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La mattina dopo mi svegliai e misi la caffettiera sul fornello, poi controllai il telefono e trovai 3 chiamate perse di mia madre, così mi affrettai a richiamarla. Il telefono squillò a lungo, poi rispose <<hola, Julieta mi amor  ¿como estas?>> mi chiese, quasi gridando <<ciao mamma, qui a Londra tutto bene, voi come state? >> le chiesi affacciandomi alla finestra <<İtan bueno mi amor! Manchi tanto anche a tuo papito que ahora sta lavorando ma ti manda un grosso beso. Dimmi, come va il lavoro?>> mia madre sembrava davvero felice di sentirmi <<tutto bene mamy, procede tutto a gonfie vele>> la rassicurai <<bueno,bueno y el niño? Como se llama? Alex? Come sta? E la tua amica Jennifer?>> avevo parlato spesso di entrambi a mamma, e chiedeva regolarmente di loro <<mi vedo sempre con tutti e due, specialmente con Jenny>> sentii la voce di mia sorella <<mamma, Margarita è con te?>> le chiesi <<si,si está aquí. Margarita vienes, es tu hermana>>  la sentii passare il telefono <<hola hermana>> mi salutò mia sorella <<hermanita, ciao! Come stai?>> le chiesi << qui a casa tutto bene, la mamma stava dando di matto perchè non rispondevi, di sicuro ti immaginava in qualche luogo sperduto circondata da ragazzi>> mi disse ridendo <<no, macchè anzi magari >> risi anche io <<piuttosto tu, raccontami, c’è qualche niño?>> mia sorella non rispose <<eeh... ora non ti posso raccontare>> disse infine <<aaah, allora devo informare la mamma che sei TU quella da tenere sotto controllo sull’argomento ragazzi>> la caffettiera mi “chiamava” <<ora ti devo lasciare che mi si brucia il caffè. Ciao hermanita>> la salutai << ciao hermana>> disse lei riattaccando. Mi versai il caffè e mi lasciai travolgere dai ricordi… quanto mi mancavano… tutti. Le grandi mani di mio padre che mi accarezzavano dandomi protezione, le sue raccomandazioni e persino le paranoie;  i pranzi di mamma, la sua esuberanza e lo sguardo innamorato col quale guardava sempre mio padre, e Margarita. La mia piccolina, chissà quante cose avrebbe voluto raccontarmi, le nuove esperienze, i ragazzi, le delusioni, le amicizie, la scuola… mi ricordava tanto me a 17 anni e le davo sempre ascolto perché volevo, nel mio piccolo, aiutarla a capire meglio come gira il mondo, tenerla lontana dai miei sbagli e farle vivere al meglio il periodo dell’adolescenza, che è sempre complicato. Assorta nei ricordi guardai l’orologio: le undici e mezza. Mi restavano 2 ore e mezza prima di dover andare a lavoro, così mi ricordai di essere ancora a stomaco vuoto e che sotto casa mia c’era uno starbucks al quale non andavo da un po’ di tempo.

Entrai da starbucks e mi sedetti ad un tavolino vicino alla finestra, visto che a quest’ora la gente era a lavoro il locale era stranamente semivuoto, ed aspettai che mi si avvicinasse un altissimo cameriere biondo con i capelli phonati <<cosa prende?>> mi chiese guardando il suo taccuino << un frappuccino e un muffin ai mirtilli, grazie>> ordinai senza pensare troppo alla caffeina (o alle calorie) e mentre aspettavo mi guardai attorno da brava osservatrice: c’erano i soliti uomini in giacca e cravatta che scrivevano freneticamente al computer, o quelli che parlavano al telefono sorseggiando bicchieri di caffè esageratamente grandi, un paio di coppiette che amoreggiavano tra un boccone e l’altro, ragazzini con l’mp3 che picchiettavano sul tavolo a ritmo di musica e chi che semplicemente si gustava la sua ordinazione. Mi squillò il telefono <<ciao barbie>> salutai Jenny dopo aver letto il suo numero sul display <<ciao gioia, indovina?>> partì in primis <<cosa?>> chiesi curiosa <<ho rimediato il numero di telefono di un figo da paura!>> mi disse eccitata <<vuoi dire di un ALTRO figo da paura!>> ecco che l’ape regina non si smentisce mai << ma come sei fiscale! Il punto è che è figo e io ho il suo numero. Punto. >> concluse lei <<parlando di cose serie, sei in hotel?>> cercai di cambiare argomento <<no, mi sono presa la giornata oggi, mi sono concessa un po’ di tempo per andare in spiaggia a rimorchiare>> niente da fare. <<va beh, a differenza tua IO attacco tra un’ora e mezza, quindi ti saluto. Ciao barbie>> la salutai guardando arrivare le mie ordinazioni <<ciao tesoro>> riattaccai sedotta dal profumo del muffin ai mirtilli, che iniziai a masticare lentamente intervallando con sorsi di frappuccino.

Dopo dieci minuti iniziarono ad entrare nel locale facce stanche e sudate di uomini d’ufficio immancabili di valigetta nera, così vedendo la malaparata pagai e andai a casa per prepararmi. Dopo aver fatto una doccia asciugai i capelli lasciandoli sciolti, misi il mio tailleur blu, con louboutin e foulard abbinato (immancabile) e sul viso il mio nuovo, mitico mascara, eyeliner, phard, matita nera e sulle labbra, siccome mi sentivo trasgressiva,  matita e rossetto pesca. Wow, ma chi era quel pezzo di femmina? Scesi e mi avviai verso la metro, per poi arrivare in hotel.

E fu amore.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora