What if... - Finale alternativo

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What if...

Dopo Sergio ho sempre pensato che non avrei mai più amato. Che nessuno mi avrebbe mai più amato, guardato in quel modo e desiderato. Dopo Sergio la mia vita era come se si fosse spenta, il sole era calato. D'altro canto avevo solo ventuno anni e avevo ancora l'idea che l'amore fosse una favola rosa che finiva con il "per sempre felici e contenti". Invece la mia favola era finita con una burrascosa litigata, un uomo diventato un ghiacciolo e una distanza incolmabile. Dopo Sergio, mi ero buttata nel lavoro, avevo avuto le mie soddisfazioni ed ero fiera di me. Forse, lo ero ancora di più perché Sergio non ci aveva mai creduto. Poi, nella mia vita era arrivato Alvaro, ed il sole era lievemente tornato, una dolce brezza sulla pelle, il ristoro di un abbraccio, la calda passione di un amore. Un uomo che sapeva aspettarmi, rispettarmi e proteggermi. Ed io mi sentivo devota a lui. Devota come se fosse l'unico al mondo ad avermi riportato alla luce dopo Sergio. Ed era sempre stato questo il problema. Lui poteva essere la mia volta buona. Quel caldo sole che risplende per sempre. Quell'amore puro e tiepido che riscalda il cuore a tutti. Eppure, anche se mi ero accontentata per un po', ogni volta che Sergio faceva un passo verso di me, io ero calamitata da lui. Come sempre. All'inizio pensavo che la teoria secondo la quale "il primo amore non si scorda mai" avesse fatto breccia nel mio cuore. Poi avevo capito che non era la teoria. Ma era lui, il suo sorriso, la sua parlata del sud, i suoi mille tatuaggi, la sua pelle. Avevo combattuto per Alvaro, avevo combattuto per quell'uomo che mi aveva amato, aspettato e rispettato così tanto. Poi, dopo l'ennesima discussione con Sergio e per Sergio, Alvaro mi aveva lasciato lì, sola a scegliere. Anche lui era andato via. Ne avevo fatte tante. Troppe forse. Non ero certamente stata la ragazza perfetta, quella che lui meritava.
Quella scelta, quella notte la presi 30 miliardi di volte. Alvaro o Sergio. Sergio o Alvaro. Razionalmente il Madrileño avrebbe vinto. Ma poi c'erano da fare i conti con il cuore. Quel cuore infame che ancora, dopo anni di torture, silenzi, meschini imbrogli e dolori mi portava ancora da lui. Magari con il tempo avrei amato Alvaro come avevo amato lui. Magari no. Magari l'avrei amato di più. Eppure quella sera lo scelsi ancora. Lo scelsi con la pancia e con il cuore, lo scelsi perché uno tra i due, almeno una volta, doveva rischiare di essere felice. Aprì la porta della mia camera, bussai alla sua e quando lui apparve sulla soglia lo baciai. Lui rispose subito a quel bacio con una potenza che non ricordavo possedesse. Era lui, era il suo odore, erano le sue mani, il suo respiro, il suo sapore. Lui era casa. Sergio Ramos a distanza di anni era ancora casa mia, era ancora quel porto disastroso dove il mio corpo voleva rifugiarsi. "Ti amo" mi disse, ed io piansi. Piansi perché lo amavo anche io, perché l'avevo sempre amato e perché i suoi giochetti mi avevano stancato, sfinito, ma mi avevano resa ancora più sua. Piansi perché avevo cercato di resistergli, perché lui mi aveva respinto. Piansi perché nella mia vita, al suo posto, da un paio di anni, c'era un uomo meraviglioso, che sarebbe diventato il padre di mio figlio e che io, in quell'istante preciso, avevo tradito e lasciato. Piansi perché per amore di quell'uomo che mi stringeva tra le sue braccia avevo tradito le promesse fatte a me stessa e, anche se mi sentivo una merda, io continuavo ad amarlo. "Sergio non farlo, non questa volta" dissi in un respiro, "Sarò l'uomo che vuoi tu. Nel modo e nel momento in cui vorrai tu. Ma ti prego. Sceglimi". Io lo baciai di nuovo. Misi la mia fronte nell'incavo nel suo collo e lui affondò il suo naso nei miei capelli mentre le sue mani andavano su e giù lungo la mia schiena. "È tutto un casino" ammisi. "Noi lo siamo sempre stati" rispose lui sorridendo. Non lo vedevo, percepivo il suo sorriso sui miei capelli e ogni volta che mi allontanavo lui mi riportava verso di lui. "Non andare via, non ancora, resta qui" chiedeva quasi supplicandomi. Eravamo in un corridoio, un corridoio isolato con noi due e i nostri respiri. "Rimani qui?" chiese lui. "No vado a dormire. Hai detto nei miei modi e nei miei tempi. Fidati di me" "Questa volta lo farò" ammise sorridendomi con quel sorriso sghembo e assonato che faceva quando era stanco. "Ora vai a dormire" ordinai. Lui mi mise una ciocca dei capelli dietro l'orecchio e mi disse "Buona notte piccola" "Notte" sorrisi ed andai via. Avevo scelto lui e mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo. Indietro a quando il sole splendeva.

La volta buona - EC19 || S. Ramos e A. MorataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora