Parte 9 - Fabrizio

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Suona la sveglia ma non riesco ad andar giù dal letto. Poi apro gli occhi e realizzo che mi aspetta il treno per Milano, oggi io ed Ermal registriamo. Mi alzo all'improvviso e corro a fare colazione, in bagno e tanto che ci vuole, metto la prima cosa che capit...e invece no. Per la prima volta sto per ben 5 minuti davanti l'armadio per cercare di mettere qualcosa di più carino ma alla fine opto per essere semplicemente me, con la mia camicia a quadri, il giubbotto verde militare e lo sciarpone adatto alle temperature della sua città. Sì insomma...quella di Ermal. Prendo il treno, e mentre guardo scorrere dal finestrino l'inesorabile passare del tempo, tra stazioni e paesaggi, penso. Penso che gioco con la mia collana e bevo dalla bottiglietta d'acqua per contrastare la mia bocca secca e l'ansia. Perché tutte le volte che devo incontrare quel ragazzo ho una sensazione addosso che non riesco a togliere? Una sensazione che coincide con l'agitazione, ma magari chissà, porterà a qualcosa di positivo ma spero non in un attacco di panico. Nel frattempo chiudo gli occhi sotto i miei occhiali scuri e nella testa suona una canzone, stavolta mia: Ti amo anche se sei di Milano. Sarà l'aria della città che inizia a farsi sentire. Arrivo nello studio e trovo Ermal con il suo sorriso smagliante che mi accoglie dandomi una mano e portandomi nella sala registrazione. Lì trovo anche Roberto, produttore di entrambi e penso a quanto possa essere strana la vita. Registriamo e la canzone è perfetta alla prima prova, anche se per sicurezza riproviamo una seconda volta. Roberto ci saluta e rimaniamo soli in studio, a riascoltarla, sorridendo imbarazzati un po' da tutto.

"È perfetta. Però ti ricordi noi due nella cameretta di Anita? Le note stonate, le parole che uscivano da sole... quella magia era perfezione nell'imperfezione". Dissi.

E: "Forse non si può ricreare nè ora nè mai, perché nessuna volta è come la prima. Oggi è perfetta così come dev'essere, per noi e per chi la ascolterà. Ma quel pomeriggio sarà solo nostro, in una magia imperfetta che non dimenticheremo".

Guardai Ermal pronunciare quelle frasi con gli occhi che sorridevano più della mia bocca.

"Mai" replicai.

"Mai" rispose Ermal.

Eravamo l'uno accanto all'altro, lo abbraccio spontaneamente senza pensare a niente, lui ricambia abbandonato e rimaniamo così minuti interi, sento il mio viso accaldato, rosso almeno quanto il suo, complice il vino e quel contatto inaspettato. Sento un brivido chimico non spiegabile a parole, come una calamita con una forza di attrazione che non mi permette di staccarmi anche se è in realtà la cosa più razionale da fare, una sensazione allo stomaco e tanta confusione in testa. Ma la calamita non fa staccare neanche lui. Gli scompiglio i capelli in un gesto inaspettato anche per me, sussurrando:
"Cespuglietto"...ma che cazzo ho appena detto, non posso mordermi la lingua?

"Adesso anche cespuglietto? Non ero Ermalì? Va bene Bizio" sorride

"Bizio...adesso anche tu coi nomignoli?" Rido coprendomi il volto, chissà perché mi imbarazza sempre.

E: "Bè potrei anche chiamarti pescatore, dato quel giubbotto verde...ti mancano solo i pantaloni coi risvoltini. Ma lo sai che a Milano non c'è mare vero?"

"Che stronzo" Ridiamo entrambi.
"Ordiniamo qui qualcosa da mangiare?"

E: "Purtroppo devo tornare a casa, c'è la mia compagna che mi aspetta"

Una sensazione di gelosia mi pervade e stringo il pugno per la rabbia con me stesso. Però...
"Non dovresti dire purtroppo"

E: "È vero. Non dovrei dire purtroppo". Risponde mente infila la giacca e scendiamo le scale.

"Allora ci vediamo". Lo saluto

"Buona serata Bizio".

Non era una buona serata. Questa sensazione allo stomaco non passa, è come un pugno che puoi soltanto ricevere e ti uccide lentamente senza capire perché. È un pugno che mi sono dato da solo. Tutta colpa mia.

Sono anni che ti aspetto ~ MetamoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora