Capitolo 30

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Mi persi un momento dentro di me.

Continuavo a sentire la voce di Sarah al telefono ma non distinguevo le parole.

Il mondo si sfocava tutt'intorno a me.

Non sapevo se fidarmi di lei e crederle oppure sperare che fosse solo un brutto scherzo.

Speravo che stesse mentendo.

Sentii il mio cuore scricchiolare dentro al mio petto.
Rischiava di frantumarsi in mille pezzi.

Non capivo più niente.

L'unica cosa che ricordo è che lasciai cadere il telefono per terra senza interrompere la telefonata e mi precipitai fuori di casa per prendere l'autobus.

Arrivai davanti a quella porta che avevo sperato di non rivedere mai più e non ebbi il coraggio di suonare il campanello.

Avrei chiamato Brandon se non avessi lasciato il telefono a casa sul pavimento, là dove era caduto dalla mia mano.

Cercai una finestra da cui affacciarmi, ma erano tutte chiuse.

Dovevo farmi coraggio e suonare quel maledetto campanello, dovevo sapere la verità.

Sarei solo entrata a controllare e poi sarei uscita, mi dicevo.

'Forza Amy, vedrai che Brandon non sarà lì dentro' continuavo a ripetermi.

'Forza, vedrai che tra poco potrai tornare a casa'.

Dlin dlon

"Chi è?" mi chiese una voce dal citofono, la stessa dell'altra volta.

E ora?

"Vorrei avere un'informazione..." dissi con la voce più incerta che avessi mai avuto.

"Se deve pagare la cauzione, metta i soldi in una busta con scritto il suo nome e li lasci nella cassetta delle lettere".

"No, in realtà dovrei vedere una persona... Cioè, più o meno... Posso entrare?"

Nessuna risposta, finché la porta non si aprì.

Ritrovai tutto proprio come l'avevo lasciato: il pavimento coperto da quella moquette rossa, la luce gialla soffusa, i quadri alle pareti, le scale per il primo piano, con quel corrimano di legno antico...

Alzai lo sguardo.
In cima alle scale c'era quella donna, la stessa dell'altra volta, che mi fissava composta con le mani intrecciate in grembo.

Cazzo se era inquietante... Mi veniva la pelle d'oca.

"Io..."

Provai a dire qualcosa, ma non sapevo come iniziare.

Lei mi interruppe: "La stavamo aspettando, signorina. Manca solo lei. La puntualità non è il suo forte a quanto vedo".

Eh?

"No, no, no, aspetti! Non sono qui per i Giochi!!! Sto cercando una persona" gridai allarmata.

"Oh, beh, mi dispiace per lei ma ha firmato un contratto" mi rispose.

"No, aspetti! Io ho intenzione di pagare la cauzione! Posso non partecipare!"

La donna era lontana da me, lassù in cima alle scale, ma riuscii a vedere un accenno di sorriso sul suo volto mentre scendeva gli scalini e veniva nella mia direzione.

Quando mi fu di fianco srotolò un documento dalle sue mani e me lo mostrò: era il mio contratto.

La guardai senza capire, e lei mi indicò una riga con l'indice della mano sinistra.

TUTTO PER COLPA DI UNA FIRMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora