Parte 1 - Fabrizio

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Sanremo 2017.

Dopo tanti anni risalgo su quel palco con la mia solita ansia che non vuole andar via, quella che mi accompagna da tutta una vita, a volte anche condizionandola. Porto un brano che dedico a mia figlia Anita, la mia piccola donna che amo di più al mondo e che negli anni bui mi ha teso la sua mano e portato via dal nemico più grande, me stesso e la mia ipocondria. La canzone piace, ricevo apprezzamenti e i pronostici sono a mio favore (meglio toccarsi le palle per superstizione). Da un anno mi sono separato e vivo solo, in periferia di Roma, e i miei figli sono il mio unico stimolo per creare, quello che oggi mi porta ad essere qui. Tutti vedono il teatro da un televisore, nessuno comprende realmente l'ansia del dietro le quinte, l'ansia di chi è sottoposto a giudizio da milioni di persone...ma è lo stesso mezzo per arrivare alla loro anima. Aspettando il mio turno, decido di avvicinarmi a un mio collega di cui avevo sentito parlare ma non avevo ancora avuto modo di ascoltare il brano con attenzione. Ermal...mi pare si chiami così, vado e spero di non fare una brutta figura.

"Ciao Ermal." Stringo la sua mano.

"Ciao Fabrizio. Mi fa piacere conoscerti...sono un tuo fan di lunga data e tra interviste e conferenze non avevo avuto ancora modo di avvicinarmi". Ricambia la stretta di mano

"Ma come di lunga data? Così mi fai sentire vecchio...te quanti anni hai scusa?"

"35! Ma è un dato di fatto...se per te questo lungo tempo è misurabile in anni e vecchiaia non è colpa mia" e sorride.

Mi spiazza. "Raccontami un po' della tua canzone".

Mi accenna brevemente, giusto quei 2 minuti che vorrei fossero stati molti di più. È un ragazzo spigliato, coraggioso, con una lunga gavetta. Aveva partecipato l'anno precedente tra i giovani e solo adesso ricordo di aver sentito la canzone in radio, "Odio le favole". Non so cosa mi succeda, è una sensazione difficile da spiegarmi ma so che questo ragazzo mi piace. Rivedo nei suoi occhi il Fabrizio Mobrici di qualche anno fa, con la stessa voglia di fare, di vivere completamente di musica ed è come guardarmi allo specchio e vedere il riflesso di me, un po' più giovane. Questo mi fa paura. Mi porto una strana sensazione addosso, scrollo le spalle e vado, per ora non posso pensarci. Tocca a me cantare.

Termina il festival, "Portami via" si piazza al settimo posto...sarei ipocrita a non dire che speravo in un risultato migliore. Ermal al terzo, ma sono proprio felice per lui, di quella felicità sincera e un po' immotivata che si prova solo per chi conosci da anni come te stesso, anche se non è così. Gli stringo la mano complimentandomi e mi sorride. Di nuovo quel sorriso che mi turba. Da stasera inizia un nuovo viaggio.

Sono anni che ti aspetto ~ MetamoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora