Parte 33 - Fabrizio

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"Oh ma è tutto il giorno che ti chiamo"

E:"Lo sai che sono impegnato"

"Sì, ad essere permaloso. Lo sai che non potevo"

E:"Ma mi hai fatto cantare da solo"

"E ai tour che faremo? Anche io ero in palla a Radio Italia! Tu mi hai risposto 'ma fai come ti pare' ricordi?"

E:"Ma tu non sei qui per ostinazione."

"Non sono lì perché ho avuto dei problemi con l'organizzazione e sono stato con Anita. Poi ci vediamo tra due giorni Erm, capisco che ti manco e non ci vediamo da TANTO TEMPO ovvero l'altroieri, però..."

E:"Tu dovresti volermi vedere tutti i giorni, bello mio. Vedi di farti perdonare. Buonanotte va"

Glie darei na pizza in testa.

3 maggio.

Zainetto in spalla, valigia in mano. Arriverò nel primo pomeriggio, Ermal stasera perchè parte da Milano e poi...sia mai ci vedano insieme. Sempre orari diversi, taxi diversi, uscite diverse, voli diversi per la stessa destinazione. A volte sento il peso di essere privato della mia libertà, e non è più solo per i miei figli. Può la musica diventare carriera, e la carriera la causa del silenzio della mia felicità? Della privazione della mia libertà? "Non conviene farlo sapere". Come se la gente in questi mesi non ci avesse amato insieme, come se dovesse contare con chi sto o non sto o un orientamento sessuale, e non la musica. Se mai qualcuno dovesse smettere di seguirmi per tale motivo, chi cazzo se ne frega. Chi vuole resta. Aereo, cuffie e volo. Forse riascoltare le mie parole mi farà bene:

" Voglio sentirmi libero da questa onda

Libero dalla convinzione che la terra è tonda

Libero, libero davvero, non per fare il duro

Libero, libero dalla paura del futuro

Libero perché ognuno è libero di andare

Libero da una storia che è finita male

E da uomo libero, ricominciare

Perché la libertà è sacra come il pane

È sacra come il pane ..."

Ma che sapore avrà questa libertà? Forse l'ho dimenticato. Atterro all'aeroporto di Lisbona, mentre la valigia tarda ad arrivare mi faccio scattare una foto che posto su Instagram.

Arriva un messaggio di Ermal:

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Arriva un messaggio di Ermal:

E:"Anche meno Fabrì"

"Tu muvt. Se dice così no?"

E:"Sì, Fabbbbrizio, mi raccomando, non parlare troppo in portoghese."

"Che stronzo"

Mi siedo al bar mentre aspetto l'arrivo del bagaglio, e penso che alla fine il prezzo della mia mancanza di libertà sia questo: avere comunque l'ansia di rivederlo in ogni aeroporto, di conviverci per 10 giorni ed essere me stesso in una stanza d'albergo, poi magari chissà. Ma ce la farò davvero a sopportarlo per tutti questi giorni? Roberto mi guarda

R:"perchè sorridi da solo?"

Mi sa proprio che ce la farò.

Prendo la valigia, usciamo e già non ho capito un cazzo di quello che la gente dice. Molto bene. Aspetto con estremo piacere di conoscere il mio traduttore personale. Mi dirigo verso l'albergo e una volta lì prendo le chiavi di quella che sarebbe stata la NOSTRA camera, finalmente. 1410. Mi siedo un po' sul letto, ho portato la mia chitarra senza il quale non sarei potuto star senza per tutto questo tempo, mentre immagino Ermal seduto ad ascoltare accanto a me, e le parole escono da sè.

"Ma a guardarti da vicino mi sorridi

e in un attimo dimenticare

i nostri cuori solitari

accorciando distanze in un abbraccio

e chilometri in un tratto

In questa vita senza orari

E sentire il tuo profumo

mentre dormi accanto

pochi giorni in un monolocale

e una valigia da disfare."

___________________________


Sera. Aspetto Erm nel corridoio dell'albergo, mi ha detto che gli avrebbero fatto una breve intervista che sarebbe continuata qui stesso, ed io mi preparo a parlare...in italiano. Arriva, la telecamera dietro di lui. Forse prima non ci credevo, al fatto che in certe situazioni potessi non far caso a tutto ciò che di esterno accade, eppure in quel momento era esattamente così, non guardavo la telecamera, non vedevo Paolo accanto, nè tutti gli altri. Ci abbracciamo come se avessimo fame di vederci. Una fame continua. Iniziamo l'intervista, non rendendoci forse abbastanza conto di com'erano i nostri occhi quando ci guardavamo, di come rideva per tutte le volte che cercavo di pronunciare qualcosa in inglese. Certe cose non ci riesci a nasconderle. Finalmente finiamo.

E:"Vado a prendere le chiavi della stanza"

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E:"Vado a prendere le chiavi della stanza"

"Non puoi"

E:"E perchè?"

"È la stessa."

Sorride. Ci ritiriamo in camera, senza farcela più. La fame si sentiva forte. La sentiva la nostra pelle, una bianca e l'altra colorata, cicatrici vere e tatuate, cuori che battono all'unisono. Fare l'amore è viversi, e viversi è ritagliare la libertà che ci manca.

Sono anni che ti aspetto ~ MetamoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora