Capitolo 13

1.4K 93 6
                                    


Una visione eterea quella di Frida nei giardini reali del palazzo, circondata da fiori dai mille colori e vestita con incanto divino. Loki aveva trascorso tutto il pomeriggio a guardarla meravigliarsi e far sciocchezze. L'adorava in modo incalcolabile.
Il resto della serena giornata si spostò alle scuderie dorate dal fieno. Frida amava gli animali, e Loki la portò nel posto più appropriato alla passione della terrestre.
In verità fu Frida a prendere l'iniziativa;
«Mi accompagneresti alle stalle?» domandò come una bambina, annoiata.
«Cosa potrebbe esserci nelle stalle oltre che letame, mosche e cavalli puzzolenti?»
«Per favore.» Frida prese le mani di Loki. Lui non poteva dire di no alle richieste della sua terrestre, non ci riusciva proprio.
La prese per mano e la condusse a passo veloce alle scuderie, dove file di stalle in legno cosparse di fieno in terra accoglievano cavalli possenti e veloci.

Frida accarezzò i musi allungati di tutti i cavalli, fino a che rimase senza fiato con la bocca spalancata dinanzi ad un tranquillo equino collocato alla fine del corridoio.
Un cavallo grigio dalla criniera nera/bianca e dal muso roseo, con macchie grigio scuro lungo la schiena e le zampe, otto per l'esattezza, coperte di pelo morbido e bianco.
Loki tramutò espressione, doveva pur aspettarsi di incontrare quel particolare animale.
La ragazza accarezzò il lungo muso del cavallo, girandosi verso il dio: «Conosco questo cavallo.»
Loki alzò un sopracciglio.
«Ho letto libri sulla mitologia nordica, lui è Sleipnir.» notò il disagio di Loki «Perché non me ne hai mai parlato?»
Loki sbuffò: «È abbastanza imbarazzante come storia, soprattutto per un povero ragazzo padre come me...»
Frida sorrise «Non ci trovo nulla di imbarazzante, al contrario, lo adoro.»
Il dio delle malefatte pareva sorpreso e confuso; «Sleipnir, il cavallo ad otto zampe più veloce dei nove regni!» affermò superiore la ragazza rivolgendosi al cavallo.
«Già lo amo.» sorrise posando la fronte sul ciuffo grigiastro dell'animale e accarezzando il possente collo.

Legò una briglia al muso del cavallo e lo fece uscire dalla sua postazione, portandolo a spasso come un cagnolino, a passo d'uomo.
Loki non seppe dove nascondere l'imbarazzo, la storia che stava dietro quel figlio era bizzarra quanto patetica; grazie alla sua magia, prendendo le sembianze di una puledra, il dio del caos aveva distratto lo stallone del costruttore che stava lavorando alle possenti mura di Asgrad, per evitare che questo finisse entro il tempo prestabilito. In tutto ciò, rimase gravida del quadrupede del mastro.
Si sedettero su una banchina in legno dietro la scuderia, il cavallo grigio che obbediva dolcemente ai comandi sicuri della terrestre.
«Loki, credo che tu debba dirmi altro riguardo ai tuoi figli...» disse comprensiva.
«Come fai a sapere degli altri? Thor ha spifferato tutto?» Loki si mise sulle difensive con un sorriso irritato.
«Nessuno mi ha detto niente, credi non abbia fatto ricerche su di te?»

Loki sospirò guardando difronte a se, riportando poi lo sguardo verso la terrestre.
«Odino ha spesso giustiziato dei criminali pubblicamente, soltanto dopo che ho saputo la verità sul mio passato si è dato una ridimensionata... Angrobodha, una una gigantessa dedita al meretricio, venne condannata a morte dal vecchio, al rogo. Ricordo perfettamente quel perverso spettacolo di urla da parte della donna, difronte all'indifferenza del popolo. Io, giovane e nel pieno vigore della bellezza, ero accanto ad Odino, vedendo perfettamente tutto quasi come se fossi in prima fila.» Loki scrollò la testa «Mi sentì appagato, quasi... Eccitato. Era una strana sensazione, qualcosa di incontrollabile. Aspettai che il corpo di quella vittima si riducesse a cenere, aspettai anche che tutti se ne andarono, mentre si faceva sera, ed io restai solo fra la cenere e il sangue. Vidi un pezzo pulsante di carne, caldo e abbrustolito. Qualcosa mi inghiottì, mi spinse ad afferrare quel cuore fumante fra le mani e a morderlo. Era buono.  Sporcandomi di sangue le labbra ed il mento, masticai come un lurido arrapato quella fonte di male....»
Frida lo guardava sconvolto, non avrebbe mai immaginato quanto potesse davvero essere strano e perverso Loki, pur avendo letto diverse versioni di quella vicenda.
«Nove mesi dopo mi ritrovai a dover partorire due creature per nulla divine. Si, da adesso in poi mi guarderai come un fottuto mostro mutante, non fare domande; posso mutare il mio corpo, questo comprende anche l'apparato sessuale...Voi donne siete al quanto strane.»
Frida lo fissò a bocca aperta scrollando la testa : «Cosa diavolo ti è passato in mente?» chiese sconvolta.
«Non lo so, ma di sicuro non lo rifarei...» Poggiò i gomiti sulle ginocchia : «Vuoi sapere qual è la parte peggiore di questa storia? Ecco, il buon vecchio Odino, infinitamente misericordioso e saggio, colto dall'enorme vergogna di questa mia disavventura bandì le mie creature lontano da Asgard, cancellandomi la memoria così che io non ne potessi soffrire. Patetico il vecchio, avrebbe dovuto immaginare la presenza dei numerosi libri che i maestri avrebbero scritto su ciò, e che inevitabilmente l'amante della lettura, quanto suo figlio, avrebbe letto scoprendo così ogni cosa.»

«Cosa partoristi?» chiese Frida, seria.
«Un serpente dai colori dell'universo, Jormungand, spedito nei fondali dell'oceano, proprio vicino al fiume Sogno, e il gigantesco lupo Fenrir, incatenato ad Hel.» rispose lui.
Frida si inumidì il labbro roseo, riordinando i ricci con un gesto veloce delle mani. Aveva intuito che a Loki mancava un tassello importante della storia, ovvero quello della terza nascitura, Hela. Frida adesso capiva chi fosse quella donna oscura intravista nel regno degli inferi.
Preferì però non dir nulla a Loki per non peggiorare la situazione, specialmente quando Loki aggiunse che Odino non era al corrente di questa sua informazione, e che parte del suo rancore era anche guidato da quello sfregio.

Frida incrociò lo sguardo di Loki, vedendo qualcosa che non era abituata a scorgere nel dio del caos. Era triste, profondamente amareggiato. In fondo Loki amava quelle creature, i suoi figli. C'è un legame di sangue indissolubile tra essi e i rispettivi genitori.
La ragazza si drizzò in piedi, camminando a passo sicuro con in grande cavallo che la seguì.
«Dove vai?» domandò confuso Loki.
«Vado a parlare con quel vecchio scorbutico di Odino. Sciogliamo le catene al lupo e ripeschiamo il serpente.»
Il dio delle malefatte scattò in piedi visibilmente nervoso e contraddittorio; «Non puoi.» ammonì.
«Come scusa?» Frida non capì. Scosse il capo, sicura che da quel racconto infelice Loki avrebbe voluto più di ogni altra cosa riavere liberi quei figli.
«Non puoi spezzare la loro prigionia, scateneresti il Ragnarok, infrangeresti la profezia.»
Frida gli si avvicinò provocatoria, faccia a faccia con Loki, si alzò sulle punte e gli respirò sulla bocca. Entrambi percepirono una potente scarica attrattiva sotto pelle.
«E con ciò?»
«Il Ragnarok verrà scatenato da me, e non è ancora il momento di far finire Asgard, non con te qui.»

Frida - La runa di Loki ✔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora