Capitolo 18

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L'attacco di panico se ne andò lasciando spazio alla vergogna.

Brandon mi guardava preoccupato e spaventato, a quanto pareva aveva paura di aprire la bocca e dire qualcosa di sbagliato.

"Scusa" dissi imbarazzata.

Avevo rovinato tutto.

"...Stai bene?" mi chiese incerto.

"Non so cosa mi sia successo... Non mi veniva un attacco di panico da anni..."

"Mi avevi detto che andava tutto bene, che non avevi paura. Sai che mi sarei fermato se solo tu me l'avessi chiesto"

Mi sentivo davvero un'idiota.

"Non avevo paura infatti... Non so perché poi il mio corpo ha reagito così... Mi dispiace, ho rovinato tutto"

"Fa lo stesso, ma... posso chiederti a cosa è dovuto? Ho fatto qualcosa in particolare che ti ha scatenato l'attacco di panico?"

Non sapevo cosa rispondere.

"Se me lo dici eviterò di farlo la prossima volta"

La prossima volta...

In realtà sapevo bene cosa mi aveva provocato l'attacco di panico: ero ancora sotto shock dalla sera prima, e il pensiero di fare sesso di nuovo mi turbava.
In fondo, in un certo senso ero stata quasi "stuprata", perciò penso che la reazione fosse del tutto motivata.

Perché lui non lo capiva?

'La prossima volta' aveva detto... Forse non ci sarebbe dovuta essere una prossima volta, forse avevo bisogno di prendermi un po' di pausa, quella relazione mi stava facendo male, faceva raffiorare ansie che avevo sconfitto da molti anni.

"Scusa, è meglio che io vada adesso"

"No aspetta... Non sono arrabbiato, lo capisco che non l'hai fatto apposta"

"Grazie Brandon, ma ho bisogno di andarmene, e poi si sta facendo buio"

"Ti accompagno. Tanto devo tornare al parco, ho lasciato là la bicicletta"

Ci pensai su un po': ciò che mi soffocava era essere con lui in una stanza chiusa, ma fuori era un'altra storia: ero stata bene con lui fino a poco tempo prima. E poi andare in giro da sola al buio non mi sembrava il massimo.

"Va bene..."

Lui, che era rimasto in piedi impietrito tutto il tempo, si sedette sul letto di fianco a me.

"Posso... posso toccarti? Non voglio farti tornare l'attacco di panico..."

Annuii.

Brandon mi accarezzò un braccio delicatamente, e poi mi portò una mano sulla schiena.

"Sei ancora tesa" mi disse, "lo percepisco".

Nonostante il mio primo pensiero fosse 'e grazie al cazzo, ho appena avuto un attacco di panico!', mi limitai a guardarlo e dire: "Mi sto ancora riprendendo..."

Dovevo assolutamente stare calma.

In fondo stava facendo del suo meglio per risolvere la situazione.

"Ti prometto che non ti farò altre domande riguardo a ciò che è successo, capisco se non vuoi parlarne"

"Grazie"

"Adesso però rivestiti, rivorrei indietro la mia coperta" aggiunse per cambiare argomento.

Il mio seno era coperto solo da quel lenzuolo bianco che lui mi aveva messo addosso.

Mi imbarazzava dovermi rivestire davanti a lui, il che era strano, visto che ormai aveva già visto tutto quello che si poteva vedere.

Non sapevo come dirglielo, ma lui a quanto pare recepì il messaggio dal mio sguardo.

"Ho capito, mi giro" disse prontamente.

Mi aveva capita subito. O forse era abituato a ragazze che si spogliavano nella sua camera da letto?

Mentre mi rivestivo lui mi dava le spalle, ma mi accorsi del suo sguardo addosso a me attraverso lo specchio.

Mi girai di schiena, consapevole che i suoi occhi non si sarebbero mossi, ma decisi di non dire niente, avevo già fatto abbastanza danni.

Lungo la strada verso il parco non parlammo molto, anzi non dicemmo quasi niente, finché lui non ruppe il silenzio.

"Perché non parli?"

"Non ho niente da dire"

"Amy... ero appena riuscito a superare la barriera della tua timidezza, e adesso sei tornata al punto di partenza, e tutto solo per..."

"Avevi detto che non ne avresti parlato"

"Non mi stavo riferendo all'attacco di panico. Stavo dicendo per colpa mia, è tutta colpa mia, avrei dovuto essere più prudente, aspettare, rispettare i tuoi tempi... Ma come al solito ho mandato tutto all'aria. Lo vedi cosa intendevo quando ti dicevo che ho un problema con il sesso? Non riesco a farne a meno. E mando sempre a puttane tutte le cose belle che mi succedono per questo."

Lo guardavo cercando di capire.

"Per lo meno mi hai permesso di accompagnarti a casa. Vuol dire che non mi odi" aggiunse poi.

"Odiarti?"

Non riuscivo a capire.
E come potevo odiarlo? Era così carino con me... O forse era solo una mia distorsione mentale provocata dalla cotta che avevo nei suoi confronti, che mi faceva vedere la realtà in modo sbagliato?

"Stai tranquillo, non ti odio"

Lo vidi abbassare gli occhi ma sorridere.

Non riuscivo a capire cosa stesse pensando.

Non ci riuscivo mai con lui.

Arrivammo al parco e lui raccolse la sua bicicletta, ancora per terra.

Avrei scommesso che qualcuno l'avesse rubata, e invece no, era ancora lì.

"Abiti lontano?" mi chiese.

Quel minimo di cognizione che mi era rimasta mi impedì di rivelargli il mio indirizzo, sarebbe stata una mossa troppo stupida.

"No, da qui vado da sola, grazie" risposi.

"Sei sicura?"

Annuii.

"Va bene allora... Ci vediamo"

Vidi l'imbarazzo nei suoi occhi mentre si avvicinava a me restando sempre ad una certa distanza.

Era come se mi stesse chiedendo il permesso di baciarmi.

Dopo l'attacco di panico era attento ad ogni suo movimento.

Mi avvicinai io a lui e gli piazzai un bacio sulla guancia, niente di più.

"Ci vediamo Brandon"

TUTTO PER COLPA DI UNA FIRMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora