Parte 25

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27 Marzo - Ermal

È sera, sono rimasto in albergo con Marco a Catania prima di ripartire per Cosenza domani. Ieri abbiamo visitato il teatro antico di Taormina dove canterò ad agosto, dove mi vorrei trovare con Fabrizio ma lui ha già un'altra data in programma. Ho scattato una foto dall'alto, con lo sfondo del mare tra quelle rovina maestose e gliel'ho inviata immediatamente dopo.

"Sai cosa vorrei"

F:"Sai che è lo stesso. Non manca tanto, e sarà solo un altro mare."

"E n'altra lingua. Sai che non puoi parlargli in romano vero?"

F:"Oh ma te sempre stronzo sei."
Sorrido. Non lo sono, lo faccio.

Cerco di mangiare in fretta per ritirarmi in camera, c'è Bizio su Rtl e almeno da uno schermo non voglio perdermelo. Marco accende sulla partita, e mi viene un lampo di genio, quello che mi riesce meglio: perculare. Faccio un selfie con Marco scrivendo che guardiamo la partita, sapendo già che tutte mi avrebbero scritto di cambiare canale, mentre mandavano in tendenza l'hashtag della diretta. Rido ancora di più quando vedo che il canale 36 è sintonizzato su Boing, e mi tocca fare la risintonizzazione automatica, mentre posto:

"Il mio canale 36 è diverso dal vostro! Perché? 🤔🤔"

Nel frattempo Marco si addormenta e la tv si sintonizza. Eccolo. Fa un certo effetto, quella sensazione di voler sfondare un limite che mi impedisce di guardare quegli occhi per come sono davvero. Quante cose non si percepiscono, quelle poche lentiggini che donano particolarità al suo volto, quei fili di barba bianca, gli occhi nocciola in cui potermi specchiare, e vedere lui come una parte di me...il suo profumo, quello naturale e quello che indossava sempre e mi ha spruzzato sulla maglia dei Rolling Stones che mi ha regalato prima di andare via, il Jean Paul Gualtier. È solo un fottuto schermo. Però mi basta vedere il sorriso quando fa il mio nome, mi basta chiudere gli occhi, ascoltarlo, e far finta di essere sul nostro terrazzo a suonare. Che tanto, è solo con il cuore che si vede veramente.

29 marzo.
Fabrizio.

Cazzo che ansia. Stasera ho il live a Radio Italia, e so già di dover cantare "non mi avete fatto niente", per la prima volta, da solo, davanti tutta quella gente che sarà di fronte o mi guarderà dal televisore. Mando un vocale ad Ermal, che ormai mi insegna anche le cose apparentemente più stupide.

"Buongiorno cespugliè. Starai dormendo ma ho bisogno di essere rassicurato. Come la canto la nostra canzone oggi?"

"Con la voce. Ma vai tranquillo Bizio, fa un po' come te pare" rido come un dodicenne davanti davanti al telefono.

"Sempre il solito testa di cazzo. Vabbè, poi non ti lamentare o..."

"O?"

"Vedrai fra qualche giorno". Gli mando anche una foto per rendere meglio l'idea.

È sera, mi dirigo a Cologno dove mi aspetta l'auto e la prima intervista prima di arrivare in radio. Saluto Manola mentre una telecamera davanti a noi riprende il tutto. Mi chiede come sto e si inizia ovviamente col parlare di Sanremo. Dopodiché mi chiede se con Ermal ci sentiamo ancora e se i rapporti sono rimasti.

"Sì certo, ci sentiamo ancora, subito no, eravamo entrambi presi dagli impegni, instore (dalla permalosità di Ermal), ma poi..."

Immagini come flashback vengono ripercorse dalla mia mente, abbracci, la sorpresa in hotel, la prima volta che abbiamo fatto l'amore, poi la seconda, il risveglio accanto, l'odore puro della sua pelle, il suo respiro mentre dormiva e lo osservavo di nascosto, la sua pelle bianca.

"Fabrizio?"

Mi rendo conto solo ora di essermi bloccato perso nei pensieri. Sento il mio viso accaldarsi, tocco la mia faccia bollente mentre sudo, non sapendo più gestire la realtà di adesso, confusa dai ricordi. Rido imbarazzato mentre Manola mi guarda basita e il telecameramen continua a riprendere guardando più me, con sguardo basito, che la videocamera.

"Magari questa la tagliamo oh" dico.

Arrivo in studio e finalmente posso cantare. Non vedevo l'ora, mi mancava il palco, mi mancava vedere la gente vera, e non il pubblico sanremese sempre un po' troppo composto, cantare le mie canzoni e ripercorrerle insieme a loro. E arriva il turno di "non mi avete fatto niente". Avevo carta bianca, ma ho deciso che la mia voce non poteva sostituire la sua. Le parti di Ermal le faccio cantare al pubblico, che è in grado di darmi la stessa energia. Quasi.
Nel frattempo riprende l'intervista e racconto tutta l'ansia provata nel cantare questa canzone da solo, dei messaggi di stamattina (omettendo gli ultimi) e della mia decisione.

"Ho sentito voi cantare come se Ermal fosse qui, la forza del messaggio urlato, e ho percepito tutto l'amore per l'artista che non c'è."

E persona. Quanto avrei voluto che fosse con me.

"D'ora in poi la canterò sempre così. La canteremo".

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Finita anche questa. Domani preparo la valigia. Nel frattempo mi metto a letto ripercorrendo i ricordi lì dove li avevo lasciati, in quell'auto. Chissà cos'è la vita, chissà cos'è l'amore. È strano a 42 anni mettere in dubbio tutto, sentire addosso quella strana sensazione di non averlo mai provato prima veramente. Lo conosci dopo, nell'esatto momento in cui ti rendi conto che ciò che è passato non è uguagliabile al presente, nel momento in cui rischi la tempesta imparando ad amare la pioggia e il freddo entrare nelle ossa, poi magari prendere la febbre mentre con il panno freddo in fronte ricordi comunque col sorriso quei minuti di libertà e felicità. Io che non ho mai detto ti amo, e non lo faccio neanche adesso. Anche se sento di più. Forse non è necessario dirlo, forse rovinerebbe le cose. Ogni cosa ha un suo momento, e intanto sorrido nell'altra breve attesa che mi resta. Lisbona.

Sono anni che ti aspetto ~ MetamoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora