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Theo

E così scoprii che lei aveva un ex, che l'aveva fatta stare male, che l'aveva picchiata.
Non fui geloso del fatto che lui le scrivesse, ero certo al centouno per cento che lo odiava e che amava me.
Ma dentro di me rimasi come deluso dal fatto che non me l'avesse mai detto e che non aveva affatto intenzione di dirmelo.
Fu come se mi avesse implicitamente detto "non mi fido a raccontarti il mio passato e ho paura che capiti di nuovo".
Sapevo che non lo pensava, ma ormai la mia testa era turbata da questi pensieri, e dall'immagine di lei piena di lividi dopo essere stata picchiata da quel bastardo.
Parve divertirsi mentre tentava di spingere Robert in acqua, ma era così trasparente, il suo sorriso così poco spontaneo, che feci ancora più fatica a non pensare a quello che mi aveva appena detto.

<Quando lo hai denunciato, la polizia ha preso qualche provvedimento?>
Le chiesi in un momento morto, mentre dondolavamo su due altalene nel parchetto quasi deserto vicino a casa.
<Gli hanno dato la pena di svolgere lavori socialmente utili per due mesi>
<E poi nient'altro?>
<Si, come se aiutando a lavare via dai muri gli scarabocchi dei writers servisse a dargli una lezione>
<Io gli avrei dato un'ordinanza restrittiva di almeno cinque metri...>
<Magari. Se lo avessero fatto, ora non avrei paura di passare davanti a casa sua e ai locali che frequenta>
<L'hai mai rincontrato dopo la denuncia?>
<Tre volte, di cui due si è limitato a sorpassarmi incazzatissimo, e l'altra a urlarmi varie offese>
<Non sono sicuro di volere che tu ritorni a casa tua, se significa avere la probabilità che tu lo riveda>
<Credimi, resterei volentieri qui. Appena finirò gli studi mi trasferirò di sicuro lontano da quel triste paesino>
<Dove andrai?>
<Non lo so, non voglio pensarci adesso>
<Hai ragione, hai ancora tempo>
<E tu che vuoi fare dopo la scuola?>
<Se me lo avessi chiesto quattro mesi fa ti avrei risposto di voler tornare a Oxford. Ma adesso non lo so>

Tornammo a casa verso il tramonto, ricordo la sua espressione ammirata mentre stava a naso in su per contemplare le sfumature di arancione e di rosa di cui si era dipinto il cielo. Ricordo di averle detto più volte di guardare dove metteva i piedi e anche di essermi arreso a un certo punto, cominciando ad avvisarla a ogni gradino o altro ostacolo.
Non era così che immaginavo l'amore, l'avevo sempre visto come qualcosa di più carnale. Mi sbagliavo.


<Dove hai messo il telefono?>
<È sotto il cuscino>
<Perchè?>
<Per non vederlo>
Risi pensando a quanto fosse stupido come ragionamento e alzai il cuscino.
<Posso sempre cambiare numero e buttare la sim in un tombino>
<Non esagerare, adesso lo accendo>
Centoventisette e trentadue.
Centoventisette messaggi e trentadue chiamate perse.
Mi venne la pelle d'oca a pensare a quanto ossessionato e testardo doveva essere questo Luke.
I messaggi erano più o meno tutti uguali, "scusa" "ti prego rispondi" "ti voglio" cuoricini rossi ed emoji che mandavano bacini.
<Mi viene il voltastomaco> ammisi.
<Cosa devo fare?>
<Se ti chiama ancora dai a me il telefono>
Passarono venti minuti prima che richiamasse, venti minuti nei quali non sapevo se sperare che non richiamasse o morire dalla voglia di insultarlo e dirgli di lasciare in pace la mia ragazza.
Venti minuti nei quali Shai fissava il display del telefono in stand-by mentre parlavamo di serie tv.
Spalancò gli occhi quando vide il suo nome comparire sullo schermo, aveva un espressione a metà tra "oh cazzo" e "voglio ucciderlo".
Le sfilai il telefono dalle mani, poi le dissi: <Non voglio che tu senta quello che sto per dirgli, non voglio che tu abbia un ricordo di me che urlo contro il tuo ex. Ti prego, esci dalla stanza, Shai>
Senza dire una parola imboccò la porta e appena fui certo che fosse uscita accettai la chiamata.
<Pronto> dissi lasciando che tutta la rabbia e il disprezzo che avevo mi scorressero nelle vene.

Parlami Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora