo.

Ed era stato allora che l'aveva vista.

Occhi color ambra, circondati da ciglia lunghe e chiare e incastonati proprio come pietre preziose in quel pallido viso di porcellana.
Ma lo sguardo che trasudavano era freddo, calcolatore e spietato.
Le labbra piccole e rosse erano piegate verso l'alto mentre faceva segno al ragazzo di avvicinarsi ancora un po'.
Ma non era il sorriso che una ragazza avrebbe potuto rivolgere al suo amato, piuttosto era il tipo di sorriso che una persona avrebbe potuto fare nel ritrovarsi, dopo interminabili ore di digiuno, davanti ad un delizioso banchetto.
I capelli erano corti, chiari e spettinati.
Sporchi, anzi, adornati di una miriade di piccoli fili di ragnatela.
Le mani dalle dita lunghe e affusolate posarono con grazia a terra lo strumento musicale a corde.
O meglio, l'esca con la quale aveva attirato lì le sue prede.

E in qualche modo, senza capire lei stessa come fosse possibile, nel vederla mentre faceva sua l'ignara, povera preda di turno, tutto aveva provato la corvina meno che il desiderio di scappare via prima di venire scoperta.
Il cuore aveva preso a batterle con forza nel petto, come cercando di saltare fuori dalla gabbia toracica e un'insieme di emozioni, sì, proprio emozioni, avevano iniziato ad agitarsi con foga dentro di lei.
Per la prima volta non si era sentita solo bene o male.
Per la prima volta era riuscita a provare nel medesimo istante il terrore più assoluto e l'euforia più pura.
Il tutto misto nella più travolgente, fuori luogo e assurda forma di attrazione che le fosse mai capitato di provare.

E così la bassa e strana adolescente dai capelli corvini si era semplicemente fatta avanti, il viso apatico, ma il petto sul punto di scoppiarle.

- Come ti chiami? -

Aveva chiesto, non sapendo in che altro modo intavolare una conversazione.

- Il mio nome? - Aveva ribattuto l'altra, mascherando lo stupore di sentirsi rivolgere la parola a quel modo dietro un sorriso mellifluo. - Non ce l'ho. Tu piuttosto chi sei? Hai qualcosa da dire prima di andare a fare compagnia a questo qui? - E nel dirlo puntò il piede destro sul petto del cadavere.

- Sì, una cosa da dire ce l'ho. - Rispose la minore avvicinandosi, apparentemente priva del seppur minimo timore. - Volevo chiederti se non ti dispiacerebbe prendermi con te, sempre se non ti è di troppo disturbo ovviamente.
Ah, comunque il mio nome è Saya. -

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